Piero della Francesca

Giorgio Vasari | Le vite | Piero della Francesca


Opere in ordine cronologico


Polittico della Misericordia

Battesimo di Cristo

San Girolamo penitente


San Girolamo e il donatore Girolamo Amadi,


Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a san Sigismondo

Ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta,

Storie della Vera Croce
       Morte di Adamo
       Adorazione del sacro legno e incontro di Salomone con        la Regina di Saba
       Sollevamento del legno della Croce
       Annunciazione
       Vittoria di Costantino su Massenzio
       Tortura dell'ebreo
       Ritrovamento e verifica della vera Croce
       Battaglia di Eraclio e Cosroè
       Profeta Geremia
       Angelo

Maria Maddalena

Polittico di Sant'Agostino


San Giuliano

Madonna del parto

Resurrezione

San Ludovico di Tolosa

Polittico di Sant'Antonio

Doppio ritratto dei Duchi di Urbino, sul verso Trionfo di Federico da Montefeltro e di Battista Sforza

Pala di Brera

Flagellazione di Cristo

Ercole

Madonna di Senigallia

Natività

Madonna col Bambino e quattro angeli






 





 
Arte in Toscana
             
 
Piero della Francesca, San Ludovico di Tolosa, c. 1460, affresco, 130 x 80 cm, Museo Civico, Sansepolcro
 
       
   

Piero della Francesca | San Ludovico di Tolosa, 1460

   
   
San Ludovico di Tolosa è un affresco staccato (123x90 cm) di Piero della Francesca, datato al 1460 e conservato oggi nel Museo Civico di Sansepolcro.


Storia

L'opera proviene dall'antico Palazzo Pretorio di Sansepolcro ed è solo parzialmente conservata. Venne staccata nella seconda metà del XIX secolo e da allora conservata nel Museo Civico. [1]

Fino allo stacco esisteva un'iscrizione latina che ricordava il nome del committente, Ludovico Acciaioli, e la data 1460, in occasione del ripristino nel borgo della carica di gonfaloniere di giustizia.

Il cattivo stato di conservazione ha talvolta fatto propendere per attribuzioni alla cerchia di Piero, come Roberto Longhi che indicò il nome di Lorentino d'Arezzo, ma i recenti restauri del 1998 hanno permesso di riscoprire le qualità nell resa volumetrica e nella stesura del colore che hanno fatto propendere per l'autografia del maestro.

La posa della figura, come è stato più volte osservato, è speculare a quella del San Ludovico dipinto da Piero nel ciclo di Arezzo in quello stesso torno di tempo: è possibile che il maestro abbia adattato lo stesso cartone, com’è testimoniato che egli fece in altri casi, e forse una parola definitiva a questo riguardo potrà dircela l’attuale restauro.[1]


Descrizione e stile


   
San Ludovico di Tolosa è rappresentato tradizionalmente con fattezze giovanili e con il pesante piviale vescovile sopra il saio francescano, con modi che dimostrano una certa conoscenza dell'analoga scultura di San Ludovico di Donatello.

Il pivale è decorato lungo il bordo da figure di santi ricamate, che ricordano l'analoga decorazione della veste del Sant'Agostino di Lisbona. In testa il santo indossa una mitria bianca con fregi dorati ed impugna nella mano destra un pastorale, mentre nella sinistra ha un libro. La figura scarta leggermente verso destra e guarda vagamente fuori dal dipinto.

Alcune soluzioni prospettiche fanno pensare a una visione ottimizzata dal basso, facendo ipotizzare una collocazione originale rialzata.

Dopo il distacco (1846), che fu eseguito con mezzi assolutamente di fortuna ma che per lo meno ha salvato parte dell’opera già condannata alla distruzione totale, le condizioni dell’affresco sono andate sempre più deteriorandosi: oggi i colori, che in origine dovevano esser brillanti e presentare un mobile gioco chiaroscurale, sono completamente ottusi e la superficie presenta anche estese ridipinture. Questa situazione ha forse contribuito al giudizio negativo sull’autografia pierfrancescana prevalente nella critica a partire dalla famosa monografia di Roberto Longhi (1927), che per primo avvicinò l’opera ai modi di uno dei più noti allievi e collaboratori di Piero, Lorentino d’Arezzo, una posizione che ha goduto di numerosi ed autorevoli consensi sino a tempi più recenti. Nonostante il restauro dei primi anni cinquanta curato dalla Soprintendenza fiorentina (G. Rosi), che ha posto rimedio ai più evidenti dissesti, il giudizio in merito all’esecuzione appare a tutt’oggi assai difficile da formulare: siamo comunque certi di poter affermare che l’idea compositiva è senza alcun dubbio da attribuirsi a Piero della Francesca, che sicuramente approntò il cartone, in un momento importante della sua carriera, di poco successivo al rientro dalla città pontificia ed assai prossimo alla fase terminale dei lavori al ciclo della Vera Croce nella cappella maggiore della chiesa di San Francesco ad Arezzo.
 
Piero della Francesca, San Ludovico di Tolosa, c. 1460, affresco, 130 x 80 cm, Museo Civico, Sansepolcro
   
   
 
   
Piero della Francesca (Sansepolcro, 1416-1417 circa – Sansepolcro, 12 ottobre 1492)


   

Tra le personalità più emblematiche del Rinascimento italiano, fu un esponente della seconda generazione di pittori-umanisti. Le sue opere sono mirabilmente sospese tra arte, geometria e un complesso sistema di lettura a più livelli, dove confluiscono complesse questioni teologiche, filosofiche e d'attualità. Riuscì ad armonizzare, nella vita quanto nelle opere, i valori intellettuali e spirituali del suo tempo, condensando molteplici influssi e mediando tra tradizione e modernità, tra religiosità e nuove affermazioni dell'Umanesimo, tra razionalità ed estetica.

Nacque presumibilmente nel 1416 a Borgo San Sepolcro. Si formò a Firenze insieme a Domenico Veneziano con il quale collaborò per gli affreschi perduti del coro di S. Egidio a Firenze. Le prime opere, collocabili anteriormente al 1450, ci mostrano il personale carattere dell'artista: struttura prospettica rigorosissima, perfezione dei volumi geometrici, rappresentazione di figure grandiose immerse in un'atmosfera dalla luminosità diffusa, sottile quasi astratta che mantiene i personaggi come sospesi nel tempo.
Nel 1442 Piero ritorna a Borgo Sansepolcro dove fu candidato alle elezioni per la carica di consigliere popolare. Qui, la confraternita della Misericordia, gli commissionò un polittico che doveva essere consegnato entro tre anni, in realtà il pittore ne impiega quindici. Il Polittico della Misericordia è composto da ventitre scomparti alcuni dei quali, come la predella, sono dipinti da aiutanti del pittore. Il senso del volume, la plasticità dei corpi ci mostrano l'influenza donatelliana, mentre la pala posta a coronamento del polittico è di chiara ascendenza masaccesca. Contemporaneamente ai primi pannelli di questo polittico Piero eseguì il Battesimo di Cristo, che oggi si trova a Londra alla National Gallery.
In questo dipinto la trasparenza dell'atmosfera, la chiara luminosità del paesaggio rievocano le opere di Domenico Veneziano e del Beato Angelico, la prospettiva rigorosa il cui perno centrale è costituito dalla figura del Cristo conferisce all'opera un certo equilibrio e quell'armonia che è tipica delle opere pierfracescane.
Intorno al 1451 il pittore si recò a Rimini dove lavorò nel Tempio Malatestiano all'affresco votivo col ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta.
Nel 1452, alla morte di Bicci di Lorenzo, Piero fu chiamato dalla famiglia Bacci per proseguire la decorazione ad affresco del coro di S. Francesco ad Arezzo rappresentante la Leggenda della vera Croce. Le scene sono rappresentate su tre registri; le monumentali figure rappresentate, appaiono come statue costituite da forne geometriche pure sulle quali i panneggi formano giochi raffinati, mentre i volti non tradiscono emozioni particolari; si vedano i dipinti rappresentanti l'Adorazione del sacro legno e l'Incontro di Salomone con la regina di Saba. Nel brano che rappresenta la Battaglia di Eraclio e Cosroe il maestro è affiancato da allievi, la composizione si fa più schematica; nel Sogno di Costantino invece il bagliore che accende la scena rivela l'eccezionale sensibilità luministica del maestro.
Tra le opere più importanti del pittore c'è la tavoletta rappresentante la Flagellazione eseguita negli anni tra il 1455 e il 1460 a Urbino. La composizione è divisa in due scene mediante una colonna, al centro del gruppo di personaggi sulla desctra figura Oddantonio da Montefeltro, fratellastro di Federico, che fu assassinato durante una congiura, mentre la scena sulla sinistra, rappresentante la Flagellazione, potrebbe essere un'allusione al martirio subito dal giovane principe.
Sempre dello stesso periodo è la tavola che fa da cuspide al polittico di Sant'Antonio delle Monache di Perugia, rappresentante L'Annunciazione. In questi anni si intensificarono i rapporti con la corte dei Montefeltro per i quali eseguì il Ritratto di Battista Sforza e Federico da Montefeltro. Tra le ultime opere ricordiamo la Madonna di Senigallia del 1470 e la Sacra conversazione di Brera del 1472-74.
Una malattia agli occhi costrinse il maestro a ritirarsi dalla sua attività e ad applicarsi negli studi della prospettiva che lo portarono a scrivere il De prospectiva pingendi nel quale insegna ai pittori e segreti della prospettiva e il libretto De quinque corporibus regularibus.


 

San Ludovico dipinto da Piero nel ciclo di Arezzo
Piero della Francesca, Verifica della Croce (dettaglio), c. 1460, fresco, 356 x 747 cm, Basilica di San Francesco, Arezzo



Piero della Francesca | Opere


Lista di opere (dipinti su tavola e affreschi) in ordine cronologico
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* Madonna col Bambino, 1440 circa, tempera su tavola, 53x41 cm, collezione privata, Italia
* Polittico della Misericordia, 1444-1465, tecnica mista su tavola, 273x330 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Battesimo di Cristo, 1440-1460 (datazione incerta), tempera su tavola, 167x116 cm, National Gallery, Londra
* San Girolamo penitente, 1450, tempera su tavola, 51x38 cm, Gemäldegalerie, Berlino
* San Girolamo e il donatore Girolamo Amadi, 1450 circa, tempera su tavola, 49x42 cm, Gallerie dell'Accademia, Venezia
* Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a san Sigismondo, 1451, affresco, 257x345 cm, Tempio Malatestiano, Rimini
* Ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta, 1451-1460, tecnica mista su tavola, 44,5x34,5 cm, Louvre, Parigi
* Storie della Vera Croce, 1452-1466, affreschi, Basilica di San Francesco, Arezzo
       Morte di Adamo, 390x747 cm
       Adorazione del sacro legno e incontro di Salomone con la Regina di Saba, 336x747 cm
       Sollevamento del legno della Croce (esecuzione di Giovanni da Piamonte), 356x190 cm
       Annunciazione, 329x193 cm
       Vittoria di Costantino su Massenzio, 322x764 cm
       Tortura dell'ebreo (con Giovanni da Piamonte), 356x193 cm
       Ritrovamento e verifica della vera Croce, 356x747 cm
       Battaglia di Eraclio e Cosroè, 329x747 cm
       Eraclio riporta la Vera Croce a Gerusalemme, 390x747 cm
       Profeta Ezechiele (esecuzione di Giovanni da Piamonte), base 193 cm
       Profeta Geremia, 245x165 cm
       Angelo, frammento, base 70 cm
       Cupido, base 70 cm
* Polittico di Sant'Agostino, 1454-1469, tecnica mista su tavola, smembrato e parzialmente disperso
       Sant'Agostino, 133x60 cm, Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbona
       San Michele Arcangelo, 133x59,5 cm, National Gallery, Londra
       San Giovanni Evangelista, 131,5x57,8 cm, Frick Collection, New York
       San Nicola da Tolentino, 136x59 cm, Museo Poldi Pezzoli, Milano
       Santa Monica, 39x28 cm, Frick Collection, New York
       Santo agostiniano, 39x28 cm, Frick Collection, New York
       Sant'Apollonia, 39x28 cm, National Gallery of Art, Washington
       Crocifissione, 37,50x41 cm, Frick Collection, New York
* San Giuliano, 1454-1458, affresco frammentario staccato, 130x80 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Maria Maddalena, 1460-1466, affresco, 190x105 cm, Duomo, Arezzo
* Madonna del parto, 1455-1465, affresco staccato, 260x203 cm, Museo della Madonna del Parto, Monterchi
* Resurrezione, 1450-1463, affresco, 225x200 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* San Ludovico di Tolosa, 1460, affresco frammentario staccato, 123x90 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Polittico di Sant'Antonio, 1460-1470, tecnica mista su tavola, 338x230 cm, Galleria nazionale dell'Umbria, Perugia
* Doppio ritratto dei Duchi di Urbino, sul verso Trionfo di Federico da Montefeltro e di Battista Sforza, 1465-1472 circa, olio su tavola, 47x33 cm ciascun pannello, Uffizi, Firenze
* Pala di Brera, 1469-1474, tecnica mista su tavola, 248x170 cm, Pinacoteca di Brera, Milano
* Flagellazione di Cristo, 1470 circa, tecnica mista su tavola, 58,4x81,5 cm, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino
* Ercole, 1470 circa, affresco staccato, 151x126 cm, Isabella Stewart-Gardner Museum, Boston
* Madonna di Senigallia, 1470-1485, olio su carta riportata su tavola, 61x53,5 cm, Galleria nazionale delle Marche, Urbino
* Natività, 1470-1485, olio su tavola, 124x123 cm, National Gallery, Londra
* Madonna col Bambino e quattro angeli, 1475-1482, tecnica mista su tavola, 107,8x78,4 cm, Clark Art Institute, Williamstown (Massachusetts)

[1] Il 29 giugno del 1440, sulla grande piana che divide Sansepolcro da Anghiari, le truppe del duca di Milano Filippo Maria Visconti, guidate dal famoso condottiero Niccolò Piccinino, subirono una cocente sconfitta ad opera dell’esercito pontificio alleato con i fiorentini. Sottratta alle mire espansionistiche viscontee, Borgo San Sepolcro passò così sotto il controllo della chiesa: ma a poco meno d’un anno di distanza da questo evento, nel febbraio del 1441, papa Eugenio IV cedette la città ai fiorentini in cambio d’una cospicua somma, per far fronte ai debiti che aveva contratti con la Repubblica al tempo del grande Concilio delle due chiese che si era svolto nella città toscana due anni prima. Il 28 febbraio di quell’anno Niccolò Valori, primo commissario fiorentino, prese possesso della città, dettandovi poco dopo gli Statuti e promuovendo un completo riordinamento delle magistrature. Da quel momento in poi, succedendosi con cadenza semestrale, i commissari provenienti da Firenze avrebbero ricoperto la più alta delle cariche cittadine.

Questa premessa è importante per capire la genesi, circa vent’anni dopo questi fatti, dell’affresco di Piero della Francesca rappresentante San Ludovico di Tolosa. L’affresco ci si presenta oggi, oltre che in precarie condizioni conservative, gravemente menomato: il danno risale al momento in cui, nel 1846, venne malamente distaccato dalla parete originaria su cui era stato dipinto, all’interno del Palazzo del Capitano (detto anche Palazzo Pretorio), che in quegli anni di culto appassionato per il Medioevo stava subendo una serie di interventi di radicale risanamento e riadattamento, che ne alterarono però per sempre la pristina fisionomia, impedendoci anche di conoscere con precisione dove fosse in origine collocata l’opera di Piero. Qualche anno prima dello stacco Francesco Gherardi Dragomanni, benemerito erudito biturgense, poté però leggere e trascrivere per intero l’iscrizione che si trovava ai piedi della figura del Santo, e che con ogni probabilità faceva parte integrante dell’opera concepita dal maestro di Sansepolcro. Così essa recitava nell’originale latino: "Tempore regiminis nobilis et generosi viri Lodovici Acciaroli pro magnifico et excelso populo florentino rectoris dignissimi capitanei ac primi vexilliferi iustitiae, populi aere Burgi anno MCCCCLX", che potrebbe esser così resa in italiano: "Al tempo del commissariato del nobile e generoso Lodovico Acciaioli, degnissimo capitano rettore per il magnifico ed eccelso popolo fiorentino e primo gonfaloniere di giustizia, nell’anno 1460 a spese del popolo di Borgo".

La perduta iscrizione è dunque essenziale per la comprensione della genesi dell’affresco, che ci si palesa subito come opera nella quale al valore religioso si assomma un profondo significato civico, com’anche del resto per la vicina Resurrezione del Palazzo Comunale. E’ evidente che i borghigiani, facendo raffigurare dal più importante pittore locale su una parete del palazzo di residenza del commissario fiorentino la figura del suo santo patrono, scelsero una maniera assai discreta di onorare Lodovico di Odoardo Acciaioli, in carica dal 3 luglio del 1460 al 3 gennaio del 1461, che era riuscito ad ottenere per la città il ripristino della carica di gonfaloniere di giustizia che era stato poi il primo a ricoprire, come ricordava anche l’iscrizione. Si conserva di ciò anche qualche altra esile traccia documentaria: infatti il 30 ottobre del 1460 i verbali cittadini fanno riferimento a questa nuova magistratura e a Ludovico Acciaioli come primo occupante dell’ufficio (Archivio Comunale di Sansepolcro, serie II, Deliberazioni, reg. n. 5, cc. 5-6). E’ assai interessante osservare, come ha già fatto Ronald Lightbown (1992), che proprio in quello stesso giorno Piero della Francesca entrò in carica come membro del ristretto consiglio dei Dodici Buonomini: come allora non pensare che il maestro abbia avuto una parte di rilievo nella decisione di onorare l’Acciaioli proprio in quella particolare forma, in pratica assegnandosi da solo la commissione dell’opera?

La perduta iscrizione fu con ogni probabilità composta dal cancelliere di quell’anno, messer Niccolò di Pier Paolo Lucarini, come prova anche la corrispondenza tra il suo dettato e quello dei verbali cittadini. Tutto questo, oltre a chiarirci l’occasione della commissione e quindi il fondamentale valore civico dell’affresco, fornisce anche un preciso ambito cronologico per l’esecuzione - caso assai raro per le opere di Piero - che deve esser perciò avvenuta tra i primi di novembre e la fine di dicembre del 1460, poco prima che scadesse il mandato dell’Acciaioli.

Piero della Francesca, che vent’anni prima - sul principio del dominio fiorentino - era da poco rientrato in città dall’apprendistato con Domenico Veneziano nel capoluogo toscano (dove aveva assistito ai risvolti più mondani del Concilio delle due chiese ricavandone un’indelebile impressione), era nel 1460 ormai uno dei membri più stimati della comunità biturgense: godeva già delle più prestigiose commissioni cittadine (Polittico della Misericordia, Polittico degli Agostiniani), aveva viaggiato nell’Italia settentrionale e realizzato opere per i raffinati signori delle corti padane (Este a Ferrara, Malatesta a Rimini) ed era da poco rientrato da Roma, dove era stato invitato dal coltissimo Pio II Piccolomini per dipingere a fresco alcune stanze negli appartamenti papali.

Il Santo è rappresentato nell’affresco in dimensioni quasi naturali. E’ un giovane, che indossa il saio francescano sotto il bel piviale vescovile, fermato al collo da un ricco bottone, e una mitria bianca con fregi dorati e gioie, che ricorda quella del Sant’Agostino oggi a Lisbona; impugna con la destra il pastorale e regge con la sinistra un libro, rappresentato in modo tale da far pensare che l’immagine andasse apprezzata da un punto di vista un po’ ribassato. La figura è girata leggermente verso destra e fissa intensamente un punto al di fuori del quadro: probabilmente la direzione dello sguardo è anch’essa in relazione con l’ubicazione originale dell’opera, che appare intensamente illuminata da sinistra. La posa della figura, come è stato più volte osservato, è speculare a quella del San Ludovico dipinto da Piero nel ciclo di Arezzo in quello stesso torno di tempo: è possibile che il maestro abbia adattato lo stesso cartone, com’è testimoniato che egli fece in altri casi, e forse una parola definitiva a questo riguardo potrà dircela l’attuale restauro. L’imponente immagine è posta di fronte ad una finta nicchia con modanature classiche in pietra serena di color bruno pallido ornata sul fondo da specchiature in marmi pregiati, porfido rosso a sinistra e serpentino verde a destra: l’affresco, come sappiamo da alcuni documenti relativi al distacco, si trovava in origine all’interno di un’edicola rettangolare poco profonda, e quindi l’effetto illusivo doveva essere stato scientemente ricercato dall’artista, un’ennesima prova del suo magistero nella resa degli spazi. La centinatura attuale potrebbe anche alludere alla forma originaria, ma purtroppo non abbiamo elementi sicuri per dire come si presentasse l’opera nel suo insieme.

Le fonti antiche sono tutte concordi nell’assegnare l’affresco al maestro di Sansepolcro: ad esempio Pietro Farulli al principio del Settecento ricordava con orgoglio che " nel Palazzo dei Signori [Piero] dipinse una Resurrezione, e in quello del Commissario un San Ludovico, che sono le più pregiate opere ch’abbi fatto" (Annali e memorie dell’antica e nobile città di S. Sepolcro, Foligno 1713, p. 77).

Dopo il distacco (1846), che fu eseguito con mezzi assolutamente di fortuna ma che per lo meno ha salvato parte dell’opera già condannata alla distruzione totale, le condizioni dell’affresco sono andate sempre più deteriorandosi: oggi i colori, che in origine dovevano esser brillanti e presentare un mobile gioco chiaroscurale, sono completamente ottusi e la superficie presenta anche estese ridipinture. Questa situazione ha forse contribuito al giudizio negativo sull’autografia pierfrancescana prevalente nella critica a partire dalla famosa monografia di Roberto Longhi (1927), che per primo avvicinò l’opera ai modi di uno dei più noti allievi e collaboratori di Piero, Lorentino d’Arezzo, una posizione che ha goduto di numerosi ed autorevoli consensi sino a tempi più recenti. Nonostante il restauro dei primi anni cinquanta curato dalla Soprintendenza fiorentina (G. Rosi), che ha posto rimedio ai più evidenti dissesti, il giudizio in merito all’esecuzione appare a tutt’oggi assai difficile da formulare: siamo comunque certi di poter affermare che l’idea compositiva è senza alcun dubbio da attribuirsi a Piero della Francesca, che sicuramente approntò il cartone, in un momento importante della sua carriera, di poco successivo al rientro dalla città pontificia ed assai prossimo alla fase terminale dei lavori al ciclo della Vera Croce nella cappella maggiore della chiesa di San Francesco ad Arezzo. [ANNOTAZIONI STORICO ARTISTICHE di Davide Gasparotto (Fondazione Piero della Francesca) | www.pierodellafrancesca.it/sludovico1]
[2] La leggenda di San Lodovico |
Una antica tradizione, che risale ai primi del quattordicesimo secolo, narra che un giorno passarono da Serravalle Pistoiese un uomo ed un bambino. Essi si fermarono al castello a chiedere la carità, e, dato che furono accolti gentilmente ed ospitati generosamente, il bambino promise che si sarebbe ricordato della ospitalità dei Serravallini. Il bambino in realtà altri non era che Lodovico d'Angiò, figlio dei Re di Francia ed erede al trono, che poi invece sarebbe divenuto Vescovo e quindi Santo, e secondo la leggenda egli tenne fede a questa promessa salvando, molti anni dopo, Serravalle dal saccheggio. Nel 1306 infatti accadde che i Lucchesi, che ritornavano a casa dopo aver partecipato, insieme ai Fiorentini, all'occupazione ed al saccheggio di Pistoia, decidessero di saccheggiare anche Serravalle, rea ai loro occhi di avere appoggiato Pistoia, ponendo quindi l'assedio al castello che era sulla loro strada. Quando però essi già stavano dando la scalata alle sue mura, sulla sommità degli spalti apparve loro la figura di San Lodovico che, avvolto in una nube risplendente ed armato di una spada fiammeggiante li respingeva, al che presi dal panico essi tolsero precipitosamente l'assedio tornando alla loro città. Da quel momento San Lodovico divenne il Patrono dei Castello di Serravalle e si statuì di celebrarne solennemente la ricorrenza ogni 19 di Agosto. Per capire quanto fosse viva la devozione verso il Santo, basta considerare che una disposizione dei comune prevedeva che tutti i maschi che nascevano nel paese dovevano avere, tra gli altri nomi, anche quello di Lodovico. Le Feste Patronali di San Lodovico sono una tradizione che ha più di sei secoli di vita alle spalle e che è sempre stata osservata con amore, tramandata di generazione in generazione come un dovere sentito da tutti i Serravallini.


Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Piero della Francesca

Art in Tuscany | Giorgio Vasari's Lives of the Artists | Piero della Francesca

Attilio Brilli, Borgo San Sepolcro. Viaggio nella città di Piero, Città di Castello, Tibergraph Editrice, 1988.

Luca Madrignani (21-10-2007). Insurrezione e lotta armata a Sansepolcro. Patria Indipendente: pp. 25-27

Museo Civico di Sansepolcro | Il museo è ospitato nell'antico palazzo della Residenza dei conservatori, sede del comune fino agli anni sessanta. L'edificio attuale è il risultato di una serie di modifiche architettoniche cominciate da Galeotto Malatesta, signore di Rimini, la cui famiglia governò a Sansepolcro durante il XIV secolo. Nel 1850 furono raccolte nel palazzo varie opere provenienti dal territorio circostante e nel 1892 vi fu trasferito, dalla chiesa dell'ospedale della Misericordia l'omonimo polittico dipinto da Piero della Francesca. Il fulcro del museo è la sala dove Piero ha dipinto la Resurrezione, emblema e simbolo della città. L'allestimento risale al 1975 quando fu necessario un completo riordino del museo in tutti gli ambienti disponibili. Ulteriori modifiche fatte negli anni ottanta e novanta hanno portato all'attuale sistemazione. Nel Museo, oltre a quelle dedicate a Piero della Francesca, sono visitabili altre 15 sale con opere che vanno dal XIV al XVII secolo, oltre al tesoro della cattedrale e una sezione archeologica nei saloni seminterrati.
Museo Civico, Via Niccolò Aggiunti, 65, 52037 Sansepolcro Arezzo | www.museocivicosansepolcro.it

Birgit Laskowski, Piero della Francesca, collana Maestri dell'arte italiana, Gribaudo, Milano 2007. ISBN 978-3-8331-3757-0


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Sansepolcro
Lucca, anfiteatro
Loggia del Bigallo, Firenze
         
The façade and the bell tower of
San Marco a Firenze
Piazza della Santissima Annunziata
a Firenze
Firenze, Duomo
         

Le Opere di Piero della Francesca | Itinerario Sansepolcro Monterchi Arezzo

 

   

Piero Della Francescaè sicuramente uno dei più grandi artisti di tutti i tempi, nato nel 1416 a Sansepolcro, in questa zona ha lasciato stupende testimonianze della sua attività artistica. L’itinerario alla scoperta delle opere di Piero della Francesca, nella provincia di Arezzo, si snoda tra la Valtiberina, toccando le località di Sansepolcro e Monterchi, borgo natìo della madre Monna Romana, e la città di Arezzo.
L'Alta valle del Tevere, o Valtiberina, è il lembo più orientale della Toscana e trae il nome dal fiume che l'attraversa in tutta la sua lunghezza, fino al confine con l'Umbria. La Valtiberina fu confine e insieme punto d'incontro tra civiltà diverse, l'umbra e l'etrusca, la bizantina e la longobarda. Piero della Francesca, già nel natio Borgo San Sepolcro, intuì il segreto dello spazio e della luce e lo tradusse in pittura.
Il Museo Civico di Sansepolcro, città natale dell’artista, ospita quattro opere, il Polittico della Misericordia, la Resurrezione, il San Giuliano e il San Ludovico.
Lasciata Sansepolcro l’itinerario continua a Monterchi, nella Val Cerfone. Per questo borgo, adagiato su una collina al confine con l’Umbria, Piero della Francesca realizzò lo straordinario affresco della Madonna del Parto per l’antica chiesa di Santa Maria a Momentana.
L’itinerario nella terra di Piero prosegue e termina in Arezzo. Splendida città posta su una collina nella Toscana orientale a ridosso dell’Appennino Tosco-Romagnolo, fu una delle maggiori città etrusche e successivamente una strategica città romana. Piero della Francesca lasciò in questa città una delle più alte testimonianze pittoriche dell’arte del Rinascimento. La Basilica di San Francesco ospita nella cappella Bacci il ciclo affrescato della Leggenda della Vera Croce, il capolavoro che l’artista eseguì per la chiesa francescana tra il 1452 e il 1466 circa e nel Duomo di Arezzo, in fondo alla navata sinistra, è collocato l’affresco raffigurante la Maddalena.

Sansepolcro

* Polittico della Misericordia, Museo Civico
* Resurrezione, Museo Civico
* San Giuliano, Museo Civico
* San Ludovico, Museo Civico

La cittadina di Sansepolcro, sviluppatasi intorno alla grande abbazia benedettina ha conservato quasi inalterato l'assetto urbanistico medioevale e si è, nei secoli, arricchita di pregevoli edifici rinascimentali e barocchi. Città natale di Piero della Francesca, conserva nel Museo Civico la memoria del maestro biturgense. Opere come la Resurrezione, complessa e simbolica, il Polittico della Misericordia, San Giuliano e San Ludovico testimoniano il genio dell'artista del primo rinascimento. Nella Cattedrale di notevole interesse è il "Volto Santo", crocifisso ligneo di epoca carolingia, il Polittico di Francesco di Segna e la tavola raffigurante l'Ascensione del Perugino. Accanto alla Cattedrale vi è il Palazzo delle Laudi, di forme manieristiche, oggi sede del Comune. Altre testimonianze artistiche della città sono visibili attraversando il suo centro storico: Chiesa di Santa Maria delle Grazie, Chiesa di San Francesco. Da non perdere una visita alla Chiesa di San Lorenzo che ospita una tavola del Rosso Fiorentino raffigurante la Deposizione. Cuore del centro storico è la piazza Torre di Berta, nella quale, la seconda domenica di settembre si svolge il tradizionale Palio della Balestra - i costumi indossati dai figuranti sono ispirati ai dipinti di Piero della Francesca.

Monterchi

* Madonna del Parto, Museo Madonna del Parto

Il borgo medievale sorse su un luogo sacro per gli antichi romani, dedicato al culto di Ercole.
Incastonato tra due piccole valli, disegnate da colline rivestite di lecci, la Val Padonchia e la Val Cerfone, Monterchi rappresenta una tappa d’obbligo lungo il “sentiero dell’arte” pierfrancescana. Borgo natale della madre di Piero della Francesca, ospita, nel centro storico in un piccolo museo a Lei dedicato, il celebre affresco della Madonna del Parto, straordinario affresco nel quale l’artista ritrae la splendida figura della Vergine in stato di attesa.

Arezzo

* Leggenda della Vera Croce, Cappella Bacci, Basilica di San Francesco
* Santa Maria Maddalena, Duomo

Arezzo sorge su una collina nella Toscana orientale a ridosso dell'Appennino Tosco-Romagnolo. Come testimonia l'architettura stessa della città, vanta un'origine antichissima che l'ha vista essere una delle maggiori città etrusche e successivamente una strategica città romana. La parte più elevata della città conserva uno spiccato aspetto medievale, dominata dalla Cattedrale e dalla Fortezza Medicea. La Cattedrale, che presenta nel suo aspetto tratti gotici, custodisce pregevoli opere d'arte tra le quali la Maddalena di Piero della Francesca e le vetrate istoriate di Guillaume de Marcillat. Al centro della città Piazza Grande dispiega una vera antologia di stili architettonici. Accanto alle torri medievali, si ergono l'imponente Loggiato Vasariano, una delle più interessanti opere architettoniche rinascimentali; il Palazzo della Fraternita dei Laici, bell'esempio di sintesi di architettura gotica e rinascimentale e l'abside della Pieve di Santa Maria. Piazza Grande, il penultimo sabato di giugno e la prima domenica di settembre, diventa lo scenario della Giostra del Saracino, torneo cavalleresco di origini medioevali. La stessa piazza e gran parte del centro storico ospitano, ogni prima domenica del mese ed il sabato precedente, la Fiera Antiquaria. La cappella Bacci nella Basilica di San Francesco accoglie lo straordinario ciclo di affreschi della Leggenda della Vera Croce di Piero della Francesca, una delle più alte testimonianze della pittura rinascimentale italiana. Nella Basilica di San Domenico, semplice costruzione a navata unica, si conserva la croce dipinta di Cimabue, opera giovanile dell'artista. Molte altre chiese e palazzi testimoniano con la loro bellezza e la loro originalità stilistica la civiltà aretina e la sua importanza nelle varie epoche storiche. Ricordiamo tra queste la Badia delle Sante Flora e Lucilla, la Chiesa della Santissima Annunziata, edifici come Palazzo Pretorio e Palazzo dei Priori, e a qualche minuto fuori le mura della città, la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, la Pieve romanica di Sant'Eugenia al Bagnoro. I musei della città offrono ai visitatori la possibilità di ammirare una varietà di beni di inestimabile valore artistico: il Museo Archeologico Gaio Cilnio Mecenate, il Museo Statale d'Arte Medioevale e Moderna, il Museo e Casa Vasari, la Casa Museo Ivan Bruschi.

Itinerario

L'itinerario alla scoperta delle opere di Piero della Francesca, nella provincia di Arezzo, si snoda tra la Valtiberina, toccando le località di Sansepolcro e Monterchi, borgo natìo della madre Monna Romana, e la città di Arezzo.
L'Alta valle del Tevere, o Valtiberina, è il lembo più orientale della Toscana e trae il nome dal fiume che l'attraversa in tutta la sua lunghezza, fino al confine con l'Umbria. La Valtiberina fu confine e insieme punto d'incontro tra civiltà diverse, l'umbra e l'etrusca, la bizantina e la longobarda. Piero della Francesca, già nel natio Borgo San Sepolcro, intuì il segreto dello spazio e della luce e lo tradusse in pittura.
Il Museo Civico di Sansepolcro, città natale dell'artista, ospita quattro opere, il Polittico della Misericordia, la Resurrezione, il San Giuliano e il San Ludovico.

Lasciata Sansepolcro l'itinerario continua a Monterchi, nella Val Cerfone. Per questo borgo, adagiato su una collina al confine con l'Umbria, Piero della Francesca realizzò lo straordinario affresco della Madonna del Parto per l'antica chiesa di Santa Maria a Momentana.

L'itinerario nella terra di Piero prosegue e termina in Arezzo. Splendida città posta su una collina nella Toscana orientale a ridosso dell'Appennino Tosco-Romagnolo, fu una delle maggiori città etrusche e successivamente una strategica città romana. Piero della Francesca lasciò in questa città una delle più alte testimonianze pittoriche dell'arte del Rinascimento. La Basilica di San Francesco ospita nella cappella Bacci il ciclo affrescato della Leggenda della Vera Croce, il capolavoro che l'artista eseguì per la chiesa francescana tra il 1452 e il 1466 circa e nel Duomo di Arezzo, in fondo alla navata sinistra, è collocato l'affresco raffigurante la Maddalena.

Mostra Piero della Francesca e le corti italiane

La mostra si estende ad un vero e proprio itinerario nel territorio che permetterà di conoscere le testimonianze dell’arte di Piero conservate nella Cappella Bacci della chiesa di San Francesco ad Arezzo, nel Duomo di Arezzo, nel Museo Madonna del Parto di Monterchi e nel Museo Civico di Sansepolcro.
Piero della Francesca e le corti italiane rappresenta un affascinante viaggio che, partendo dai luoghi d'origine dell'artista, accompagnerà il visitatore tra le corti del Rinascimento, ricostruendone clima, cultura, protagonisti, scambi e incontri, attraverso la figura del maestro e gli echi della sua arte.

Dalla casa a Sansepolcro alla corte dei Baglioni a Perugia, come collaboratore di Domenico Veneziano; dal soggiorno nella Firenze di Cosimo il Vecchio con la visione della corte bizantina, alla permanenza presso la corte estense di Ferrara, con la sua influenza su artisti coevi come i Lendinara e i maestri dello studio di Belfiore; dall'arrivo a Rimini alla corte dei Malatesta, al contatto diretto con Roma dove soggiorna tra il 1458-59 lavorando per Pio II in Vaticano. Il viaggio di Piero prosegue alla volta di Urbino, presso la corte dei Montefeltro, dove si dedica alla scrittura del trattato sulla prospettiva ed il cui passaggio lascerà riflessi nell'opera di Giovanni Santi, in quella del Laurana. Infine presso i della Rovere, ove dipinge la splendida Madonna di Senigallia.

Un artista itinerante Piero della Francesca; la Mostra ne ricostruisce quindi il viaggio grazie ad opere straordinarie come il Ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta, il San Girolamo con Girolamo Amadi, il Dittico dei duchi d'Urbino, la Madonna di Senigallia, e a dipinti e tavole di artisti a lui coevi come Pisanello, Rogier van der Weyden, Domenico Veneziano, Fra Carnevale, Luca Signorelli.
Arezzo offre inoltre la possibilità di ammirare, nel Duomo e nella Basilica di San Francesco, altri celebri capolavori dell'artista come la Maria Maddalena e il ciclo della Leggenda della Vera Croce.

Piero della Francesca sentiva un profondo e intenso legame con le sue terre, ove tornò più volte lasciando alcuni dei suoi più importanti capolavori. Dopo Arezzo l'itinerario si dipana quindi nella valle superiore del Tevere, a Sansepolcro ed a Monterchi, il primo, borgo natale del Maestro che custodisce il Polittico della Misericordia, la Resurrezione, il San Giuliano e il San Ludovico, il secondo, piccolo centro che serba un altro straordinario affresco di Piero della Francesca, la Madonna del Parto.

Colori e ritmi delle terre di Arezzo rivivono nelle opere del maestro e solo in questi luoghi possono essere pienamente comprese.

[Fonte: www.mostrapierodellafrancesca.it]


 

Madonna del parto, Museo Madonna del Parto a Monterchi


Madonna del parto (dettaglio), Museo Madonna del Parto a Monterchi


Piero della Francesca, Resurrezione (dettaglio), Museo Civico, Sansepolcro
Nella figura del guardiano dormiente con la testa appoggiata al bordo del sarcofago si è voluto riconoscere tradizionalmente, il ritratto di Piero.

Cappella Maggiore di San Francesco ad Arezzo, Piero della Francesca, Storie della Vera Croce: Battaglia di Eraclio e Cosroe, c. 1466, affresco, 329 x 747 cm, Ubicazione basilica di San Francesco, Arezzo

Santa Maria Maddalena, Duomo, Arezzo

 

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