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Fra Filippo Lippi, Incoronazione Maringhi, 1441-1447, tempera su tavola, 200 cm × 287 cm , Galleria degli Uffizi, Firenze


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Fra' Filippo Lippi

   
   
Fra Filippo di Tommaso Lippi (Firenze, 1406 circa – Spoleto, 9 ottobre 1469) è stato un pittore italiano.
Fu, con Beato Angelico e Domenico Veneziano, il principale pittore attivo a Firenze della generazione dopo Masaccio. Dopo un periodo iniziale, di stretta aderenza masaccesca, pur arricchita di spunti tratti dalla vita reale, come nelle opere coeve di Donatello e Luca della Robbia, Lippi si orientò gradualmente verso uno spettro più ampio di influenze, che comprendeva anche la pittura fiamminga.
In seguito il suo stile si sviluppò verso una predominanza della linea di contorno ritmica su tutti gli altri elementi, con figure snelle, in pose ricercate e dinamiche, su sfondi scorciati arditamente in profondità. Il suo stile, nell'età laurenziana, divenne predominante in area fiorentina, costituendo le basi su cui pittori come Botticelli cocrearono il proprio stile.


Biografia

Formazione (1406-1437)


Filippo di Tommaso Lippi nacque a Firenze nel 1406 dal beccaio (macellaio) Tommaso di Lippo e da Antonia di ser Bindo Sernigi, che morì di parto. A due anni fu affidato, insieme al fratello Giovanni, a monna Lapaccia, sorella del padre. All'età di otto anni, nel 1414, venne messo insieme al fratello dai frati carmelitani del vicino convento del Carmine. L'8 giugno del 1421, Filippo prese i voti, mantenendo lo stesso nome di battesimo. Nel 1424 assisté alla decorazione, da parte di Masolino da Panicale e Masaccio, della cappella Brancacci, che ebbe un ruolo fondamentale nella sua vocazione artistica. Altri modelli su cui il ragazzo si formò furono le novità scultoree di Donatello, Luca della Robbia, Nanni di Banco e Brunelleschi.
Nel luglio 1424 fu a Pistoia e a Siena, mentre nell'agosto 1426 viaggiò a Prato. Nel 1430 i documenti del convento lo definiscono per la prima volta «dipintore». Del 1431 è l'affresco con Il conferimento della regola del Carmelo nel convento del Carmine, e la contemporanea Madonna Trivulzio, entrambe opere segnate dall'influenza della pittura plastica di Masaccio.
Forse nel 1432 lasciò il convento di Firenze per Padova: i successivi documenti che lo ricordano con certezza sono del 1434 quando il 1º luglio ricevette undici once di oltremarino per dipingere il Tabernacolo delle Reliquie nella Basilica del Santo a Padova. Varie fonti menzionano una serie di opere per Padova, tra cui, in collaborazione con Ansuino da Forlì, gli affreschi della cappella del Podestà, ma tutta la sua attività di questo periodo è andata perduta. Nella città patavina il Lippi entrò in contatto con la pittura fiamminga e con il colore veneto.
Di questi anni è anche un episodio raccontato dal Vasari: "E trovandosi nella Marca d'Ancona, diportandosi un giorno con certi amici suoi in una barchetta per mare, furono tutti insieme dalle fuste de' Mori, che per quei luoghi scorrevano, presi e menati in Barberia, essendo ciascuno di loro condotto alla catena in servitù e tenuto schiavo, dove stette con molto disagio per XVIII mesi. Ma advenne un giorno, che avendo egli molto in pratica il padrone, gli venne commodità e capriccio di dipignerlo; per il che preso un carbone spento del fuoco, con quello tutto intero lo ritrasse co' suoi abiti indosso alla moresca, in un muro bianco. Fu da gli altri schiavi detto questo al padrone, perché a tutti un miracolo pareva, non s'usando il disegno né la pittura in quelle parti, e ciò fu cagione di dargli premio e di liberarlo da la catena dove per tanto tempo era stato tenuto".

Bottega a Firenze (1437-1451)

 
Autoritratto di Filippo Lippi, dettaglio dell'Incoronazione della Vergine, 1441-1447 circa

Lasciata Padova tornò a Firenze, dopo aprì una propria bottega nel 1437. In quell'anno dipinse la cosiddetta Madonna di Tarquinia, per il cardinale Giovanni Vitelleschi (opera datata), sia la Pala Barbadori per la chiesa fiorentina di Santo Spirito. In queste opere la componente lineare acquista maggiore importanza, le figure si allungano e addolciscono, senza perdere in plasticità, e vengono avvolte e non più sbalzate dalla luce. Nel 1438 è citato in una lettera di Domenico Veneziano a Piero de' Medici in cui Filippo Lippi viene equiparato a Beato Angelico come migliore artista attivo in città. Dal 1439 è probabile Filippo che non abitasse più nel convento ma avesse casa per conto suo e, sempre in quell'anno, Lippi scrisse a Piero de' Medici cercando affannosamente di scambiare una sua tavola ancora incompiuta con cibo e vestiti (il dipinto è probabilmente il San Girolamo penitente del museo di Altenburg).
Per il monastero delle Murate di Firenze realizzò, tra il 1443 e il 1445, l'Incontro alla Porta d'Oro: si tratta probabilmente di parte della predella della pala stessa.
Per la chiesa di Sant'Andrea a Botinaccio dipinge una Madonna col Bambino (1440-1445 circa), oggi conservata presso il Museo di arte sacra di Montespertoli.

Fra il 1439 e il 1447 dipinse l'Incoronazione della Vergine degli Uffizi, commissionata dal canonico Francesco Maringhi per l'altar maggiore di Sant'Ambrogio. In quest'opera lavorarono con lui tre aiutanti, fra cui Fra Diamante. Per la famiglia Martelli, che deteneva il patronato della cappella degli Operai in San Lorenzo, dipinse verso il 1440-42 un'Annunciazione, che riprendeva i modi dell'Annunciazione Cavalcanti di Donatello. Al 1440 risalgono le pitture della cassa per le esequie di Andrea Corsini (allora vescovo di Fiesole, santificato nel 1624).
Il 23 febbraio 1442 fu nominato da papa Eugenio IV «Rettore e Abate Commendatario» a vita della chiesa di San Quirico a Legnaia, vicino a Firenze. Nel 1443 per il convento delle Murate dipinse un'Annunciazione.
Lavorò alla cancelleria del Palazzo della Signoria verso il 1447, realizzando un'Apparizione della Vergine a san Bernardo.
Tra il 1448 e il 1450 eseguì la tavola Madonna col Bambino, oggi custodita a Parma presso la Fondazione Magnani-Rocca.
Di questi anni il Vasari scrisse: "Dicesi ch'era tanto venereo, che vedendo donne che gli piacessero, se le poteva avere, ogni sua facultà donato le arebbe; e non potendo, per via di mezzi, ritraendole in pittura, con ragionamenti la fiamma del suo amore intiepidiva. Et era tanto perduto dietro a questo appetito, che all'opere prese da lui quando era di questo umore, poco o nulla attendeva".
Nel 1450 avrebbe dovuto versare a Giovanni di Francesco del Cervelliera, suo discepolo, 40 fiorini ma, chiamato in giudizio, esibì la ricevuta di versamento falsificando la firma dell'allievo. Incarcerati e messi sotto tortura entrambi i pittori, in seguito alla confessione il Lippi venne scarcerato. L'11 settembre 1451 fu di nuovo sotto processo, per aver fatto eseguire alla propria bottega una tavola che il committente aveva richiesto di mano del maestro. Nello stesso anno il Lippi risultò essere proprietario di una casa non lontano dal Carmine. Il 19 maggio 1455, la rettorìa di San Quirico a Legnaia gli fu revocata, sia per la condanna del 1450 sia perché poco sollecito nei suoi doveri.


A Prato, sotto protezione dei Medici (1452-1465)

Prato è nel mondo la città che conserva il nucleo più ricco e importante di opere di fra’ Filippo Lippi.[1] Il comune di Prato stanziò nel 1452 per gli affreschi della cappella Maggiore di Santo Stefano e la vetrata la somma di 1.200 fiorini. Dopo aver ricevuto nel marzo dello stesso anno il rifiuto dell'Angelico, si decise di affidare l'incarico al Lippi, che accettò e si recò nella città vicino Firenze. Gli affreschi vennero completati tredici anni dopo, nel 1465 fra interruzioni, richieste di denaro, solleciti, fughe e rinegoziazioni del contratto.
Nel frattempo dipinse molte altre opere. Per l'Opera Pia fondata da Francesco Datini fece la tavola detta Madonna del Ceppo oggi conservata al Museo Civico di Prato; per il preposto Geminiano Inghirami le Esequie di san Girolamo; per il convento di Annalena a Firenze il Tondo Cook e l'Adorazione del Bambino di Annalena; una pala per Alfonso I d'Aragona, commissionata da Giovanni de' Medici, di cui rimangono solo due pannelli laterali; le vele della volta sopra la tomba di Geminiano Inghirami nella chiesa pratese di San Francesco (perdute); l'Adorazione del Bambino di Camaldoli per la cella della famiglia Medici all'interno dell'Eremo.
La cosiddetta Lippina fu un "prototipo" per le successive rappresentazioni della Vergine col Bambino. A questo periodo, risalgono anche le quattro tavole con la Vergine Annunziata, Angelo annunziante, Sant'Antonio Abate e San Giovanni Battista, probabilmente elementi di arredo ecclesiastico.
Nel 1456, nominato cappellano del convento pratese di Santa Margherita, vi conobbe e si innamorò della monaca Lucrezia Buti, modella di molti suoi dipinti, figlia del fiorentino Francesco Buti e di Caterina Ciacchi. La loro storia d'amore spinse la Buti a lasciare il convento e a stabilirsi nella casa pratese dell'artista acquistata nel 1455; solamente nel 1461 il papa Pio II, grazie all'intercessione di Cosimo de' Medici, sciolse dai voti il Lippi e la Buti, regolarizzando la loro posizione, anche se il Lippi si rifiutò di maritarsi. I due ebbero due figli: Filippino Lippi nel 1457 e, nel 1465, Alessandra.
Tra il 1458 e il 1460 Filippo lavorò alla coppia di lunette con la Annunciazione e i Sette santi per palazzo Medici. Sempre dello stesso periodo è l'Adorazione del Bambino di palazzo Medici, per l'altare della Cappella dei Magi. Forse in occasione della nascita di Lorenzo il Magnifico (1449), realizzatò il Tondo Cook, iniziato da Beato Angelico, forse con Benozzo Gozzoli.


Affreschi di Filippo Lippi nella Cattedrale di Santo Stefano, Prato

La Cappella Maggiore è decorata dal celebre ciclo di affreschi con Storie dei Santi Stefano e Giovanni Battista, opera fra le più significative di Filippo Lippi. Realizzati tra il 1452 e il 1465, gli affreschi presentano una concezione monumentale delle figure e una disposizione secondo una tipologia affermatasi nel Medioevo, con la narrazione che incomincia a destra dell’altare con la Vita del Battista nella lunetta in alto. Benché resti tradizionale nell’impostazione, Lippi si presenta innovativo nei contenuti delle scene. La madre santa Elisabetta non è mostrata anziana secondo il racconto del Vangelo, ma giovane e bella e il miracolo del concepimento lascia nella figurazione il posto alla rappresentazione del destino del santo: una donna, infatti, regge il bambino sospeso su una bacinella della forma di una fonte battesimale, prefigurazione del ruolo di Giovanni. Nella fascia centrale troviamo il gruppo con San Giovanni che lascia i genitori per ritirarsi nel deserto - il Santo in preghiera - il Santo benedicente - la Predicazione del Battista. Seguono le scene forse più famose e certamente più ricche: la Decollazione del Battista, la Danza di Salomè, e la Presentazione della testa ad Erodiade. La parete sinistra è invece dedicata alle Storie di Santo Stefano, primo martire della Chiesa, cui è intitolato il culto della Cattedrale: la lunetta mostra la nascita del santo e la sua sostituzione con un diavoletto ad opera di un demonio; sulla parte destra una cerva salva il piccolo Stefano allattandolo, finché non viene trovato da una donna che lo affida al vescovo Giuliano. La fascia centrale presenta, a partire da sinistra, Stefano che si congeda dal vescovo Giuliano per iniziare la sua missione in Cilicia. L’episodio successivo presenta un uomo che descrive al Santo la tremenda condizione del figlio indemoniato, a cui segue la sequenza in cui Stefano libera dal diavolo il giovane, sopra al quale aleggia l’ombra scura del demonio. Vi sono quindi l’episodio della Disputa con il Santo che predica il proprio credo davanti a un gruppo di scettici e, sulla destra, La Lapidazione di Stefano, episodio che prosegue anche sulla parete di fondo. Il ciclo pittorico, che insieme a quelli di Piero della Francesca ad Arezzo e di Andrea Mantegna a Padova fu il più importante dell’epoca, si caratterizza per la luminosità e la leggerezza che contraddistinguono lo stile di Lippi e che si colgono in sommo grado nella Danza di Salomé. La bella vetrata della cappella venne realizzata nel 1459 da Lorenzo da Pelago su disegno dello stesso Lippi.  

 


   
   
L'Annunciazione di palazzo Barberini, 1440

   
L'Annunciazione di palazzo Barberini è un'opera, tempera su tavola (155x144 cm) di Filippo Lippi, databile al 1440-1445 e conservata alla Galleria nazionale d'arte antica di Palazzo Barberini a Roma.
La tavola, secondo quanto ricostruito da Cavalcaselle nel 1892, proviene dal territorio di Bagno a Ripoli. In particolare il Supino scoprì, nel 1902, che l'opera decorava anticamente l'oratorio della famiglia Bardi-Larioni di Pian di Ripoli e che i due committenti inginocchiati erano Alessandro di Andrea de' Bardi e Lorenzo di Ilarione de' Bardi.

La Vergine, perno della composizione, è al centro della scena, secondo una composizione replicata poi dal Lippi in numerose varianti. Essa, incorniciata da un arco che si apre su un paesaggio esterno, sta ricevendo dall'Angelo inginocchiato l'omaggio del giglio bianco, simbolo della sua purezza. La sua figura è collocata in posizione rialzata su un gradino, davanti a uno scranno dove stava dedicandosi alla lettura, con il libro aperto appoggiato sopra, simbolo teologico delle Scritture che si avverano col suo atto di accettazione. In basso a destra, inginocchiati oltre la continuazione della balaustra, stanno i due committenti che gesticolano, raffigurati a dimensione naturale (una novità iconografica introdotta qualche decennio prima da Masaccio) ed abbigliati secondo la moda dell'epoca.
Più complesso è lo sfondo, dove si vede un ambiente tripartito da archi, un richiamo alla tradizionale forma dei trittici. A sinistra si trova il letto, fortemente scorciato in grandangolo, come nei pittori fiamminghi, al centro l'arco e a destra si intravede una scaletta dove due donne si stanno affannando a salire o a scendere.
Il dipinto presenta alcune incertezze nella prospettiva e nelle figure accessorie, per cui ha fatto pensare all'intervento di aiuti di bottega. L'elemento dominante è in questo caso il colore e la ricca ornamentazione, che ricorda le Annunciazioni di Beato Angelico degli anni trenta, pure impostate a una preziosità esteriore retaggio della tradizione tardogotica.
 
L'Annunciazione di palazzo Barberini, c. 1440, tempera su tavola, 155 cm × 144 cm, Galleria Nazionale di Palazzo Barberini, Roma
   
Adorazione del Bambino di palazzo Medici, 1458-1460

 
L'Adorazione del Bambino di palazzo Medici è un'opera, realizzata tra il 1458 e il 1460 e oggi conservata Gemäldegalerie di Berlino. Nella collocazione originale, la Cappella dei Magi di palazzo Medici-Riccardi, si trova oggi una copia antica del dipinto, dello pseudo Pier Francesco Fiorentino.
La pala decorava l'altare della cappella privata dei Medici ed era il perno del ciclo di affreschi con la Cavalcata dei Magi di Benozzo Gozzoli. L'ambientazione in un paesaggio boscoso e roccioso richiama quella degli affreschi di Benozzo Gozzoli sulle pareti della stessa cappella. L'opera venne descritta nell'inventario di palazzo Medici, redatto alla morte di Lorenzo il Magnifico nel 1492.
L'opera pervenne al museo berlinese nel 1821.

La tavola, firmata sul manico dell'ascia "Frater Philippus P.", riprende l'iconografia dell'Adorazione del Bambino di Annalena e di quella di Camaldoli, entrambe del Lippi e agli Uffizi, che ebbe un grande successo per tutto il Quattrocento: al centro il Bambino che insieme alla colomba (simbolo dello Spirito Santo) e a Dio Padre, forma il perno sia visivo che simbolico (la Trinità) della composizione. Alla destra, in primo piano, si trova la Madonna in adorazione, mentre alla sinistra in secondo piano san Giovannino (colui che annuncia la Passione di Cristo) e in fondo san Bernardo.
L'ambientazione ritrae un fitto paesaggio boscoso, che si ricollega a quello degli affreschi di Benozzo. L'insieme di significati, simboli e allegorie religiose è molto complesso (Lavin, 1955 e 1961) ed è collegata a più temi teologici.

Arte in Toscana | Fra Filippo Lippi | Adorazione del Bambino di palazzo Medici

 

Adorazione del Bambino di palazzo Medici, 1458-1460, tempera su tavola, Berlino, Gemäldegalerie
Staatliche Museen, Berlin
Gli ultimi anni a Spoleto (1466-1469)


Nel 1466 L'Opera del Duomo di Spoleto commissionò al Lippi gli affreschi con Storie della Vergine per la tribuna della Cattedrale ed i lavori iniziano nel settembre 1467, venendo conclusi circa tre mesi dopo la morte del pittore da suoi collaboratori (soprattutto Fra Diamante). Il ciclo di affreschi è composto dall'Annunciazione, la Natività, la Morte della Vergine e la sua Assunzione in cielo. Nell'affresco raffigurante la Morte della Vergine è visibile l'autoritratto del pittore in uno dei personaggi raffigurati alla destra del letto (con il mantello bianco), nonché il probabile ritratto del figlio Filippino nella figura dell'angelo. Del 18 maggio 1467 è un Paliotto per la Compagnia dei Preti della Trinità di Pistoia. Del 1468 è la Circoncisione di Prato.
Filippo morì tra l'8 e il 10 ottobre del 1469 e fu sepolto nella Cattedrale di Spoleto. Il figlio Filippino, avviato già alla carriera artistica, disegnò il sepolcro in marmo con busto e Angelo Poliziano scrisse l'epitaffio:

Conditus hic ego sum picturae fama Philippus,
Nulli ignota meae est gratia mira manus.
Artifices potui digilis animare colores,
Sperataque animos fallere voce diu.
Ipsa meis stupuit natura expressa figuris,
Meque suis fassa est artibus esse parem.
Marmoreo tumulo Medices Laurentius hic me
Condidit, ante humili pulvere tectus eram

.


[1] La ricca serie di dipinti su tavola - raccolti in buona parte nella mostra I Tesori della città all’interno del Museo di Pittura Murale, ma anche al Museo dell’Opera del Duomo, nella Galleria degli Alberti e nella chiesa dello Spirito Santo - e gli strabilianti affreschi della Cattedrale consentono un coinvolgente percorso nell’arte di questo grande e controverso artista. Preziose sono anche le testimonianze di suo figlio Filippino, come lui celebre pittore, nato a Prato. [Restauro Filippo Lippi | www.restaurofilippolippi.it]

Bibliografia

Jeffrey Ruda, Fra Filippo Lippi. Life and work with a complete catalogue, London, Phaidon Press, 1993.

Maria Pia Mannini, Marco Fagioli. Filippo Lippi. Catalogo completo. Firenze 1997. ISBN 88-8030-016-4

Carlo Giuliano, Daniele Sanguineti, Filippo Lippi. Un trittico ricongiunto., Allemandi, Torino 2004

Giulio Carlo Argan, Da Giotto a Leonardo, Sansoni Editore, Firenze 1981

Giuseppe Marchini, Filippo Lippi, Electa, Milano 1975

Roberto Salvini, Pittura italiana - Il Quattrocento, Aldo Martello Editore Milano 1959

Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999. ISBN 88-451-7212-0

Stefano Zuffi, Il Quattrocento, Electa, Milano 2004. ISBN 88-370-2315-4



Restauro Filippo Lippi | Sito ufficiale sugli affreschi e il loro restauro | www.restaurofilippolippi.it

 

Fra Filippo Lippi, Esequie di santo Stefano (particolare),1460, affresco, Duomo, Prato
 
   



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