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Perugino, Sposalizio della Vergine (dettaglio), (1501-1504), Musée des Beaux-Arts, Caen
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Pietro Perugino | Lo Sposalizio della Vergine

   
   

Lo Sposalizio della Vergine è un dipinto a olio su tavola (234x186 cm) del Perugino, databile al 1501-1504 e conservato nel Musée des Beaux-Arts di Caen, in Francia.[2]

L'opera venne originarimanete dipinta per la Cappella del Santo Anello nel Duomo di Perugia, dove era conservata la reliquia dell'anello nuziale della Vergine. La cappella, completata nel 1489, venne ridecorata dopo che la reliquia venne recuperata nel 1488, dopo essere stata rubata da una chiesa di Chiusi.
La grande pala d'altare, dopo essere stata inizialmente commissionata al Pinturicchio, venne poi affidata al Perugino, che vi lavorò dal 1501 al 1504. Con le soppressioni napoleoniche, nel 1797, il dipinto fu confiscato da Napoleone e dato allo zio cardinale Joseph Fesch, le cui collezioni vennero poi acquistate, nel 1845, in parte da un libraio di Caen in Normandia, Bernard Mancel, il quale nel 1872 le cedette in dono al museo locale. Ogni tentativo del comune di Perugia di riavere l'opera andò fallito.

   
   

Descrizione e stile


La composizione del dipinto richiama la Consegna delle chiavi che Perugino aveva affrescato circa vent'anni prima nella Cappella Sistina: ricorre infatti nello sfondo il grande edificio ottagonale a pianta centrale (simbolo del Tempio di Gerusalemme), alla fine di un pavimento a riquadri prospettici, che amplifica la scena in primo piano secondo un ideale di razionalità geometrica che è diventato tra gli emblemi del Rinascimento italiano, soprattutto dopo che venne ripreso anche da Raffaello in un celeberrimo Sposalizio nella Pinacoteca di Brera (1504) [1].

L'edificio si trova alla sommità di una gradinata, ed ha quattro protiri rinascimentali con archi a tutto sesto e cupolette in corrispondenza dei quattro lati principali, dove si aprono verosimilmente quattro portali con timpano triangolare identici. Il motivo dell'arcata, cieca, si trova anche nei lati minori. Oltre la cornice marcapiano, il secondo piano presenta un'intelaiatura decorativa con lesene, marcadavanzale e cornicione, in cui si aprono finestre rettangolare con timpano ad arco. Il coronamento, con camminamento balaustrato, è una cupola con tegoli di laterizio, tagliata dal bordo superiore del dipinto che la fa apparire ancora più imponente di quello che in realtà possa essere. Si tratta di un edificio che richiama l'ideale classico del Rinascimento, come lo immaginavano gli intellettuali dell'epoca basandosi sui trattati di Leon Battista Alberti: in realtà l'architettura dell'antica Roma non ha mai prodotto edifici con tali elementi.

Come nella maggior parte delle opere peruginesche, la composizione è impostata a criteri di simmetria, movimentati dal variare ritmico delle pose. Attorno al perno centrale del sacerdote, che sta perfettamente sull'asse dell'edificio centrale e, soprattutto della sua maestosa porta aperta sullo sfondo, sono disposti san Giuseppe, a sinistra vestito di giallo, con dietro il corteo maschile, e la Vergine Maria, a destra, seguita dalle donne. Secondo le storie di Maria infatti ella, appena uscita dal periodo monacale nel Tempio di Gerusalemme, in cui aveva trascorso tutta l'adolescente, venne destinata alle nozze ma solo con colui che portando una mazza fosse stato prescelto da un segno divino. La mazza di Giuseppe fiorì, mentre quelle degli altri giovani no, infatti nell'iconografia dell'episodio si vede sempre almeno uno di loro che spezza la propria mazza con una gamba o il ginocchio. L'evidente senilità di Giuseppe era anche un elemento che sottolineava l'impossibilità di consumazione del matrimonio, sottintendendo il dogma della verginità di Maria.

I panneggi ricadono pesanti e luminosi come macchie di colore, con quell'effetto "bagnato" che Perugino aveva appreso durante la sua formazione fiorentina nella bottega del Verrocchio.

Il paesaggio sullo sfondo mostra dolci colline, punteggiate da esili alberelli, che sfumano in lontananza verso l'orizzonte, dando l'impressione di uno spazio infinitamente vasto e profondo.

 

Perugino, Sposalizio della Vergine (1501-1504), Musée des Beaux-Arts, Caen
 
   
   

[1] La prima opera che Raffaello firma è Lo sposalizio della Vergine. Il giovane urbinate, allora appena ventenne, si ispira all’opera omonima del suo maestro, il Perugino, opera che, trafugata in epoca Napoleonica, ora si trova a Caen, in Francia.
Le analogie tra i due dipinti sono numerose; entrambi vengono realizzati con olio su tavola, la quale ha forma arcuata nella parte superiore. In primo piano i due artisti collocano i personaggi, al centro vi sono gli sposi con il sacerdote, dal lato dello sposo vengono posizionati gli uomini, mentre da quello della sposa le donne. Le due tavole sono tuttavia speculari, il Perugino colloca gli uomini a sinistra, mentre Raffaello li colloca a destra. Sullo sfondo domina un tempio che si innalza su una scalinata. Tuttavia, mentre il Perugino realizza il suo tempio su una pianta ottagonale, con un pronao ogni due lati, che simboleggia la continuità fra l’antichità e la chiesa Cristiana, Raffaello predilige una soluzione diversa: dipinge un tempio con sedici lati, più vicino alla forma circolare e quindi più armonico, circondato da una peristasi di archi e colonne, che conferisce maggior ariosità all’edificio. Inoltre la scalinata su cui poggia il tempio di Raffaello è più alta e ciò contribuisce a dare maggior slancio alla costruzione. È probabile che Raffaello si fosse ispirato al Tempietto di San Pietro in Montecitorio del Bramante, di cui il pittore Urbinate aveva probabilmente visto i progetti. D'altronde i due artisti erano entrambi originari di Urbino e un particolare legame di amicizia legava il giovane Raffaello all’ormai anziano artista. In entrambi i dipinti la prospettiva è realizzata creando una pavimentazione a scacchiera, meno decisa nel dipinto del Perugino, più marcata in quello di Raffaello. Inoltre in quest’ ultimo le linee prospettiche coincidono con gli spigoli della scalinata e dunque, sebbene parallele, sembrano snodarsi a raggiera, creando una sensazione di circolarità, in tema con la scelta del tempio a sedici lati. Un’ultima differenza fra le due opere la collocazione del punto di vista, posto all’altezza degli occhi dei personaggi nel dipinto del Perugino, leggermente spostato più in alto in quello di Raffaello: soluzione quest’ultima più moderna e efficace.

Bibliografia

Vittoria Garibaldi, Perugino, in 'Pittori del Rinascimento', Scala, Firenze 2004

 

Raffaello Sanzio, Sposalizio della Vergine, 1504, olio su tavola, Pinacoteca di Brera, Milano

[2] Pietro Vannucci, meglio conosciuto come il Perugino, nasce a città di Pieve intorno al 1450. La sua prima formazione artistica avviene nelle zone di Perugia e più tardi, secondo il Vasari, studiando le opere più rappresentative di Piero della Francesca che ormai abbondano in gran parte dell’Italia centrale, in modo particolare Umbria, Toscana e Marche.
Si trasferisce per un certo periodo a Lucca, quindi a Firenze dove frequenta spesso la bottega del Verrocchio. Viene considerato della critica ufficiale uno dei maggiori artisti dell’Umanesimo ed il massimo esponente della pittura umbra del Quattrocento. Nel Perugino come del resto, nella pittura umbra in genere, c’è uno stretto rapporto religioso che porta direttamente la ragione al misticismo: spesso sullo sfondo dei suoi dipinti è raffigurato il gradevole ed elegante paesaggio della valle folignana o del Trasimeno, ricca di maestosi castelli circondati da boschi. Il Perugino viene spesso associato a due grandi esponenti della pittura italiana come Leonardo e Botticelli, perché ha con il primo una certa affinità artistica e talvolta anche intellettuale, mentre con il secondo collabora alla decorazione della cappella Sistina.

Il Perugino si muove in un contesto che è quello appartenente al tardo Umanesimo, e l’arte fiorentina ha un ruolo importante nella sua formazione artistica, a tal punto che gli storici d’arte contemporanea lo considerano, a tutti gli effetti, un maestro d’adozione fiorentina.

Tra le caratteristiche della sua pittura, che lo distinguono dagli altri suoi contemporanei, c’è la conquista della prospettiva atmosferica e la piena coscienza di ciò che è il paesaggio. Le sue prime opere firmate risalgono all’anno 1478, quando realizza gli affreschi nella chiesa di Cerqueto presso Perugia e l’Adorazione dei magi. La sua formazione artistica raggiunge la completa maturità con i lavori di decorazione nella cappella Sistina alla quale sono chiamati i più grandi maestri del tardo Umanesimo come Botticelli, Cosimo Rosselli e Domenico Ghirlandaio. È qui che nasce la sua grande opera: “La consegna delle chiavi a S. Pietro”, dove in un'ampia spazialità contraddistinta da richiami architettonici, che lo avvicinano a Piero della Francesca, si esprimono figure enfaticamente equilibrate, di stile Verrocchio. A questo, segue un altro momento della sua vita che lo vede muoversi prevalentemente per l’Umbria, e corrisponde al suo periodo più fecondo: è qui che nasce “lo sposalizio della Vergine, Il trionfo della castità e l’Ascensione. Negli ultimi anni la sua pittura acquisisce uno stile sempre più povero con la ripetizione delle sue passate composizioni di successo. Muore a Fontignano nelle vicinanze di Perugia nel 1523.

Bibliografia

Stefano Zuffi, Il Quattrocento, Electa, Milano 2004
Vittoria Garibaldi, Perugino, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004
Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999


Art in Tuscany | Pietro Perugino

Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Pietro Perugino

Arte in Toscana | Pietro Perugino

I "capolavori" nel sito ufficiale del museo di Caen | www.mba.caen.fr

 

Pietro Perugino, Self-portrait, 1497-1500, Collegio del Cambio, Perugia.

Pietro Perugino, autoritratto dall'affresco del Collegio del Cambio a Perugia, 1497–1500,
Collegio del Cambio, Perugia


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La Cappella del Santo Anello nel Duomo di Perugia


   

Lo Sposalizio della Vergine di Pietro Perugino decorava la cappella del Santo Anello nella cattedrale di Perugia.

Una prima chiesa dedicata a Lorenzo, diacono e martire del III secolo, fu eretta prima del 900 sopra l’antico foro della città etrusco-romana, all’interno delle mura. L’edificio fu ricostruito tra l’XI e il XII secolo e, ancora una volta, riedificato nel 1300. Già allora San Lorenzo assumeva l’aspetto di chiesa a tre navate, ossia - secondo la tipologia della cosiddetta “Hallenkirche” - di chiesa a sala con volte di uguale altezza. Solo nel Quattrocento la chiesa assunse l’aspetto odierno.
L'imponente tempio gotico presenta una facciata semplice ed austera: la sua linearità è interrotta solamente dal massiccio portale barocco, opera settecentesca di Valentino Carattoli. La facciata principale si apre su Piazza Dante; sulla gradinata esterna si trova un'importante statua in bronzo, realizzata nel Cinquecento dal perugino Vincenzo Danti. Sul fianco sinistro, rivolto verso Piazza IV Novembre, c’è un notevole ingresso, opera di Galeazzo Alessi. Quest’ingresso è affiancato dal pulpito di San Bernardino, che risale al XV secolo, e dalla secentesca statua in bronzo di Giulio III.
L’interno è a tre navate tripartite. Le volte, sostenute da pilastri ottagonali, furono decorate nel Settecento da F. Appiani, V. Monotti e V. Carattoli. Le pareti sono decorate da moltissime opere d’arte: ci limitiamo a ricordare la Deposizione dalla croce, dipinta da Federico Barocci nel 1569 e conservata nella Cappella di San Bernardino; il gonfalone di Berto di Giovanni (1526), che raffigura il profilo della città prima della costruzione della Rocca Paolina; l’Annunciazione di Ippolito Borghesi (1620) e la Madonna tra i patroni della città e i santi Agostino, Domenico e Francesco di Giovanni Antonio Scaramuccia (1616). Sul terzo pilastro di destra è la venerata immagine della Vergine delle Grazie, attribuita a Giannicola di Paolo. Nell’abside è il coro ligneo, opera di Giuliano da Maiano e Domenico del Tasso, del 1491, che fu distrutto in parte da un incendio nel 1985. Pregevoli sono la Cappella del Battistero, la Cappella del Sacramento, ornata da affreschi tardo-settecenteschi di M. Leopardi, e - in fondo alla navata di sinistra - la Cappella del Santo Anello (o Cappella di San Giuseppe): quest’ultima contiene un prezioso reliquiario cinquecentesco, in cui si conserva un anello di calcedonio che - secondo la tradizione - sarebbe l’anello nuziale di Maria, sposa a Giuseppe. Questa reliquia arrivò a Perugia nel 1473. La reliquia è esposta solamente nei giorni 29 e 30 luglio.
Dietro la chiesa si trova il Chiostro, sede del Museo Capitolare e della Biblioteca Dominicini.

 

 

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