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Masaccio e Masolino da Panicale, La Madonna col Bambino e sant'Anna (detail), 1424, tempera su tavola, Galleria degli Uffizi, Firenze
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Masaccio e Masolino da Panicale | La Madonna col Bambino e sant'Anna, detta comunemente Sant'Anna Metterza

   
   

La Madonna col Bambino e sant'Anna, detta comunemente Sant'Anna Metterza [3], è un dipinto, tempera su tavola (175 x 103 cm), di Masaccio e Masolino da Panicale, databile al 1424-1425 e conservato alla Galleria degli Uffizi di Firenze. L'opera è un caposaldo degli studi di Masaccio e Masolino [1] ed uno dei dipinti chiave dei primissimi traguardi del Rinascimento fiorentino.

 
   
   

La pala è menzionata per la prima volta nella chiesa fiorentina di Sant'Ambrogio, dove Vasari la vide nel 1568 e la assegnò a Masaccio. Verso il 1813 entrò nelle collezioni della Galleria dell'Accademia, per poi passare, nel 1919, agli Uffizi.

Nel 1940 Roberto Longhi avanzò l'ipotesi, già accennata da Crowe e Cavalcaselle, di due mani diverse, assegnando a Masaccio la Madonna, il Bambino e l'angelo reggicortina vestito di verde cangiante in rosso, mentre la sant'Anna e gli altri angeli, dalle forme più convenzionali, furono attribuiti a Masolino. Questa posizione venne poi confermata da altri studiosi ed oggi è quasi unanimemente riconosciuta. La tavola segnerebbe quindi la più antica opera pervenutaci frutto della collaborazione dei due artisti (considerando l'incerta datazione della Pala Colonna), che insieme crearono il capolavoro della Cappella Brancacci.

Si è ipotizzato che il committente possa essere stato un certo Nofri d'Agnolo Buonamici, tessitore di drappi, che aveva il patronato dell'altare di Sant'Anna nella chiesa.


Descrizione

Il formato dell'opera è inconsueto per l'epoca, poiché mancante di predella, cuspidi e pannelli laterali: alcuni hanno ipotizzato che si tratti del pannello centrale di un polittico già smembrato nel 1568, quando lo vide Vasari, o più probabilmente di una tavola destinata a un grande ciborio devozionale (Timothy Verdon, 1984).

La Metterza era una tipologia iconografica dove veniva raffigurata la Madonna col Bambino e sant'Anna "messa a fare da terza" o "medesima terza", cioè dove si evidenziava il rango della santa come terza in ordine di importanza. Si tratta di uno dei modi tradizionali di raffigurare sant'Anna, che a Firenze godeva di particolare devozione dal 1343 quando nella giornata di Sant'Anna (26 luglio) venne scacciato il tirannico Duca d'Atene Gualtieri VI di Brienne.

Tre angeli reggicortina stendono un drappo preziosamente damascato dietro al gruppo sacro, che crea uno sfondo piatto, più moderno del completo sfondo oro, e che crea un piano intermedio, che ha il potere di proiettare verso lo spettatore le figure, facendole risaltare. In basso si trovano poi due angeli spargi-incenso: le figure angeliche seguono ancora proporzioni di tipo gerarchico, essendo molto più piccoli delle figure sacre. Il gruppo sacro si trova su un trono, che si può immaginare composto da due gradoni, con in basso una pedana dove si trova un'iscrizione dedicatoria alla Vergine.

L'iconografia prevedeva che fosse risaltata maggiormente la figura di sant'Anna, madre di Maria e nonna di Cristo, la quale deve tenere tra le gambe la Madonna col Bambino, in un gesto protettivo e confidenziale. Sant'Anna ha qui un'aureola più grande e con una mano stende la sua protezione sul piccolo infante. Tuttavia l'uso originalissimo della luce nella Vergine e nel Bambino dipinti da Masaccio ha spostato inesorabilmente il centro focale verso le due figure in primo piano, contraddicendo l'iconografia tradizionale.

Sull'aureola di sant'Anna sono iscritte le parole "Sant'Anna è di Nostra Donna fastigio", mentre su quella della Vergine ed alla base del trono si legge "Ave Maria Gratia Plena Dominus Tecum [Benedicta Tu]" (Luca 1,28).

 

 




Stile

 

Masaccio e Masolino da Panicale, Sant'Anna metterza (di Masolino sono lo sfondo, quattro angeli e sant'Anna), Galleria degli Uffizi, Firenze

 


Un'iconografia tradizionale della Metterza: Bicci di Lorenzo, Greenville, Bob Jones University Collection

 

La Madonna e il Bambino formano un massiccio gruppo di forma ipoteticamente piramidale, con alla base la linea tra le ginocchia divaricate di Maria e le sue braccia, che abbracciano teneramente ma anche con presa salda, il corpo del bambino creando un semicerchio. Un'altra piramide è composta poi dal trono fino alla testa di sant'Anna.

La plasticità delle figure della Madonna e del Bambino sono un vero spartiacque tra l'esperienza gotica anteriore e i futuri sviluppi del Rinascimento, dove Masaccio riesce per la prima volta a creare delle figure modellate da un forte chiaroscuro che emergono dal dipinto come se fossero dei rilievi scolpiti, quali solidi blocchi posizionati in uno spazio preciso. Il chiaroscuro ne squadra i volumi e blocca, pietrificandoli, gli energici gesti. Si veda ad esempio la robusta corporatura del bambino, ispirato a un Ercole bambino ancora presente agli Uffizi (con l'interpolazione di un'espressione vivace ispirata alla quotidianità tipica delle opere di Donatello) o l'ovale tridimensionale del volto della Madonna, la cui fisionomia si svincola dalla tradizionale aristocraticità del gotico per creare una ritratto di madre più viva, presa dalla quotidianità e con un modellato che riflette la conoscenza della reale struttura ossea. La sua espressione è concentrata e ferma e sembra sottintendere un pensiero all'ineluttabile destino del figlio che, con un gesto inedito in pittura, regge saldamente con entrambe le mani sulla coscia. Il panneggio del mantello della Vergine è in debito evidente con la Madonna di Ognissanti di Giotto, con la stessa forma e una tecnica simile, confermata da recenti indagini diagnostiche, basata sulla stesura di più strati di pittura a partire dalle ombreggiature, comune peraltro gran parte della pittura su tavola.

La sant'Anna è invece legata ancora a un linguaggio più medievale, con una luce diffusa più convenzionale e con un panneggio che cura soprattutto la linea delle pieghe, annullando il volume corporeo e rendendola evanescente: la sua veste rossa, più che evidenziare le forme di un corpo, si appiattisce diventando un semplice sfondo alla Madonna, la cui leggera rotazione in tralice conferisce una convincente voluminosità. Interessante è la mano distesa in scorcio, carica di sensibilità, che vari studiosi hanno cercato di attribuire a Masaccio, almeno riguardo all'ideazione. In realtà alcuni errori, ben visibili nella forma del braccio, evidenziano una fattura non del tutto convincente, che viene quasi sicuramente attribuito a Masolino. Il gesto fu ispirato probabilmente a quello del tondo del Redentore nella cuspide centrale dell'Adorazione dei magi di Gentile da Fabriano, autore al quale guardava molto più Masolino che Masaccio.

La luce in Masaccio è molto reale, tanto da arrivare ad oscurare in gran parte il volto del bambino, altro segno inedito che rompe col passato.

L'angelo di Masaccio si distingue dagli altri per l'asse delle spalle leggermente spostato in scorcio, che crea una maggiore profondità facendolo arretrare. Il suo vestito è come "scolpito" dagli inattesi toni di rosso e verde, dalla "spietata immediatezza" [2].


 
Tondo
Gentile da Fabriano, tondo del Redentore dall'Adorazione dei Magi
         
 
   
Metterza Uffizi 02
Masaccio e Masolino da Panicale, La Madonna col Bambino e sant'Anna (detail), 1424, tempera su tavola, Galleria degli Uffizi, Firenze [4]

 

 


[1] Tommaso di Ser Giovanni di Mone, detto
Masaccio, nasce da una famiglia discendente da falegnami e mobilieri, ossia di cassai, secondo il termine dell’epoca che diviene il cognome del casato. La nascita si fa risalire al 21 dicembre del 1401 nella cittadina di Castel San Giovanni, oggi San Giovanni Valdarno. Il padre è Ser Giovanni di Mone Cassai, notaio; la madre è Jacopa di Martinozzo. La casa paterna è situata nella via maestra del paese (tuttora esistente), dunque in una posizione socialmente importante. Masaccio ha due sorelle ed un fratello, soprannominato “scheggia”. Presto, dopo la morte del padre e le seconde nozze della madre, nascono anche due sorellastre ed un fratellastro.
Da alcuni pagamenti da parte della madre ad una certa Monna Piera de’ Bardi, avvenuti tra il 1417 e il 1421, si può supporre l’arrivo di Masaccio a Firenze. Jacopa affitta, difatti, una casa per il figlio. Masaccio negli anni Venti è già attestato come appartenente all’Arte dei medici e speziali, con questa testimonianza scritta: “Masus S. Johannis Simonis pietas populi S. Nichelai de Florentia”. E’ il 1422 quando viene consacrata la chiesa del Carmine. Il pittore rievoca la fastosa cerimonia con una sagra, oggi non visibile ma probabilmente dipinta prima dell’inizio dei lavori della grande Cappella Brancacci. L’affresco ora è quasi del tutto perduto, ne restano solo alcuni frammenti dai quali si evince il clima festoso e forse la presenza dell’autore - testimoniata, insieme a quella di Donatello e Brunelleschi, dal Vasari - alla cerimonia. La distruzione del dipinto risale al 1600; ne rimangono, infatti, alcuni disegni copie, firmati da un anonimo, da Michelangelo, da Rosso Fiorentino. Il Vasari documenta un viaggio di Masaccio a Roma nel 1423, come pellegrino in occasione del Giubileo. Sono con lui, anche questa volta, il collega ed amico Brunelleschi e l’Alberti. Mentre imperversa la peste, che uccide le sue due sorellastre, Masaccio è ancora a Firenze ed attende con Masolino alla Cappella Brancacci. I documenti attestano la sua iscrizione alla Compagnia di San Luca, antica confraternita di pittori, creata nel 1350. Masaccio, a causa della partenza di Masolino per l’Ungheria, rimane da solo a lavorare alla Cappella ed ultima esclusivamente le due storie ai lati dell’altare con San Pietro.
Nel 1426, Ser Giuliano di Colino degli Scarsi da San Giusto gli affida l’incarico di dipingere un polittico per la sua cappella in Santa Maria del Carmine a Pisa. Gli viene pagato un compenso di ottanta fiorini, divisi in un acconto di dieci più diverse piccole rate. Poco o nulla si sa di questi ultimi anni della sua breve vita. Fanno fede della sua attività artistica i dettagli dei pagamenti e nient’altro. Muore nel 1428 a Roma. [Fonte : Biografia di Masaccio
(1401– 1428) | www.italica.rai.it ]

Masolino da Panicale
Tommaso di Cristoforo Fini Tommaso di Cristoforo Fini, noto come Masolino da Panica Masolino da Panica Masolino da Panicale, nasce a San Giovanni Valdarno (Arezzo) nel 1383 ma dei suoi primi quarant’anni di vita non si sa praticamente nulla anche se si parla di un apprendistato presso la bottega di Gherardo Stamina e di una successiva in quella di Lorenzo Ghiberti nei primi anni del Quattrocento. Le prime notizie certe sono del 1422 quando il pittore prende in affitto una casa a Firenze iscrivendosi, l’anno successivo, alla corporazione dell’Arte dei Medici e Speziali che includeva anche l’arte pittorica.
Per molto tempo si pensò a Masolino come maestro di Masaccio, ipotesi che venne poi scartata preferendo a questa quella di “collaboratore professionale”, un intesa che portò i due alla realizzazione di diverse opere a “quattro mani”.

La prima opera conosciuta del pittore è “Madonna con Bambino” datata 1423, probabilmente ricordo di un matrimonio tra le famiglie Boni e Carnesecchi come si rileva, alla base del dipinto, dagli stemmi delle due famiglie, opera, in parte legata agli schemi tardo gotici, oggi conservata al Kunsthalle di Brema. Dello stesso periodo, ma decisamente legato al gotico, è la “Madonna dell’Umiltà” oggi conservata alla Galleria degli Uffizi di Firenze.

Nel 1424 Masolino lavora ad Empoli, probabilmente assistito da Francesco d’Antonio, artista minore uscito dall'orbita di Lorenzo Monaco, eseguendo un vasto ciclo di affreschi nella Chiesa di Santo Stefano, dei quali però restano solo pochi frammenti quali “Sant'Ivo e i pupilli” e “Vergine col Bambino”. Nel Battistero della Collegiata affrescò inoltre un “Cristo in pietà”, oggi nel Museo della Collegiata di Sant’Andrea.

Affermatosi come uno dei migliori pittori nella Firenze di quegli anni, Masolino iniziò a ricevere moltissime commissioni ed è probabilmente per far fronte alle numerose richieste che, in questo periodo, inizia la collaborazione con Masaccio iniziata in Firenze, secondo molti studiosi, già nella Cappella di Paolo e Berto Carnesecchi in Santa Maria Maggiore e sul quasi completamente perduto “Trittico Carnesecchi”.

Al periodo 1423 – 1424 risalirebbe anche la “Pala Colonna” che i due artisti avrebbero realizzato nel loro primo viaggio a Roma al seguito di Papa Martino V. I due pittori eseguirono anche la “Sant’Anna Metterza”, oggi alla Galleria degli Uffizi di Firenze, nel quale la figura centrale di Sant’Anna, immaginata da Masolino, viene invece sopravanzata dalla Madonna con Bambino del Masaccio, tanto “solida, plastica e ben proporzionata da rompere l'unità formale della tavola secondo le impostazioni originarie”. Probabilmente, a causa della imminente partenza per l’Ungheria, Masolino chiese a Masaccio una serie di collaborazioni per evitare di incorrere nel pagamento delle penali per il mancato rispetto dei termini di consegna di opere già precedentemente concordate con i suoi committenti.
Prima della partenza di Masolino, venne avviata anche la decorazione della Cappella Brancacci (1424 - 1428), nella Chiesa del Carmine, i cui interventi di restauro sugli affreschi furono equamente divisi tra i due artisti. Sul pilastro sinistro della Cappella Masolino dipinse la “Tentazione di Adamo ed Eva” ed esattamente sul pilastro di fronte Masaccio eseguì invece la famosa “Cacciata dei Progenitori dall’Eden”, evidenziando chiaramente le diverse impostazioni stilistiche dei due. Sulla parete sinistra accanto all’altare si trova la Predica di San Pietro; la scena si ricollega strutturalmente a quella del Pagamento del Tributo, come si può rilevare dallo sfondo delle montagne che appare quasi come un prolungamento del paesaggio eseguito da Masaccio sull'altra parete. È quindi probabile che i due pittori abbiano concordato di invertirsi le parti e perciò il resto dell'episodio sia da attribuire interamente a Masolino. La scena più famosa eseguita da Masolino è la “Guarigione dello storpio e resurrezione di Tabita”, posta sulla parete destra in alto dal lato diametralmente opposto a quella del Tributo; in essa vengono rappresentati due fatti distinti nello stesso luogo, collegati tra loro dai due personaggi elegantemente vestiti al centro. Dopo la partenza di Masolino per l’Ungheria, nel settembre 1425, a seguito del condottiero fiorentino Pippo Spano, Masaccio rimase da solo a lavorare alla Brancacci ed il ciclo non venne mai portato a termine; già agli inizi del 1426, infatti, egli stipulò un nuovo contratto con la Chiesa del Carmine di Pisa per l'esecuzione di un polittico, il cui pagamento è registrato il 26 dicembre dello stesso anno.

Tornato dall’Ungheria nel 1427 (l'attività in Ungheria dell’artista è praticamente sconosciuta), Masolino si porta a Roma nel 1428 dove gli era stato commissionato il “Polittico di Santa Maria Maggiore” per il quale chiama ancora accanto a se Masaccio ma che dovrà però completare da solo a causa della morte dell’amico, a soli 27 anni. A Roma Masolino lavora per il cardinale Branda Castiglioni, che gli affida la decorazione degli affreschi della Cappella di Santa Caterina d'Alessandria (1427-30), nella Basilica di San Clemente e nella capitale rimane sino al 1435 per poi trasferirsi a Castiglione Olona, nei pressi di Varese dove, per il Cardinal Branda, affresca il suo palazzo con vari soggetti (tra i quali il “Paesaggio Montano”, ovvero la veduta della città di Veszprem in Ungheria), il Battistero (“Storie del Battista”) e la Collegiata (“Storie della Vergine”), avendo come collaboratori anche Paolo Schiavo ed il Vecchietta. L’artista muore a Firenze nel 1440. Oggi le sue opere si possono ammirare a Panicale, Firenze, Roma, Castiglione Olona, Napoli, Empoli, Brema, Montauban, Monaco di Baviera Washington, Londra e Philadelphia e la sua attività è fonte di continua rivalutazione per tutti gli studiosi che riconoscono di Masolino le innumerevoli doti e l’altissima qualità della sua pittura. [Fonte: Masolino da Panicale - Sapere.it]
[2] Joannides, Masaccio and Masolino, Londra 1993.
[3] Metterza è il termine derivato dal volgare medievale, riferendosi a sant'Anna, madre di Maria, che si mette per terza nella gerarchia della famiglia divina, accanto a Maria e Gesù. Il termine e la relativa iconografia ebbe diffusione in Italia e nel Nord Europa, specie durante il Quattrocento.
[4] Foto di Miguel Hermoso Cuesta, licenziato in base ai termini della licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale




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