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Santa Maria Maddalena dei Pazzi, l'ingresso con il portico
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Firenze | Santa Maria Maddalena dei Pazzi
   
   
La chiesa di Santa Maria Maddalena de' Pazzi con annesso convento, è un importante complesso monumentale di Firenze situato in Borgo Pinti.



Profilo storico-artistico

Le origini


In questo sito si sono avvicendati diversi ordini e istituzioni religiose. La fondazione risale al 1257, intitolato a Santa Maria Maddalena delle Convertite, nel luogo dove già esisteva una casa di accoglienza per donne di malaffare repentite (o convertite), che seguivano la regola di San Benedetto. Forse proprio dalle repentite derivò il nome della via, Borgo Pinti.
   
   

I Cistercensi

Nel 1322 la struttura passò ai Cistercensi di Badia a Settimo, che vi si insediarono solo nel 1442, sollecitati da papa Eugenio IV, che trasferì le Convertite a San Donato in Polverosa. Il convento di Borgo Pinti fu quindi ricostruito fra il 1481 ed il 1526 col finanziamento di Bartolomeo Scala (che nella stessa via fece poi edificare il proprio palazzo) su progetto di Giuliano da Sangallo, che ideò l'innovativo quadriportico in stile ionico, antistante alla chiesa.

L'interno ad aula con sei profonde cappelle per ciascun lato, intonacato di bianco con eleganti fregi architettonici in pietra serena in stile brunelleschiano, e venne armoniosamente arredato fra il 1480 e il 1530 da pale d'altare di artisti di primissimo piano come quali Sandro Botticelli, il Perugino, Domenico e Ridolfo del Ghirlandaio, Lorenzo di Credi e Raffaellino del Garbo, che vennero inesorabilmente trasferite altrove a seguito della ristrutturazione sei-settecentesca.
Esse furono sostituite da altre che ancora si trovano nella chiesa, opere di Carlo Portelli, Alfonso Boschi, Domenico Puligo, Giovanni Bizzelli, Santi di Tito, Francesco Curradi.
Sempre alla fine del Quattrocento fu affrescata la sala capitolare dalla famosa Crocefissione del Perugino (vedi sezione).
Dalla destra dell'atrio di accesso al portico si raggiunge la Cappella di Santa Maria del Giglio, affrescata un secolo dopo circa da Bernardino Poccetti. Questa cappella era di patronato della famiglia Del Giglio, da cui il nome, ma la sua decorazione fu voluta da Nereo Neri che ne venne in possesso nel 1598: in tale occasione, il dipinto con il Martirio dei Santi Nereo e Achilleo di Domenico Passignano andò a sostituire la grande pala d'altare di Cosimo Rosselli con l'Incoronazione della Vergine (1505), collocata oggi all'interno della chiesa nella seconda cappella di sinistra.


Le Carmelitane

Nel 1629 si verificò una fondamentale svolta nella storia del complesso, i frati scambiarono letteralmente la proprietà con le Carmelitane di San Frediano in Cestello, spostandosi in Oltrarno in quello che allora si era il Monastero di Santa Maria degli Angeli e che fu rinominato Cestello proprio per il nome dei cistercensi. Inizialmente anche questo monastero si chiamò Santa Maria degli Angeli
Le suore portarono con sé anche le spoglie della consorella Maria Maddalena de' Pazzi, una carmelitana mistica morta nel 1607 e beatificata da papa Urbano VIII (del quale si vede un vistoso stemma dei Barberini all'angolo con via della Colonna) nel 1626. Ma soltanto dopo la sua canonizzazione nel 1669, la chiesa venne dedicata alla novella Santa Maria Maddalena de' Pazzi. Questa santa fiorentina influenzò molto la spiritualità seicentesca fiorentina e italiana.
Questo importante evento fu la spinta per un rinnovato fervore decorativo per il quale si procedette subito ad opera di Jacopo Chiavistelli con la collaborazione di Angiolo Gori che affrescarono sulla volta la Gloria di Santa Maria Maddalena de' Pazzi, mentre Cosimo Ulivelli dipinse alle pareti le Storie della Santa.
Poco dopo, dal 1677 al 1685 fu costruita l'attuale cappella maggiore, concepita come una sorta di mausoleo, di cornice trionfale alle reliquie della santa.


L'epoca moderna

Nella seconda metà dell'Ottocento, il convento venne smembrato per l'apertura di via della Colonna nel tratto da borgo Pinti a piazza d'Azeglio, che lo taglio letteralmente in due. Nel 1888 le carmelitane si trasferono prima in Piazza Savonarola, poi in via dei Massoni a Careggi nel Monastero di Santa Maria Maddalena dei Pazzi, dove non mancarono di portare anche le spoglie della santa, e gli immobili del convento soppresso e smembrato, assegnati al Comune, furono destinati a scuola.
Oggi la chiesa, alla quale si accede da Borgo Pinti, e gli ambienti conventuali superstiti ad essa annessi sono passati agli Agostiniani dell'Assunzione (Assunzionisti), dal 1926. Si tratta di un ordine di origine francese e la loro presenza suggella anche il ricordo di Santa Teresa di Lisieux che qui si fermò in pellegrinaggio nel 1887, come ricordano una lapide sulla strada e una statua nella quinta cappella di sinistra.


L'atrio rinascimentale

La chiesa è preceduta da un atrio di epoca rinascimentale, progettato da Giuliano da Sangallo su commissione dei Salviati, con architravi poggianti su colonne ioniche e con volte a botte. I capitelli furono scolpiti copiando un antico capitello classico in marmo giallo ritrovato a Fiesole ed oggi conservato nel museo di Casa Buonarroti: ciò testimonia la grande passione del Sangallo per l'arte antiquaria. Spiccano i due archi a tutto sesto che si aprono al centro sui lati maggiori, uno che porta all'ingresso della chiesa, l'altro all'accesso sulla strada: questi arconi ricordano la soluzione di Brunelleschi nella Cappella dei Pazzi di Santa Croce.
Questo "quadriportico" non è un chiostro, perché non era usato da monaci, infatti non vi si affaccia nessun ambiente tipicamente cenobitico (come il refettorio o la sala capitolare). Il vero chiostro del complesso è dietro la chiesa.
L'insieme ha un aspetto elegante e sobrio tipico dell'architettura fiorentina.
Il fianco destro è stato completato solo dopo l'alluvione del 1966 grazie all'interessamento del Comitato France-Italie.


La Cappella del Giglio

Appena a destra dell'ingresso principale su Borgo Pinti, è incassata tra il muro perimetrale e quello del porticato la Cappella del Giglio. La piccola struttura risale all'epoca del chiostro e venne fatta edificare dai cistercenti per le donne devote, che non erano ammesse alla chiesa principale se non due volte all'anno in celebrazioni speciali.
La cappella venne affrescata nel 1598 da Bernardino Poccetti; l'altare dipinto è opera del Passignano e di Ottavio Vannini.


L'interno


L'interno della chiesa si presenta armonico nonostante i diversi interventi e i diversi stili succedutisi nei secoli. La navata unica è quattrocentesca, il presbiterio è seicentesco, mentre il soffitto e la seconda cappella a destra risalgono al Settecento.
Sui fianchi si aprono sei arcate in pietra serena che corrispondono ad altrettante cappelle laterali; sui capitelli si possono ancora leggere alcuni stemmi di famiglie gentilizie che avevano il patronato della cappella. Ciascuna cappella presenta una volta a vela e una vetrata, tra le quali è particolarmente pregevole quella di San Lorenzo nella terza cappella a sinistra.
Oltre le cappelle la fascia superiore della navata presenta affreschi a monocromo intervallati da dieci tele realizzate nell'anno della canonizzazione di Santa Maria Maddalena dei Pazzi (1669) con scene della sua vita; furono dipinte dall'estroso Cosimo Ulivelli e da altri pittori fiorentini.
Il soffitto conserva il maestoso affresco della Glorificazione della santa opera sempre del 1699 di Jacopo Chiavistelli.

 

La Cappella Maggiore

La Cappella Maggiore è uno dei capisaldi del barocco in ambito religioso a Firenze. Fu edificata a partire dal 1677 fino al 1685, per ospitare le reliquie della santa. Questa sorta di cappella spettacolo, nella quale, come in una messa in scena, si combinano marmi policromi, bronzi, dorature, statue, affreschi e tele dipinte, è emblematica della sensibilità religiosa al tempo del granducato di Cosimo III, non a caso promotore dell'impresa.

 

Santa Maria Maddalena dei Pazzi, interiore

Partendo dalla controfacciata si incontrano sul lato sinistro sei cappelle:

1. Nella prima cappella si trova la tela di San Lorenzo di Francesco Curradi (1610) e quella di Cosimo Gamberucci con La Natività (1618).
2. Nella seconda cappella è ospitata in una bella cornice intagliata e dorata l'Incoronazione della Vergine di Cosimo Rosselli (1505).
3. Nella terza, la tela dell'Orazione nell'orto di Santi di Tito (1591); la statua lignea della Vergine col Bambino (fine XIV secolo); la vetrata policrom di San Lorenzo della fine del XV secolo
4. Nella quarta, la statua in legno dipinto di un San Sebastiano di Leonardo del Tasso (1500), inserita in un'ancona con due santi dipinti attribuiti a Raffaellino del Garbo.
5. Nella quinta, il Martirio di San Giacomo di Cosimo Bizzelli (1601) e la tela da organo di Giovan Battista Cipriani con la Comunione di Santa Maria M;addalena dei Pazzi (1754).
6. Nella sesta infine, dopo la porta di un altro ambiente, sormonata dalla cantoria quattrocentesca e dalla monta d'organo del XVIII secolo, si trovano una serie di affreschi ottocenteschi di Giuseppe Servolini che illustrano le Storie dei funerali della Beata Bartolomea Bagnesi, mentre la cupola presenta Visione della Beata a Santa Maria Maddalena dei Pazzi, dello stesso autore (1807); la pala d'altare è di Giuseppe Collignon (XIX secolo) e raffigura la Gloria della Beata Bartolomea Bagnesi.

Lato destro

Altrettante cappelle si aprono sul lato destro.

1. Nella prima, più vicina all'entrata, si trova il grandioso Martirio di San Romolo, attribuito al manierista Carlo Portelli e forse il suo capolavoro (1557); vi si trova anche la più piccola tela attribuita a Francesco Curradi con Sant'Alberto Carmelitano, del 1610.
2. La seconda cappella fu decorata nel settecento con stucchi e pitture; visi trovano tre tele di Giuseppe Piattoli del 1778: San Luigi Gonzaga, L'arcangelo Raffaele appare ai credenti e Sant'Antonio da Padova.
3. Sul lato della parete della terza cappella, appartenuta alla famiglia fiorentina degli Iacopi, è appesa la seicentesca Incoronazione della Vergine di Alfonso Boschi, mentre sull'altare si trova una predella della fine del XV secolo, opera di Lorenzo di Credi. La vetrata policroma rappresenta lo stemma della famiglia Iacopi. Pietra tombale marmorea disegnata da Andrea del Sarto. Sulle colonne d'ingresso della cappella: sulla sinistra lo stemma degli Iacopi (cinghiale nero in campo d'oro) e sulla sinistra quello dei Serristori.
4. La quarta cappella presenta un oggetto in rame smaltato entro una cornice lignea del XVIII secolo dell'artista J.M. Enzet di Limoges; davanti vi si trova la tela di Domenico degli Ubaldini detto il Puligo con la Madonna con Bambino e Santi del 1525-26.
5. La quinta cappella non presenta decorazioni
6. Dopo l'accesso alla sacrestia, dove si passa per visitare l'affresco del Perugino, si trova la sesta cappella nella quale sono ospitate alcune opere del primo Ottocento: due tele di Luigi Catani con Le pie donne al sepolcro, Mosè e gli ebrei e il Cristo deposto dalla croce; gli affreschi e della cupoletta ('ì'Ascensione) sono coevi; in questa cappella si trova anche un crocifisso in legno e cartapesta stuccati a gesso attribuito a Bernardo Buontalenti.


La Crocifissione del Perugino


Pietro Perugino, Crocifissione, Data 1495, affresco, convento di Santa Maria Maddalena dei Pazzi, Firenze

La Crocifissione ad affresco del Perugino nella sala capitolare del convento è un piccolo museo a sé stante.
Compiuta nel 1494-1496, quando il convento era ancora sotto i frati cistercensi, per volere della famiglia Pucci, costituisce la più importante testimonianza artistica risalente a tale fase storica: nella parete tripartita da arcate, ma ambientati in un paesaggio unificato e rarefatto tipico dello stile umbro, sono raffigurati con sobrietà e misticismo Cristo in croce adorato dalla Maddalena penitente (chiara allusione alle Pentite che venivano accolte nel convento), affiancato a sinistra dalla Madonna e san Bernardo e a destra dai santi Giovanni Evangelista e Benedetto. Nella stessa sala capitolare un affresco di Cristo che scende dalla croce ad abbracciare san Bernardo dello stesso autore, con sinopia.
Attualmente i locali con la Crocifissione del Perugino non sono più visitabili in attesa di un nuovo custode.

Pietro Perugino | Il Perugino | Il Crocifissione


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[1] Pietro Vannucci detto il Perugino nasce a Città della Pieve, città allora ricadente nei domini del Comune di Perugia. Dopo un primo contatto con la realtà artistica perugina dovette avvicinarsi, secondo quando scrive Giorgio Vasari nel 1550, a Piero della Francesca. Nel 1472 il Perugino si iscrisse alla Compagnia di san Luca a Firenze. Contemporaneamente iniziò a frequentare la prestigiosa bottega di Andrea del Verrocchio. Una lunga consuetudine con l’ambiente fiorentino segnò profondamente la sua espressione artistica, al punto che i contemporanei non esitarono a considerarlo maestro toscano: «Pietro Perugino, ben si può dire fiorentino, ch’è allevato qui» (F. Albertini, 1510). Giovanni Santi, padre di Raffaello, sottolineò (1485 circa) la sua affinità di temperamento con Leonardo da Vinci, sicuramente incontrato nella bottega del Verrocchio.

Non si conoscono opere documentate anteriori al 1478, anno al quale risalgono gli affreschi frammentari della chiesa parrocchiale di Cerqueto (Perugia). L’immagine maggiormente conservata, raffigurante San Sebastiano, si distingue per tersa luminosità e forte energia disegnativa; può essere utilmente confrontata con un affresco staccato, oggi nella Pinacoteca Comunale di Deruta, raffigurante il Padre Eterno con i santi Rocco e Romano, datato 1476. La sovrapponibilità di numerosi elementi stilistici svela un’identica paternità. L’affresco di Deruta mostra, a sua volta, evidenti legami con l’Adorazione dei Magi della Galleria Nazionale dell’Umbria, già data al Perugino dal Vasari. Più problematico appare il caso delle tavolette con fatti della vita di San Bernardino, conservate nella Galleria Nazionale dell’Umbria, recanti la data 1473, che mostrano legami non generici con la cultura peruginesca.
[Fonte: Il Perugino: mostra, eventi, itinerari | www.perugino.it]


Arte in Toscana | Pietro Perugino in Firenze

Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Pietro Perugino

Arte in Toscana | Pietro Perugino



 

Pietro Perugino, Self-portrait, 1497-1500, Collegio del Cambio, Perugia.

Pietro Perugino, autoritratto dall'affresco del Collegio del Cambio a Perugia, 1497–1500,
Collegio del Cambio, Perugia

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Chiesa di San Frediano in Cestello

   
La chiesa di San Frediano in Cestello, sulla piazza di Cestello, è una delle più note chiese del quartiere Oltrarno a Firenze, la cui cupola domina l'omonimo quartiere, tradizionalmente popolare. La chiesa ha un impianto neoclassico piuttosto severo, a tre navate monumentali con pianta a croce latina.

Il Monastero carmelitano odierno fu costruito sul luogo di una più antica chiesa, il "monastero di Santa Maria degli Angeli", eretto nel 1450 circa per le suore carmelitane di clausura. Qui visse e morì Santa Maria Maddalena de' Pazzi appartenente alla nobile famiglia fiorentina, come ci ricorda una lapide posta sulla parete esterna del convento su Borgo San Frediano.
Questa santa (1566 – 1607), entrata in clausura nel 1582, era famosa per le sue estasi, durante una delle quali ebbe la visione della volontà divina di riforma della chiesa. Morì nel 1607, fu beatificata nel 1626 e canonizzata nel 1662. Nel 1628 le monache scambiarono letteralmente il loro edificio con quello dei Cistercensi in Borgo Pinti, dove fu traslato anche il corpo della consorella beatificata. Quella chiesa è oggi Santa Maria Maddalena de' Pazzi che conserva anche il famoso affresco della Crocifissione del Perugino.


   
Caterina de' Pazzi nasce a Firenze il 2 aprile 1566. A sedici anni entra nel Monastero di clausura di Santa Maria degli Angeli, il più antico dell'Ordine Carmelitano (1450). Qui riceve il nome di Suor Maria Maddalena.
Dopo la professione religiosa, nel maggio del 1584, comincia un itinerario mistico, segnato da grazie e numerose esperienze singolari, che fanno di lei una delle più grandi estatiche della Chiesa.
A eccezione di tre lettere, non scrisse nulla di proprio pugno. Questo perché i suoi confessori volevano determinare se l'origine di questi fenomeni era divina o meno, ed era obbligata a conferire tutto quello che gli accadeva ai superiori, tramite le sorelle, che scrivevano quello che lei diceva, fuori dell'estasi o durante le stesse esperienze mistiche.
Così furono raccolte sotto sua dettatura le relazioni delle sue esperienze mistiche, queste costituiscono quattro grossi volumi di manoscritti originali, le cosiddette "sue" opere, perché conservano il tenore originale del suo discorso, essendo da lei stessa riveduti, chiariti e corretti. Sono questi: (I) I Quaranta Giorni; (II) I Colloqui; (III) Revelatione e Intelligentie (o I otto giorni dello Spirito Santo); (IV) La Probatione - Renovatione della Chiesa.
Queste relazioni saranno incrementate con altri testi di natura biografica, avvisi e ricordi personali, raccolti da carmelitane che con lei vivevano e pregavano. Tutti questi testi costituiscono uno dei maggiori monumenti della letteratura mistica cattolica.
Nell'autunno del 1602 Maria Maddalena De' Pazzi si ammala e il 19 ottobre 1604 viene colpita da tubercolosi polmonare. Comincia allora la fase della sua vita chiamata il nudo patire, una fase posteriore alla trasformazione del matrimonio spirituale e unica nella storia della mistica.
Muore il 25 maggio 1607.
Il suo corpo incorruttibile si trova attualmente sotto l'altare maggiore della Chiesa del Monastero di Santa Maria degli Angeli e di Santa Maria Maddalena de' Pazzi a Firenze.