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Hendrick Goltzius, Ritratto di Giambologna (particolare), 1591, Teylers Museum, Haarlem
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Giambologna

   
   

Giambologna, pseudonimo di Jean de Boulogne (Douai, 1529 – Firenze, 1608), è stato uno scultore fiammingo attivo in Italia, in particolare a Firenze.

Gli esordi

Nato a Douai, nelle Fiandre (oggi in Francia), nel 1529, svolse il suo apprendistato presso la bottega dello scultore Jean Dubroeucq, con il quale collaborò all'esecuzione della cantoria nella collegiata di Santa Waudrau a Mons (oggi in Belgio).
Questa prima fase dell'educazione artistica dello scultore era forse poco nota anche ai suoi principali biografi, Raffaello Borghini e Filippo Baldinucci, i quali attribuirono maggiore importanza al soggiorno di Giambologna a Roma, dove egli arrivò nel 1550 per studiare le statue antiche nelle collezioni private e le opere dei moderni, in particolare quelle di Michelangelo.

Secondo quanto riportato, l'artista vi rimase solo un paio d'anni, trascorsi in larga parte a esercitarsi realizzando numerosi modelli di terra e di cera; uno di questi sarebbe stato sottoposto proprio al giudizio di Michelangelo, il quale però oltre a non mostrare il suo apprezzamento, mortificò il giovane scultore fiammingo riplasmandone le forme.
Questo aneddoto, vero o presunto che sia, non è da considerarsi totalmente privo di fondamento perché oltre a rivelare un'abitudine ricorrente nella produzione del Giambologna fin dai suoi esordi (l'abbozzatura di modelli anziché la più diffusa pratica del disegno nella progettazione delle opere) mette in evidenza quella che sarà una componente essenziale nello sviluppo del suo linguaggio, ossia il rapporto con il grande maestro fiorentino.
Egli forse non conobbe mai di persona Michelangelo, ma la sua arte lo impressionò a tal punto da spingerlo all'emulazione e in seguito al superamento dei suoi modelli; egli costituì sempre il termine di confronto con cui misurarsi e senza limitarsi alla passiva imitazione di schemi predefiniti.
Nelle sue opere vi è una forte la propensione alla tensione dinamica delle figure di chiara ispirazione michelangiolesca, ma Giambologna divenne il più importante scultore manierista a Firenze per l'originalità della sua produzione, fatta di statue di marmo e bronzi di grandi e piccole dimensioni, che seppero conquistare il gusto e l'apprezzamento di committenti esigenti, come erano quelli raccolti intorno alla corte medicea granducale.
 
Hendrick Goltzius, Ritratto di Giambologna, 1591, Teylers Museum, Haarlem
   
   

Il primo periodo fiorentino


 
La statua dell'Appennino del Giambologna (particolare) nel Parco di Pratolino


Nel 1552 Giambologna si trasferì a Firenze, trovando ospitalità e protezione nella casa di Bernardo Vecchietti, uomo colto, raffinato e grande collezionista, per il quale egli eseguì le sue prime opere fiorentine, tra cui una Venere in marmo andata perduta, ma della quale esiste un modellino in bronzo conservato al Museo Nazionale del Bargello, in cui si vede la dea inginocchiata nell'atto di asciugarsi.
L'amicizia con il nobile fiorentino fu decisiva per Giambologna perché fu proprio lui a introdurlo nella corte medicea, presentandolo al futuro granduca Francesco I.
La sua ascesa fu comunque piuttosto lenta perché al momento del suo arrivo in città erano molte le personalità di spicco che si contendevano le committenze granducali; Baccio Bandinelli godeva del favore di Cosimo I e della moglie Eleonora di Toledo e Benvenuto Cellini conobbe il suo momento di massima gloria quando nel 1554 terminò il Perseo con la testa di Medusa, posto sotto le arcate della Loggia della Signoria.
Inizialmente quindi Giambologna dovette accontentarsi di commissioni non di primo piano; nel 1559 scolpì lo stemma mediceo posto sulla scalinata del Palagio di Parte Guelfa, che Giorgio Vasari stava ristrutturando in quel periodo e l'anno successivo realizzò un rilievo in alabastro destinato al principe Francesco, raffigurante l'Allegoria di Francesco I, oggi conservato al Museo del Prado a Madrid.
Al 1560 risale anche il Bacco del Bargello, primo bronzo monumentale dell'artista eseguito per Lattanzio Cortesi e nello stesso anno prese parte al concorso per la Fontana di Nettuno in piazza della Signoria indetto da Cosimo I, poi realizzata da Bartolomeo Ammannati; pur consapevole di avere scarse probabilità di vittoria, Giambologna sapeva che si trattava di un'ottima occasione per mettere in luce le sue capacità e in effetti il suo modello venne giudicato molto positivamente.
A seguito dell'impresa egli ricevette il primo incarico di prestigio da parte di Francesco I, il gruppo in marmo con Sansone e il filisteo, che negli anni settanta venne trasferito nel cortile del Casino di San Marco e posto su una fontana dotata di un piedistallo su cui si trovavano alcune scimmiette in bronzo (una delle quali conservata al Louvre di Parigi). L'opera riprende chiaramente i modelli michelangioleschi per la forte tensione dinamica delle figure in lotta e la pluralità di vedute offerta dalla scultura, ma mostra anche la sua spiccata tendenza al naturalismo, che lo rese molto abile nella rappresentazione di animali, come quelli che si vedono nel verone del Bargello, tra cui si vedono un pavone, un tacchino e un gufo, provenienti dalla grotta della Villa medicea di Castello.
Nel 1563 Giambologna venne chiamato a Bologna per realizzare la figura del dio Nettuno da collocare sulla monumentale fontana di Piazza Nettuno, adiacente a Piazza Maggiore, progettata dall'architetto siciliano Tommaso Laureti e che rientrava nel programma di rinnovamento urbanistico voluto per la città da papa Pio IV e dal suo delegato Pier Donato Cesi. La statua poggia su di un alto basamento che accentua lo slancio e la dinamicità conferita al dio dallo scultore, che lo raffigurò con una mano stesa nell'atto di calmare le acque.
Rientrato a Firenze nel 1565, Giambologna venne incaricato di realizzare una scultura nell'ambito dei preparativi delle nozze tra Francesco I e Giovanna d'Austria, il gruppo raffigurante Firenze vittoriosa su Pisa, poi sistemata nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio e infine trasferita al Museo del Bargello dove si trova ancora oggi. Successivamente fu incaricato di realizzare una statua in bronzo da porsi a coronamento della fontana lasciata incompiuta dal Tribolo, morto nel 1550, nel giardino delle Villa Medicea della Petraia, la cosiddetta Venere-Firenze (1570-71); più o meno negli stessi anni Giambologna completò anche un'altra fontana che il Tribolo non era riuscito a terminare per il Giardino di Boboli, utilizzando un enorme pezzo di marmo dal quale egli ricavò la statua raffigurante Oceano (1572-76), che presenta numerosi punti di contatto con quella del dio Nettuno di Bologna; in seguito egli scolpì anche la piccola Venere per la fontana posta al centro della Grotta del Buontalenti (1575) e l'enorme Appennino per il parco della Villa di Pratolino (entrambe ancora in loco); infine nel 1582 eseguì il piccolo bronzo con Morgante a cavallo di un mostro marino, per la fontana del giardino pensile della Loggia della Signoria.

Museo nazionale del Bargello, via del Proconsolo 4


Statua dell'Appennino, Giambologna, 1579-1580, Parco Mediceo di Pratolino, Vaglia



Il Mercurio volante e i bronzetti



 
Mentre era ancora impegnato nei lavori per la fontana di Piazza Maggiore il delegato papale Cesi richiese a Giambologna una statua da porre nel cortile dell'Archiginnasio, sede dell'antica e prestigiosa università bolognese; egli avrebbe dovuto eseguire un bronzo raffigurante il dio Mercurio con l'indice proteso verso il cielo, simbolo dell'origina divina del sapere, che sarebbe servito da monito per tutti gli studenti.
Il progetto non fu mai portato a compimento, ma Giambologna ne elaborò un modello conservato presso il Museo civico di Bologna, che costituisce solo il primo dei numerosi bronzi con il medesimo soggetto realizzati dall'artista, definito appunto Mercurio volante. Nelle versioni successive lo scultore trasformò Mercurio in una figura molto più dinamica e protesa verso l'alto, come pronta a spiccare il volo, conferendole una libertà di movimento e leggerezza inedite.
Quando tornò a Firenze lo scultore lo propose certamente ai Medici, che entusiasti ne ordinarono subito uno da spedire all'imperatore Massimiliano II d'Asburgo, come dono diplomatico per le trattative ancora in corso delle nozze tra Francesco e Giovanna, sorella del sovrano.
Giambologna replicò con i due bronzetti conservati a Vienna e Dresda e nel 1580 fuse il Mercurio di grandi dimensioni oggi esposto al Bargello, originariamente destinato al loggiato della villa del cardinale Ferdinando dei Medici a coronamento di una fontana posta al centro di un magnifico complesso decorativo; l'unica variante rispetto agli esemplari precedenti è costituita dalla testa di Zefiro posta sotto un piede del dio e dalla quale esce un soffio di vento che lo sospinge verso l'alto, accentuandone il senso di immaterialità. Oltre alla fortunata invenzione del Mercurio volante, Giambologna acquisì immensa fama realizzando numerosi altri bronzetti per i collezionisti fiorentini dell'epoca; il suo primo mecenate, Bernardo Vecchietti doveva sicuramente possederne molti, donatigli in parte dallo scultore in cambio della sua protezione, ma intorno agli anni ottanta del Cinquecento si può dire che non ci fosse collezionista che non ambisse a possedere un'opera di Giambologna, soprattutto quelle di piccolo formato.
Lo sviluppo di questa tendenza a Firenze è in buona parte da ricondurre alle passioni artistiche del granduca Francesco I, che con la creazione di ambienti come lo Studiolo in Palazzo Vecchio e la Tribuna degli Uffizi, fornì nuovi criteri per l'esposizione delle opere, spingendo tutti i collezionisti a imitare la sua straordinaria raccolta.
Nello Studiolo, oltre alle tavole dipinte che decoravano li sportelli degli armadi pieni di ogni genere di cose, vi erano 8 nicchie contenenti figure di divinità in bronzo; Giambologna eseguì quella raffigurante Apollo (1573-75), dalla caratteristica posa serpentinata e stupendamente rifinita. La collocazione della statuetta nella nicchia non costituiva ormai un impedimento alla pluralità di vedute in quanto Giambologna la dotò di una sorta di meccanismo che ne consentiva la rotazione.
Per la Tribuna egli realizzò invece le sei Fatiche di Ercole (1576-1589), piccole sculture in argento non più esistenti (gli originali vennero rifusi per ricavarne il prezioso metallo), ma che ci sono note grazie ad alcuni modelli in bronzo conservati al Bargello.

 


Giambologna, Mercurio, Museo Nazionale del Bargello, Firenze

La scultura esprime chiaramente il nuovo spirito del tardo Rinascimento, quando, alla linearità e all'equilibrio compositivo, si sostituisce una elaborazione dinamica e tormentata della figura.

 


I capolavori della maturità


Loggia della Signoria o dei Lanzi


L'opera di Giambologna più famosa a Firenze resta il cosiddetto Ratto delle Sabine (1583), che ancora oggi si trova sotto le arcate della Loggia della Signoria, nota anche come Loggia dei Lanzi, davanti al gruppo marmoreo di Ercole e il Centauro Nesso (1594-1600), versione in scala monumentale di una delle storie di Ercole eseguita per la Tribuna.

Il cosiddetto Ratto delle Sabine fa parte dell'arredo Granducale della Loggia dell'Orcagna in piazza della Signoria a Firenze.
La statua è alta 4,10 metri (le dimensioni delle sculture crebbero molto dopo che Michelangelo scolpi' il David) e rappresenta un giovane che solleva sopra la sua testa una fanciulla, mentre bloccato fra le gambe del giovane un vecchio si dispera; per questo la statua è anche nota come le tre età dell'uomo.
Nel basamento è inserita una placca bronzea con una scena del ratto, in cui le diverse possibili combinazioni fra le figure vengono ripetute in diverse dimensioni e con diverse profondità del rilievo. La statua fu inserita nella Loggia della Signoria, insieme a numerose altre, tra cui il Perseo con la testa di Medusa di Benvenuto Cellini con l'intento da parte del Granduca di snaturare la funzione originale della Loggia, spazio fondamentale delle funzioni di rappresentanza del governo repubblicano, facendone un museo all'aperto. In quella posizione venne inizialmente collocata la Giuditta in bronzo di Donatello. Il significato simbolico e la storia della statua (la giovane ebrea che decapita il tiranno, sorta di David al femminile, era stata sequestrata dal Comune proprio alla famiglia Medici nel corso di una delle tante cacciate che questi subirono) oltre alle sue ridotte dimensioni, ulteriormente accentuate dall'immensa arcata a a tutto sesto sotto cui si veniva a trovare, ne determinarono lo spostamento sull'Arengo di Palazzo Vecchio e la sostituzione (1583) con una scultura di ben altra mole.
Giambologna realizzò l'opera in competizione tecnica con gli scultori della classicità (di cui si credeva a torto che fossero riusciti a scolpire grandi figure in blocchi unici di marmo). Giambologna realizzò un vero e proprio tour de force tecnico riuscendo a cavare la statua da un sol blocco di marmo, dandole inoltre un andamento estremamente variato, grandi masse e vuoti distribuiti in modo irregolare, ma soprattutto creò la prima statua con punti di vista multipli, invitando lo spettatore a crearsi un percorso a spirale per osservare l'opera da tutte le molteplici angolazioni significative.

Nel Museo dell'Accademia è conservata una copia in gesso. La statua, esposta agli agenti naturali e ai vandali (pochi anni or sono una comitiva di ubriachi la scalò per mettere una bottiglia vuota in mano alla giovinetta, causando notevoli danni) è andata incontro a deterioramento da smog e cancro del marmo, che hanno reso necessario un ciclo di restauri.
La statua è stata quindi sottoposta a restauro nel 2001 e da allora le sue condizioni di conservazione sono state monitorate. Nel 2007 ci si è accorti della risposta non pienamente soddisfacente del marmo rispetto agli agenti atmosferici, nonostante una sostanza protettiva applicata alla statua. Nel 2008 terminerà un ciclo di studi che, secondo il parere quasi unanime dei tecnici[1] potrebbe portare alla musealizzazione dell'opera, il che lascerebbe un grave vuoto nella scenografia di piazza della Signoria; i tecnici sono però riluttanti a provvedere semplicemente alla sostituzione con una copia poiché ciò potrebbe portare in breve allo spopolamento del museo all'aperto della piazza, con la creazione di una sorta di museo virtuale in cui tutte le statue sarebbero sostituite da anodine copie. Lo spostamento, che viene dato per inevitabile, dovrebbe portare l'opera nella Galleria dell'Accademia (quindi insieme o al posto della copia in gesso) o a Palazzo Vecchio.

Ercole e il centauro Nesso fu collocato dapprima, nel 1599, sul Canto dei Carnesecchi a Firenze, poi lo si trasferì sotto il loggiato degli Uffizi, dal lato meridionale; più tardi fu posto sulla piazzetta che si trova vicina al Ponte Vecchio, sulla riva sinistra dell'Arno e, nel 1812, trovò la sua sede definitiva nella Loggia dei Lanzi in Piazza della Signoria.
La scultura è caratterizzata dalla grande forza plastica espressa dalla poderosa torsione, quasi elastica, del corpo del centauro Nesso, piegato dalla forza di Ercole.


 


Giambologna, Ratto delle Sabine (particolare)

 


Giambologna, Ercole e il Centauro Nesso, Loggia dei Lanzi

Giambologna, Ercole e il Centauro Nesso (particolare), Loggia dei Lanzi



Le opere a soggetto religioso


   
Verso la fine degli anni settanta del Cinquecento, Giambologna, ormai scultore affermato, decise di cimentarsi anche con il repertorio dell'arte sacra, che andava allineandosi ai nuovi dettami della Controriforma; egli elaborò nuove formule decorative che ebbero molto successo anche fuori Firenze, come nell'altare della Libertà nella chiesa di San Martino a Lucca e la cappella Grimaldi nella distrutta chiesa di San Francesco di Castelletto a Genova per cui eseguì sei statue con le Virtù.
La decorazione a carattere religioso più significativa che egli condusse a Firenze fu quella per la Cappella Salviati nella chiesa di San Marco, che nel 1589, al termine dei lavori, accolse le spoglie del vescovo Antonino Pierozzi.
La lavorazione delle sculture per la cappella genovese e quella fiorentina venne realizzata praticamente in parallelo, con la variazione dei materiali e dei soggetti rappresentati (in bronzo per la cappella Grimaldi e in marmo per la cappella Salviati); i marmi collocati nelle nicchie della Cappella Salviati vennero scolpiti da Pietro Francavilla, principale aiuto del Gianbologna a Firenze.
Lo stesso schema decorativo venne poi impiegato dal Gianbologna per la sua cappella funeraria nel coro della ss. Annunziata, in cui egli venne sepolto il 13 agosto 1608.
Tra le ultime opere a carattere sacro realizzate da Gianbologna a Firenze va infine ricordata la statua di San Luca, posta nella nicchia dell'Arte dei Giudici e Notai della chiesa di Orsanmichele, terminata nel 1602.




L'eredità di Giambologna

 

Venere,
opera situata presso il Giardino di Boboli


Il Giambologna fu il più importante scultore dell'epoca del manierismo e la grande lezione che lasciò nella città di Firenze fece sì che la sua maniera fosse seguita ben oltre la sua morte, rendendo vana qualsiasi concessione troppo originale a influenze esterne, come i fasti della stagione barocca romana. Fu solo con uno scultore formatosi a Roma, Giovan Battista Foggini, che in epoca ormai tarda si fece strada negli anni settanta del Seicento una cultura più barocca anche a Firenze.


Curiosità

Nei primi anni della sua attività per i Medici, Giambologna produsse anche sculture impiegate negli spettacoli pubblici; dal 1562 iniziò a percepire uno stipendio mensile e nel 1567 ottenne il permesso di allestire la propria bottega all'interno del secondo cortile di Palazzo Vecchio.

Negli ultimi anni della sua carriera lo scultore fu impegnato nella complessa realizzazione di monumenti equestri, considerato da sempre uno dei soggetti attraverso il quale lo scultore poteva fare mostra della propria bravura.
Il monumento equestre di Cosimo I venne eseguito tra il 1587 e il 1599 su commissione del figlio Ferdinando I; occorsero dodici anni all'ormai anziano maestro per completare l'opera, compresi i bassorilievi del basamento che celebrano le gesta del granduca, ma alla fine l'opera riscosse un grande successo, tanto che nel 1602 egli iniziò a lavorare anche al monumento equestre di Ferdinando I, poi collocato in Piazza della Santissima Annunziata nel 1608.


Statua equestre di Ferdinando I de' Medici


La statua equestre di Ferdinando I de' Medici si trova in piazza Santissima Annunziata a Firenze. La statua è collocata scenograficamente
in asse con via dei Servi, in modo da essere visibile da piazza del Duomo incorniciata dall'arco centrale del portico della Santissima Annunziata.


La statua equestre di Ferdinando I de' Medici si trova in piazza Santissima Annunziata a Firenze. La statua è collocata scenograficamente in asse con via dei Servi, in modo da essere visibile da piazza del Duomo incorniciata dall'arco centrale del portico della Santissima Annunziata.
Si tratta di una delle ultime opere del Giambologna, commissionata dopo che lo scultore aveva raggiunto grande popolarità internazionale con le sue statue equestri, richieste dai maggiori regnanti europei e iniziate proprio da una commissione di Ferdinando I, il monumento equestre a Cosimo I, in piazza della Signoria.
La statua venne terminata dall'allievo di Giambologna, Pietro Tacca, nel 1608, dopo la morte del maestro.
L'opera venne fusa con il bronzo proveniente dai cannoni delle galee turche, vinte dai Cavalieri dell'Ordine Militare di Santo Stefano, sorto per combattere i pirati che infestavano il Mediterraneo su iniziativa di casa Medici. A tale memoria, nella cinghia sottopancia del cavallo venne inciso: "De' metalli rapiti al fero Trace".
La statua ha anche un altro particolare insolito nella targa posta sul piedistallo, che raffigura l'originale impresa araldica di Ferdinando I, formata da uno sciame d'api con il motto "MAIESTATE TANTUM". L'ape regina è contornata, a cerchi concentrici sfalsati, dalle altre api dell'alveare, per cui rimane difficile contarne il numero senza confondersi. La simbologia dell'impresa è allusivamente molto chiara: il granduca al centro (l'ape regina) che non incute nessun timore, attorniato dal pacifico popolo fiorentino rappresentato dalle api operose.


 
   
Opere principali


   
Sansone e un Filisteo (Londra, Victoria and Albert Museum, 1562-67ca.)
Mercurio (Bologna, Museo Civico, 1563);
Fontana del Nettuno (Bologna, Piazza Maggiore, 1563-1566);
Marte (New York, Hall e Knight, 1565-70);
Tacchino (Firenze, Bargello);
Scimmia (Parigi, Louvre, 1570);
Psiche (cosiddetta Betsabea) - (Los Angeles, The J.Paul Getty Museum, 1571-73);
Ratto delle Sabine (Firenze, Loggia dei Lanzi, 1574-80);
Fontana dell'Oceano (Firenze, 1575);
Ninfa dormiente con satiro (Dresda, Staatliche Kunstsammlungen, 1575-80);
Nesso d Deianira (Parigi, Louvre, 1576);
Il ratto della Sabina (Napoli, Museo di Capodimonte, 1579);
Giustizia (Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, 1579-90);
Mercurio (Firenze, Museo Nazionale del Bargello, 1580);
Mercurio (Parigi, Collection du duc de Brissac, Louvre);
Mercurio (Vienna, Kunsthistorisches Museum);
Colosso dell'Appennino, (Vaglia, località Pratolino, Villa Demidoff, 1580 circa);
Il nano Morgante su un mostro marino (Firenze, Bargello, 1582);
San Filippo (Firenze, San Marco, Cappella Salviati, 1579-1589);
San Giovanni Battista (Firenze, San Marco, Cappella Salviati, 1579-1589);
Statua equestre di Cosimo I de' Medici (Firenze, Piazza della Signoria, 1587-94);
San Giovanni Battista (Firenze, Santa Maria degli Angiolini, 1588);
San Giovanni Battista (Firenze, Santa Maria degli Angiolini, 1588);
Temperanza (Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, 1579-90);
Toro (Amsterdam, Rijksmuseum, 1580-1600);
Tritone (Metropolitan Museum of Art)
San Luca (Museo di Orsanmichele, Firenze, 1597-1602)
Ercole e il Centauro Nesso (Firenze, Loggia dei Lanzi, 1599)

Il Giambologna a Firenze

Una visita attraverso Firenze, Patrimonio dell'Umanità, sulle tracce dello scultore Giambologna.


  Il Giambologna a Firenze

1. Venere della Grotticella
2. Giove
3. Fontana di Oceano
4. Bacco
5. Palazzo Vecchietti
6. Stemma del duca Cosimo
7. San Luca
8. Ratto delle Sabine
9. Ercole e il Centauro
10. Cosimo I
11. Firenze che vince Pisa
12. Apollo
13. Ercole e l'Idra
14. Monumento equestre a Cosimo I
15. Oceano
16. Bacco
17. Appennino
18. Firenze che vince Pisa
19. Mercurio in volo
20. Architettura
21. Putti pescatori
22. Venere inginocchiata che si asciuga
23. Cappella di Sant'Antonino
24. Ferdinando I a cavallo
25. Cappella mortuaria del Giambologna
26. Casa del Giambologna


Visualizza Il Giambologna a Firenze in una mappa di dimensioni maggiori

   
[1] Villa di Pratolino | La storia del parco di Pratolino prese avvio nel 1568 quando Francesco I de' Medici, Granduca di Toscana, incaricò l'architetto Bernardo Buontalenti di progettarvi una villa e un grande parco annesso. Qualche anno prima Cosimo I, padre di Francesco, si era invece fatto aiutare dal Tribolo per i suoi giardini di Firenze (Castello nel 1540, il Giardino dei Semplici nel 1545 e Boboli nel 1550). Il progetto di Pratolino ebbe quindi inizio a quasi vent'anni da quello di Boboli (il parco fu praticamente terminato nel 1585) e Buontalenti lo impostò come un luogo di sogno dove natura e tecnologia si fondevano per creare un percorso simbolico che introducesse al pensiero filosofico del Granduca. Il parco destò subito un grandissimo interesse presso i contemporanei e per la particolarità delle grotte artificiali, dei giochi d'acqua e delle statue venne subito definito come "il giardino delle meraviglie". Morto Francesco, il parco ebbe alterne vicende. I Lorena se ne disinteressarono del tutto trasferendo molte statue nel Giardino di Boboli. Fu solamente dopo il periodo napoleonico, con il ritorno di Ferdinando III di Lorena, che il parco riacquistò una nuova dignità. Nel 1818 Joseph Frietsch ebbe l'incarico di rifare Pratolino. Egli lo ingrandì (da una ventina di ettari passò a circa ottanta) ma, soprattutto, gli dette un aspetto del tutto nuovo, secondo il gusto del "giardino all'inglese".

Il 4 agosto 1981 il complesso viene acquistato dalla Amministrazione provinciale di Firenze per essere destinato ad uso pubblico.

Oggi, del giardino mediceo, destinato a parco pubblico, sono rimaste alcune vasche, statue e grotte e, in particolare, la splendida statua del Colosso dell'Appennino (1579-1580) del Giambologna. Vi sono prati e boschi nei quali svettano querce, cedri e platani spettacolari per le loro dimensioni.

La villa medicea, oggi perduta, aveva al piano terreno un complesso di grotte artificiali, con giochi d'acqua e automi. La paggeria del complesso mediceo, più volte restaurata nella seconda metà del Settecento, fu trasformata in villa dai Demidoff nel 1872.

Il luogo è legato anche alle vicende biografiche di Galileo: il 15 agosto 1605 Galileo fu invitato a Pratolino per discorrere a Corte del suo compasso geometrico e militare, atto ad eseguire numerose operazioni geometriche e aritmetiche sfruttando la proporzionalità tra i lati omologhi di due triangoli simili. [Fonte: Istituto e Museo di Storia della Scienza, Firenze | www.brunelleschi.imss.fi.it]

Le foto del parco in: www.met.provincia.fi.it
Il sito del Parco: www.provincia.fi.it/pratolino.htm



Bibliografia


Patrizio Patrizi, Il Giambologna, Milano, L. F. Cogliati, 1905

James Holderbaum, Giambologna, Milano, Fabbri, 1966

Giambologna : Il Mercurio volante e altre opere giovanili, Firenze, Museo Naionzle del Bargello, 1984

Charles Avery, Giambologna : la scultura, Firenze, Cantini, 1987. ISBN 8877370653

Risveglio di un colosso : il restauro dell'Appennino del Giambologna : Catalogo della mostra tenuta a Pratolino, Villa Demidoff, 22 luglio-25 settembre 1988, Firenze, Alinari, 1988. ISBN 8872921481

Il Nettuno del Giambologna : Storia e restauro, Milano, Electa, 1989

Alessandro Vezzosi (a cura di), L'Appennino del Giambologna : anatomia e identità del gigante : Atti del Convegno tenuto a Firenze nel 1985, Firenze, Alinea, 1990

Antonio Paolucci, Gli animali del Giambologna, Firenze, Giunti, 2000. ISBN 880901720X

Giambologna tra Firenze e l'Europa : atti del Convegno internazionale, Firenze, Istituto universitario olandese di storia dell'arte, Firenze, Centro Di, 2000. ISBN 88-7038-342-3

Davide Gasparotto, Giambologna, Roma, Gruppo editoriale L'espresso, 2005

Donatella Pegazzano, Giambologna, Firenze, Art e dossier Giunti, 2006

Beatrice Paolozzi Strozzi, Dimitrios Zikos (a cura di ), Giambologna : gli dei, gli eroi : Catalogo della mostra, Firenze, 2006, Firenze, Giunti, 2006. ISBN 8809042921

Claudio Pizzorusso, Giambologna e la scultura della Maniera : Baccio Bandinelli, Niccolo' Tribolo, Bartolomeo Ammannati, Benvenuto Cellini, Pierino da Vinci, Giovan Angelo Montorsoli, Stoldo Lorenzi, Vincenzo de' Rossi, Vincenzo Danti, Pietro Francavilla, Milano, Il sole 24 ore, 2008

 


Villa di Pratolino

 


Statua dell'Appennino, particolare

Giambologna, Ratto delle Sabine (particolare)
Giambologna, Ratto delle Sabine (particolare)


Gardens in Tuscany | Il parco di Pratolino e la Villa Demidoff

Il Giambologna a Firenze | www.giambologna.comune.fi.it
La città di Firenze vi dà il benvenuto a questa visita che vi porterà attraverso il centro storico sulle tracce dello scultore Jean Boulogne, meglio conosciuto come il Giambologna.
Partiti da Palazzo Pitti vedremo i lavori dello scultore nei giardini di Boboli e a Borgo S. Jacopo, per poi prendere il Ponte Santa Trinita e andare di là d'Arno, tra le strade e le piazze più belle del centro, alla ricerca di sculture che hanno caratterizzato l'impianto urbanistico di Firenze.
Sarà una passeggiata che ci condurrà per via Tornabuoni, Piazza della Signoria, Piazza del Duomo, Piazza S. Marco, Piazza SS. Annunziata fino a Borgo Pinti dov'era la casa dell'artista.
Il Giambologna a Firenze | Audioguide

Questo articolo è basato sugli articoli Giambologna, Statua equestre di Ferdinando I de' Medici e Ercole e il centauro Nesso dell' enciclopedia Wikipedia ed è rilasciato sotto i termini della GNU Free Documentation License.
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