Cattedrale dei Santi Pietro e Donato

Santa Maria della Pieve

Basilica di San Francesco

Chiesa di San Domenico


Bargello Museum

Battistero di San Giovanni

Churches, cathedrals, basilicas and monasteries of Florence

Galleria dell'Accademia

Loggia dei Lanzi

Loggia del Bigallo (Museo del Bigallo)

Chiesa di Ognissanti

Palazzi in Florence

Palazzo Davanzati

Palazzo Medici Riccardi

Palazzo Pitti

Palazzo Rucellai

Palazzo Strozzi

Palazzo Vecchio

Piazze in Firenze

Ponte Vecchio

San Lorenzo

San Marco

San Miniato al Monte

Santa Croce

Santa Maria del Carmine

Santa Maria del Fiore (Duomo)

Santa Maria Maddalena dei Pazzi

Santa Maria Novella

Basilica di Santa Trinita

Santissima Annunziata

Uffizi Gallery

Vasari Corridor


Camposanto Monumentale

San Paolo a Ripa d'Arno

San Pietro a Grado


Chiesa Collegiata (Duomo)



Palazzo Pubblico






 

             
 
Domenico Ghirlandaio, Herod's Banquet, (detail), fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze
Domenico Ghirlandaio, Herod's Banquet, (detail), fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze


Travel guide for Tuscany
       
   

Domenico Ghirlandaio | La Cappella Tornabuoni


   
   

La Cappella Tornabuoni è la Cappella Maggiore della basilica di Santa Maria Novella a Firenze. Contiene uno dei più vasti cicli di affreschi di tutta la città, realizzato da Domenico Ghirlandaio e bottega dal 1485 al 1490.[0]

La Cappella Maggiore di Santa Maria Novella venne affrescata una prima volta verso la metà del XIV secolo dall'Orcagna. Resti di questi affreschi più antichi furono rinvenuti durante i restauri degli anni '40 del Novecento, quando, soprattutto nella volta, riemersero figure di personaggi dell'Antico Testamento sotto gli affreschi successivi, che vennero a loro volta staccate ed oggi sono esposte nell'ex-refettorio che fa parte del Museo di Santa Maria Novella.

La famiglia Sassetti, ricchi banchieri legati ai Medici, aveva acquistato da molte generazioni i diritti di decorazione sull'altare principale della chiesa, mentre le pareti della cappella e il coro erano prerogativa della famiglia Ricci, i quali però ormai non navigavano più in buone acque, non essendosi più ripresi del tutto dal crollo finanziario delle compagnie fiorentine del 1348. Per questo gli affreschi dell'Orcagna erano nella seconda metà del Quattrocento già gravemente compromessi, non avendo potuto i Ricci provvedere nel tempo al loro restauro e manutenzione. Durante una cerimonia ufficiale il diritto di patronato sul coro venne ceduto ai Sassetti. Il capofamiglia Francesco tuttavia, avendo come santo protettore l'omonimo Francesco d'Assisi, voleva far realizzare un ciclo di affreschi con le storie di san Francesco. La mai troppo celata rivalità fra domenicani e francescani, però, fece sì che i frati si opponessero fermamente all'idea di avere la cappella maggiore della loro chiesa decorata con scene di un santo non del loro ordine, per cui ne nacque una lunga disputa legale, che finì a dar ragione ai frati domenicani. Fu così che il Sassetti dovette ripiegare sulla chiesa di Santa Trinita, dove Domenico Ghirlandaio dipinse quello che è considerato il suo capolavoro, la Cappella Sassetti [1].

Il Ghirlandaio però non perse la commissione, perché nel 1485, quando gli affreschi in Santa Trinita non erano ancora ultimati, Giovanni Tornabuoni lo chiamò per affrescare la stessa cappella maggiore di Santa Maria Novella (il contratto è datato 1 settembre), questa volta con scene della vita di Maria e di san Giovanni Battista (patrono di "Giovanni" Tornabuoni e della città di Firenze stessa, per cui benvisto da tutti i cittadini), che probabilmente ricalcavano le precedenti scene dell'Orcagna. Il Tornabuoni infatti aveva negoziato con i Ricci il patronato per la cappella perso dal Sassetti cinque anni prima. Riporta il Vasari un aneddoto circa i patti tra Tornabuoni e Ricci: quest'ultimi avevano spuntato nel contratto che il loro stemma figurasse comunque "nel più evidente et onorato luogo che fusse in quella cappella"; il Tornabuoni però alla fine lo fece inserire solo dismessamente nella cornice della pala d'altare presso il tabernacolo del Sacramento, che nonostante tutto venne dichiarato luogo "evidente et onorato" al magistrato degli Otto, essendo sopra al contenitore delle ostie e quindi di Cristo stesso [1].

Il contratto per l'esecuzione degli affreschi fu minuzioso, descrivendo la scene una per una, soffermandosi sulla decorazione degli sfondi e delle partiture architettoniche, con un ampio ricorso a colori costosi come gli azzurri e le dorature. Nelle scene devono comparire figure, città, monti, specchi d'acqua, rocce, animali, ecc. Ogni bozzetto deve essere sottoposto preventivamente al giudizio di Giovanni, che vi può apporre aggiunte vincolanti per l'autore. Il compenso previsto era di 1100 fiorini, anche se Vasari riporta la cifra di 1200 con la clausola di 200 extra in caso di piena soddisfazione del committente, che Ghirlandaio, sempre secondo lo storico aretino, avrebbe poi rifiutato[2]].


Il Ghirlandaio compì il lavoro monumentale negli anni previsti dal contratto. Egli, che all'epoca era il più famoso artista presso l'abbiente classe mercantile fiorentina, vi lavorò quindi tra il 1485 e il 1490 (come testimonia l'iscrizione sopra la scena dell'Annuncio a Zaccaria AN[NO] MCCCCLXXXX QUO PULCHE[R]RIMA [sic] CIVITAS OPIBUS VICTORIIS ARTIBUS AEDIFICIISQUE NOBILIS COPIA SALUBRITATE PACE PERFRUEBATUR, cioè "L'anno 1490 in cui la città bellissima per ricchezze, vittorie e attività, celebre per i suoi monumenti, godeva di abbondanza, buona salute, pace"[2]), con l'aiuto della sua bottega nella quale figuravano altri artisti quali i fratelli David e Benedetto, suo cognato Sebastiano Mainardi e anche il giovanissimo Michelangelo Buonarroti, che all'epoca appena adolescente, la cui mano non è però riscontrabile con certezza in nessuna scena. Vista la grandezza dell'impresa molto venne dipinto con l'ausilio degli aiuti, ma al maestro Domenico spettò il disegno di tutto il ciclo e la sorveglianza affinché lo stile finale risultasse omogeneo. Anche le vetrate furono fatte su suo disegno, e il tutto era completato da una magnifica pala d'altare a più scomparti, che oggi è divisa tra più musei [1].


Storia recente

Gli affreschi vennero più volte restaurati; nel XVIII secolo se ne occupò probabilmente Agostino Veracini, che curò anche quelli del vicino Cappellone degli Spagnoli.

Nel 1804 la cappella maggiore venne ristrutturata; in quell'occasione andò dispersa la Pala Tornabuni, che finì sul mercato antiquario approdando, smembrata, nei musei di Monaco e Berlino. Nel 1861 l'altare principale della basilica venne sorprendentemente messo in posizione avanzata nella cappella, al posto dell'antica collocazione a ridosso della parete. Si venne così a perdere il punto di vista ideale degli affreschi, che era proprio dove si trova l'altare.

 
The Tornabuoni Chapel The Tornabuoni Chapel
     
Domenico Ghirlandaio: Zachariah in the Temple [detail]: four humanist philosophers under the patronage of the Medici:

Domenico Ghirlandaio, Annuncio dell'angelo a Zaccaria [dettaglio]: Marsilio Ficino, Cristoforo Landino, Angelo Poliziano e Demetrios Chalkondyles,1486-1490, affresco. Santa Maria Novella, Cappella Tornabuoni, Florence


Struttura del ciclo di affreschi


Schema degli affreschi: in verde le Storie della Vergine; in rosso le Storie di San Giovanni Battista;
in violetto Episodi della vita di Santi domenicani e i due committenti; in giallo le vele con gli Evangelisti


Gli affreschi sviluppano hanno come tema le Scene della vita della Vergine e di san Giovanni Battista, inquadrate da finte architetture (pilastri con capitelli ionici dorati e trabeazioni con dentelli, sulle tre pareti disponibili. Le scene si leggono dal basso verso l'alto, da destra a sinistra, secondo uno schema che già all'epoca doveva risultare un po' arcaico [2].
Le due pareti principali, a destra e a sinistra, presentano tre file di scene ciascuna, a sua volta divise in due scene rettangolari, ed una grande lunetta sulla sommità, per un totale di sette scene a parete.
La parete di fondo presenta la grande trifora con vetrate policrome, eseguite nel 1492 da Alessandro Agolanti su disegno di Ghirlandaio stesso; rappresenta i principi degli apostoli, Pietro e Paolo, poi due santi particolarmente venerati a Firenze, Giovanni Battista e Lorenzo, e a seguire due santi domenicani Domenico di Guzman e Tommaso d'Aquino, per culminare al centro con due miracoli della Madonna: il Sacro cingolo e il Miracolo della neve.
In basso, tra gli affreschi, i due committenti inginocchiati, Giovanni Tornabuoni e sua moglie Francesca Pitti, mentre nei due registri superiori ai fianchi della finestra si trovano due coppie di scene più piccole, sormontate da un'unica grande lunetta che conclude il ciclo con l' Incoronazione della Vergine.
Nelle vele della volta a crociera costolonata si trovano i quattro Evangelisti.


Parete sinistra

Nella parete di sinistra iniziano le Storie di Maria che hanno termine nella lunetta della parete di fondo con l' Incoronazione. Scene:

1 verde, Cacciata di Gioacchino dal Tempio perché sterile
2 verde, Natività di Maria
3 verde, Presentazione al Tempio
4 verde, Sposalizio della Vergine
6 verde, Natività di Cristo
7 verde, Strage degli Innocenti
8 verde, Morte e Assunzione della Vergine (lunetta)

   
   

Storie di Maria

 

 

1 Cacciata di Gioacchino dal Tempio

 

Domenico Ghirlandaio, The Expulsion of Joachim from the Temple, fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze

Domenico Ghirlandaio, Cacciata di Gioacchino dal Tempio, affresco, Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze


Il primo episodio è la Cacciata di Gioacchino dal Tempio, dove varie persone si stanno recando a effettuare un sacrificio con in braccio agnelli o altri animali sacrificali, ma in primo piano Gioacchino ne viene allontanato a causa della sua presunta sterilità: infatti chi non aveva discendenti diretti non era ammesso alla cerimonia.

Ghirlandaio ambientò la scena in una sontuosa loggia a croce greca, perfettamente scorciata in profondità con una serie di archi in sequenza, con al centro un altare ottagonale dove brucia il fuoco e un prelato riceve gli animali da sacrificare. L'architettura occupa gran parte della scena (in maniera esclusiva per quanto riguarda la metà superiore), che per il resto segue un'impostazione piuttosto tradizionale. Interessante è lo studio naturalistico della luce, che si diffonde sui personaggi dall'alto, cercando di imitare la reale illuminazione della cappella.

La scena è impostata secondo un'elegante macchina teatrale simmetrica, con due gruppi di fiorentini ai due lati, che fanno da spettatori alle scena, ritratti in varie pose eleganti: essi hanno un abbigliamento più alla moda dei personaggi biblici. Nel gruppo di sinistra dovrebbero essere raffigurati, tra gli altri, Lorenzo Tornabuoni, figlio del committente, e Piero di Lorenzo de' Medici, cugino nonché amico dell'altro; gli altri due giovani dovrebbero essere Giannozzo Pucci o un Bartolini Salimebni e Alessandro Nasi, quest'ultimo promesso sposo di Ludovica Tornabuoni. In quello di destra si riconosce l'autoritratto dell'artista (il penultimo, che guarda verso chi osserva) e altri suoi familiari: secondo la testimonianza del Vasari, il fanciullo dietro di lui sarebbe Sebastiano Mainardi, l'uomo di spalle suo fratello David e l'uomo anziano suo padre, l'orefice Tommaso Bigordi, oppure il suo maestro Alesso Baldovinetti, secondo l'annotazione di Vasari [3]. La loggia sullo sfondo assomiglia (ma non è) al vicino Ospedale di San Paolo, che a quell'epoca era in costruzione sul lato opposto di piazza Santa Maria Novella, con i medaglioni sulle arcate recanti figure a mezzo busto. I due palazzi laterali invece non corrispondono a nessun edificio in particolare, ma seguono una tipologia molto frequente all'epoca, con il bugnato e la loggetta superiore.


 
Domenico Ghirlandaio, The Expulsion of Joachim from the Temple, fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze
Autoritratto di Ghirlandaio e dei suoi collaboratori nella scena dell'Cacciata di Gioacchino dal Tempio
Domenico Ghirlandaio, autoritratto nella scena dell'Espulsione di Gioacchino dal Tempio, affresco, Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze



Natività di Maria

 

Domenico Ghirlandaio, The Nativity of Mary, fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze
Domenico Ghirlandaio, Natività di Maria, affresco nella Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze

La seconda scena è quella della Natività di Maria, capolavoro del tono "intimo e quotidiano" di Ghirlandaio: nonostante gli arredi sontuosi prevale infatti un'atmosfera poetica e raccolta. La scena è ambientata in una lussuosa stanza con pilastri istoriati, con una scala in perfetta prospettiva sulla sinistra, e un armadio con intarsi dorati (forse su cuoio), sormontato da una bassorilievo di putti classicheggiante, che ricorda le cantorie del Duomo di Firenze di Donatello e di Luca della Robbia, mentre al centro si trova il letto con sant'Anna: Mentre una nutrice versa scenograficamente dell'acqua in una bacinella, altre due tengono Maria in braccio. Un corteo di donne infine, magnificamente abbigliate, si accinge a fare visita. In cima alla scala avviene la scena dell'abbraccio tra Gioacchino e Anna, una semplificazione dell'episodio dell'incontro alla Porta d'Oro di Gerusalemme.

La scena è ritenuta una delle più riuscite della cappella, con la complessa architettura che crea come una scena teatrale nella quale prendono posto i personaggi. Nella cornice degli armadi corre un'iscrizione latina che recita "NATIVITAS TUA DEI GENITRIX VIRGO GAUDIUM ANNUNTIAVIT UNIVERSO MUNDO" ("La tua nascita, o Vergine madre di Dio, annunziò la gioia a tutto l'universo"), mentre negli intarsi a grottesche degli armadi l'artista pose la sue firma: BIGHORDI (cioè il suo vero cognome Bigordi) e GRILLANDAI (il soprannome storpiato alla fiorentina) [3]. Anche qui Ghirlandaio studiò la luce naturale del luogo, mettendo per esempio in ombra il fregio sulla destra, poiché opposto alla finestra (mentre quello frontale è illuminato sin dall'inizio grazie ad una finestrella dipinta sapientemente collocata).

La donna che apre il corteo è Ludovica Tornabuoni, figlia del committente, che viene ritratta di profilo, in posa perfettamente eretta, con uno straordinario vestito di ricchissimo broccato dorato. Essa ricompare anche nella scena della Visitazione con lo stesso abito, ma con le maniche estive, che non coprono la mano. È accompagnata da una fantesca e da una fanciulla con le lentiggini che si vede anche, più bambina, in primo piano nell'affresco sopra l'altare della Cappella Sassetti (Miracolo della resurrezione del fanciullo) [4]. Più dietro forse le sorelle di Giovanni, Dianora o Lucrezia.

Solo la nutrice in ginocchio si accorge della presenza delle donne. La rigidità di queste figure, tutte immobili, in un'altera compostezza, è contrastata dall'unica figura in movimento dell'ancella che versa l'acqua (della quale resta un disegno preparatorio al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi), con un movimento aggraziato e vestita di uno svolazzante abito, forse in seta, e una sciarpa ondeggiante.

A differenza dell'episodio precedente qui sono più rare le figure dipinte dalla bottega dai lineamenti affrettati (come le figure di sfondo nell'episodio della Cacciata di Gioacchino) e se si escludono le due figure in cima al pianerottolo, i ritratti sono tutti curatissimi. Particolarmente notevoli sono i visi delle ancelle, sia di quella che versa (che è in ombra) sia di quella che tiene la bambina, piegata in scorcio e con un vivo sorriso gioioso.

A questa scena fa da contraltare, sulla parete opposta, la Nascita di San Giovanni, composta secondo uno schema simmetrico.




 

Giovanna Tornabuoni



Disegno preparatorio, 220 x 170 mm Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, Galleria degli Uffizi, Firenze


Presentazione al Tempio della Vergine

 

Domenico Ghirlandaio, The Presentation at the Temple, fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze
Domenico Ghirlandaio, Presentazione al Tempio della Vergine, affresco nella Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze


La Presentazione al Tempio della Vergine è una scena notevolmente complessa, con molti personaggi collocati in più gruppi su piani diversi. La giovane Maria, con un libro tra le mani, sale le scale del Tempio verso le braccia del sacerdote, ma guarda verso l'osservatore. Il panneggio è realistico, ma i movimenti sono piuttosto impacciati, forse volutamente sottintendenti una certa timidezza dell'adolescente, e la resa pittorica non è eccelsa, come capita più frequentemente nelle scene più alte e quindi meno percepibili.

Nella notevole struttura delle complesse architetture, attinte al repertorio "sontuoso" della classicità romana, con l'innesto sullo sfondo di una semplice strada fiorentina, sono disposti vari personaggi il cui ruolo e significato non è ancora stato pienamente compreso [3].

A sinistra il gruppo che osserva la scena, tra le quali spiccano tre giovani donne in primo piano, ritratte con grande cura, è probabilmente un gruppo di donne contemporanee al pittore, che come in altre scene sono ritratte come testimoni dell'episodio sacro. Accanto ad esse si trovano in secondo piano Sant'Anna e Gioacchino, con le aureole, che indicano la figlia Maria. Dal Tempio escono due fanciulle di corsa, forse partecipanti alla cerimonia di presentazione, e sono dipinte molto più sbrigativamente, da artisti di bottega.

Le due piccole figure di spalle al centro del dipinto sono un enigma. Forse vogliono rappresentare dei bambini, ma hanno sembianze di adulti, o per lo meno di ragazzi. Di certo a Ghirlandaio non mancava la capacità di disegnare bambini più naturalistici. Una possibile spiegazione compositiva è che il pittore volesse mettere delle figure a coprire lo spigolo troppo vivo della scalinata, senza però coprire la figura di Maria, anche se è un'argomentazione debole. È anche vero però che guardando gli affreschi dal basso essi acquistano in scorcio delle forme più simili a quelle di adolescenti, per cui si potrebbe trattare solo di un espediente tecnico.

A destra per esempio alcuni giustificano sempre con esigenze compositive la figura dell'uomo nudo seduto sui gradini con una fiaschetta, anche se sicuramente deve avere un ruolo simbolico chiaro per i contemporanei, ma che oggi ci sfugge.

Accanto a lui infine due anziani (a completare la serie delle età qui rappresentate), che però non dovrebbero essere personaggi contemporanei, per il loro abbigliamento antiquato e per le barbe lunghe.

 
Domenico Ghirlandaio, The Presentation at the Temple, fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze


Sposalizio della Vergine

 

Domenico Ghirlandaio, The Marriage of the Virgin, fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze
Domenico Ghirlandaio, Sposalizio della Vergine, affresco nella Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze


Lo Sposalizio della Vergine è pure ambientato in un'architettura classica, con un cortile sul quale si aprono nicchie con volte a botte e lacunari. Lo svolgimento della scena è tradizionale, con pochissima integrazione tra personaggi e sfondo. Al centro il sacerdote del Tempio (lo stesso della scena della Presentazione) suggella il matrimonio tra Giuseppe e Maria sostenendo le loro braccia mentre viene messo l'anello a Maria. Un corteo di donne sulla sinistra, tra cui alcuni bei ritratti, ed uno di uomini sulla destra. Gli uomini sono arrabbiati perché non sono stati scelti per sposare Maria perché i loro bastoni non erano fioriti come quello di san Giuseppe, per cui alcuni lo spezzano, altri alzano il pugno per protesta. La mazza di san Giuseppe, aggiunta a secco, è quasi del tutto invisibile, e ne resta solo una traccia del gambo sopra la spalla di Giuseppe. Sullo sfondo un tamburino e un flautista apportano una nota colorita [3].

Notevole è il bilanciamento della composizione della scena, sia per la collocazione delle figure che per gli effetti ritmici dovuti all'uso dei colori. Se i ritratti delle figure sono piuttosto sommari, grandissimo realismo è dato ad alcuni volti in secondo piano vicino al sacerdote: un viso pensoso, uno sorridente, uno spensierato.

Di questa scena esiste un disegno preparatorio ad inchiostro su carta presso il Gabinetto dei Disegni e Stampe agli Uffizi, dove non compare la figura centrale dell'alto prelato; inoltre vennero fatte due ipotesi per la figura di Maria e tre tentativi per l'uomo con il pugno alzato. Anche qui compaiono alle estremità le misteriose figure di altezza dimezzata in primo piano, anche se quella di destra sembra più verosimilmente un bambino.


Adorazione dei Magi

 

Domenico Ghirlandaio, fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze
Domenico Ghirlandaio, Adorazione dei Magi, affresco nella Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze


La scena dell' Adorazione dei Magi ricorda in alcuni particolari la pala della Cappella Sassetti: rovine antiche, colline attraversate dal corteo esotico dei magi, ecc. La scena ha subito una notevole perdita di intonaco nella parte centrale e si presenta quindi come la più danneggiata del ciclo. L'arco di trionfo spezzato, dove si legge CAES[AR] AUGUSTO XXXVIII AP, è un tipico elemento che simboleggia la rovina del paganesimo da cui sorse la religione cristiana, e fa pendant con quello della scena successiva dell'Adorazione dei Magi [3].

Maria e il Bambino sono al centro. Notevole è la resa dei Magi, tra i quali spicca quello giovane a sinistra, che si sta togliendo la corona in segno di rispetto; quello più anziano davanti a lui ha già deposto il prezioso segno di regalità ai piedi della Vergine. In questa scena vi è un largo uso di incrostazioni per rendere l'aspetto di gemme e metalli preziosi: nelle vesti dei magi e nei loro doni, nelle bardature dei cavalli sulla sinistra, nella stella cometa guardata dai piccoli pastori in alto a sinistra.

Il pavone sull'arco è un simbolo di immortalità, perché fin dall'epoca paleocristiana si riteneva che le sue carni non marcissero mai, per questo veniva associato alla vittoria sulla morte di Cristo.

Gli uomini a destra sono probabilmente spettatori contemporanei al Ghirlandaio, le cui vesti ricordano forse quelle di ambasciatori stranieri, anche se i ritratti sono stemperati in tipi di stereotipo, trattai con pennellate sommarie e poco incisive. lo stesso Vasari parlò di scena "accomodata", cioè meno libera e spontanea, con qualche forzatura[5]. Nel corteo sulla collina destra compare anche una giraffa, rappresentata con notevole realismo: si tratta di una citazione della famosa giraffa ricevuta in dono da Lorenzo de' Medici che suscitò il vivissimo interesse della popolazione fiorentina, arrivando ad essere richiesta nei monasteri clausura e imponendo quindi all'animale un singolare "tour".

Art in Tuscany | Domenico Ghirlandaio | The Adoration of the Magi


Strage degli Innocenti

 

Domenico Ghirlandaio, fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze
Domenico Ghirlandaio, Strage degli Innocenti ,affresco nella Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze


La Strage degli Innocenti è la scena che mostra i limiti di Ghirlandaio nell'affrontare scene drammatiche. Nonostante la complessa composizione e gli accenti frenesia dell'episodio, ispirati probabilmente alle battaglie su rilievi romani (come quello rappresentato proprio sull'arco nello sfondo), fece scrivere a proposito Razeto di un pittore "incapace per temperamento di rappresentare la scena e l'azione. [Ghirlandaio] non è il reporter di guerra, ma il cronista che si occupa prevalentemente dei vip"[3]. Nonostante le perplessità della critica moderna, la scena fu la più lodata dal Vasari dell'intero ciclo, condotta "con giudizio, on ingegno e arte grande". In effetti è "una convulsa carneficina da Grand Guignol, su un tappeto di corpicini fatti a pezzi"[3][3], che lo storico aretino trovava consono ai suoi gusti, come denotano anche gli affreschi del Salone dei Cinquecento [3].

In primo piano due madri lottano per salvare i propri figli: quella di sinistra fugge atterrita da un soldato a cavallo che minaccia il figlio che tiene in braccio con uno stiletto, inciampando in una testa di infante grottescamente mozzata; la seconda, a destra, afferra per i capelli un soldato, dipinto come un bel giovane dalla splendida armatura (si notino le costole del soldato), il quale tiene in mano il figlio della donna appena rapito. Colpiscono subito i vividi colori delle vesti e il notevole movimento dei panneggi.

A terra giacciono già molti corpi di bambini ancora in fasce, orrendamente mutilati: braccini, teste e corpicini inermi giacciono a terra in pozze di sangue. In secondo piano infuria la strage, con i soldati a sinistra che si avventano verso le madri a destra. Un soldato cade da cavallo vicino al centro e la bestia compie una drammatica torsione ricadendo su un uomo sdraiato di spalle che si copre con uno scudo dove si legge a lettere dorate SPQR.

Completamente diverso è lo sfondo, che con la sua classica geometria equilibrata contrasta con l'impeto delle figure. Un maestoso arco di trionfo domina la scena, con rilievi di scene militari; ai suoi fianchi due arconi che portano ai due palazzi sui fianchi, presentano sulle sommità delle terrazze dalle quali alcune figure assistono alla scena del massacro.

Art in Tuscany | Domenico Ghirlandaio | Massacre of the Innocents



Morte e Assunzione della Vergine

 

Domenico Ghirlandaio, The Death and Assumption of the Virgin, fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze
Domenico Ghirlandaio, Morte e Assunzione della Vergine, affresco nella Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze


La parete si conclude con la grande lunetta, che presenta la scena della Morte e assunzione della Vergine. La qualità pittorica della scena è piuttosto sommaria rispetto alle altre pitture: poiché situata in alto il Ghirlandaio ne lasciò probabilmente l'esecuzione in larga parte alle maestranze della bottega.

Il corpo dell'anziana Vergine si trova su un giaciglio in un prato, circondata da vari santi, vestiti da ampi mantelli, che sostituiscono i frati e i dignitari delle scene simili, come le Esequie di santa Fina a San Gimignano o quelle di san Francesco nella Cappella Sassetti, opere anteriori dell'artista che a sua volta si ispirano agli affreschi di Giotto nella Cappella Bardi di Santa Croce. Questi personaggi, apostoli e padri della Chiesa, baciano mani e piedi di Maria in segno di deferenza, piangono (come la donna vestita di bianco che si copre gli occhi con i pugni sotto la veste) e pregano. Angeli reggono delle fiaccole, con andamenti lineari di linee ondulate che compongono un ritmo come di danza. Un santo (uno degli apostoli presenti alla scena) regge una palma, simbolo di Resurrezione.

In alto, oltre un paesaggio di colline toscane punteggiate di castelli, borghi fortificati e una villa (a destra, che è la Villa Medici di Fiesole) la Vergine appare di nuovo, giovane e bella, entro una mandorla sorretta da angeli; sopra di lei Dio la accoglie a braccia aperte. L'impostazione di questa scena è arcaico, senza nessuna interazione con la metà inferiore (nessuno degli apostoli si accorge dell'evento miracoloso che avviene in cielo), con qualche errore di proporzione nella prospettiva falsata, nell'eccessiva lunghezza delle braccia di Maria e nel corpo troppo ristretto [5].

Le storie di Maria si concludono nella lunetta della parete centrale con l' Incoronazione della Vergine.

 

Domenico Ghirlandaio's affresco nella Cappella Tornabuoni, con la Villa Medici di Fiesole


Storie di San Giovanni Battista

Parete destra

Nella parete di destra hanno inizio le Storie di San Giovanni Battista, con un punto di contatto con le Storie della Vergine nella scena della Visitazione.
1 rosso, Apparizione dell'Angelo a Zaccaria
2 rosso, Visitazione
3 rosso, Nascita del Battista
4 rosso, Zaccaria, diventato muto, scrive il nome da imporre al figlio
6 rosso, Predicazione del Battista
7 rosso, Battesimo di Cristo
8 rosso, Banchetto di Erode (lunetta)


Apparizione dell'angelo a Zaccaria

Domenico Ghirlandaio, Apparizione dell'angelo a Zaccaria, affresco nella Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze

Questa scena, come le altre tre nel registro più basso, è una delle più belle e curate del ciclo. L'episodio biblico dell' Annuncio dell'angelo a Zaccaria è ambientato in una magnifica architettura di una chiesa rinascimentale aperta verso l'esterno, con un'abside al centro dove si trova Zaccaria occupato a spargere l'incenso mentre gli appare l'angelo. Ghirlandaio decorò le pareti con finti rilievi classici, che proseguono all'estremità sinistra su un monumento che prosegue senza soluzione di continuità nella scena successiva della Visitazione. Il Vangelo di Luca ricorda come Zaccaria fosse una sacerdote del Tempio di Gerusalemme che, ormai in età avanzata, durante una funzione ricevette l'annuncio dell'Arcangelo Gabriele che avrebbe ricevuto un figlio. Siccome non gli credette egli divenne muto finché non si fosse compiuto l'annuncio. L'altare ricorda l'ara classicheggiante di scuola verrocchiesca[6], presente anche nell'Annunciazione di Leonardo da Vinci.

La scena è affollata da sei gruppi di personaggi su livelli diversi: a parte il gruppo di fanciulle appena abbozzate sulla destra, gli altri personaggi sono tutti dei magnifici ritratti di notabili fiorentini dell'epoca, tutti ripresi con un notevole rilievo psicologico, e molti di essi vennero aggiunti per esplicita richiesta del Tornabuoni, che fece modificare il bozzetto originale più sintetico. I due gruppi in primo piano sono collocati in strane cavità, uno stratagemma per disporre più figure su piani diversi. A destra si distingue il gruppo degli umanisti dell'Accademia neoplatonica, tra i quali figurano nell'ordine (da sinistra) Marsilio Ficino, Cristoforo Landino (di spalle con il colletto nero), Agnolo Poliziano e Demetrio Greco, citato dal Vasari, o forse Gentile de' Becchi, vescovo di Arezzo, accademico e già maestro del Magnifico [7]. La loro presenza è un omaggio esplicito alla cultura laurenziana [6].

Nel gruppo di personaggi a figura intera è rappresentato il "gotha" dell'economia fiorentina [6] : a destra ci sono familiari del committente quali Giuliano, Giovanni Tornaquinci e Giovan Francesco Tornabuoni; altri personaggi appartengono ai Sassetti, ai Medici e ai Ridolfi. Da sinistra sono stati elencati Giambattista e Luigi Tornabuoni, Vieri Tornaquinci, Benedetto Dei e unj prelato di san Lorenzo (primo gruppo); poi Giovanni Tornabuoni, Pietro Popolesci, Girolamo Giacinotti e Leonardo Tornabuoni; Seguono sull'altro lato Giuliano Tornabuoni, Giovanni Tornaquinci, Gianfrancesco, Girolamo e Simone Tornabuoni; secondo un'altra ipotesi gli ultimi due sarebbero un autoritratto del Ghirlandaio e di suo cognato, poco plausibile per la presenza degli stessi nell'affresco sulla parete opposta; infine, davanti a un gruppo di donne dai lineamenti generici, tre figure a mezzobusto elgate al Banco dei Medici, Federico Sassetti (figlio di Francesco), Andrea de' Medici e Gianfrancesco Ridolfi: presentano un'espressione realisticamente impacciata, come in imbarazzo davanti ai padroni [8].

Lo sfondo è solenne ma artificioso, che serve soprattutto ad amplificare la dignità dei ritratti secondo quello stile "solenne" dell'arte del Ghirlandaio [6]. L'iscrizione sull'arco a sinistra celebra una data simbolica del completamento della cappella (1490), accompagnata da una citazione di Agnolo Poliziano.

Domenico Ghirlandaio, The Apparition of the Angel to Zechariah, fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze
Apparizione dell'angelo a Zaccaria

 


La Visitazione


Domenico Ghirlandaio, The Visitation, fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze
Domenico Ghirlandaio, La Visitazione, affresco nella Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze


La scena della Visitazione mostra l'incontro della giovane Maria con l'anziana Elisabetta. La composizione della scena è molto complessa: al centro l'episodio chiave è incorniciato e rafforzato dalle linee convergenti di un muro in scorcio (che sfonda in profondità dando uno straordinario effetto di spazio) e di un dirupo sullo sfondo. Dietro Elisabetta stanno due fanciulle, mentre alle due estremità appaiono due gruppi di donne. Il gruppo di sinistra, tre figure aureolate, è forse la stessa fisionomia ritratta in tre diverse angolazioni. Il gruppo di destra è formato dai ritratti di nobildonne contemporanee al pittore: la prima, di profilo e magnificamente abbigliata, con un'elegante capigliatura e in una nobile postura eretta è Giovanna degli Albizzi, maritata a Lorenzo Tornabuoni (nel 1486, lo stesso matrimonio per cui Botticelli decorò ad affresco la loggia di Villa Lemmi): essa era la moglie del figlio del committente, Lorenzo, raffigurato nell'episodio di Gioacchino scacciato dal Tempio. Vasari la scambiò per Ginevra de' Benci, nobildonna oggetto di un ritratto di Leonardo da Vinci. Giovanna indossa lo stesso abito indossato nella scena della Nascita della Vergine, ma con un paio di maniche diverse, quelle estive che scoprono anche la mano. La seguono, in vesti più semplici, Dianora Tornabuoni, sposa di Pier Soderini, e una ragazza riccamente ingioiellata, con acconciatura elaborata. Poco più avanti, due ragazze dei volti generici, sono le accompagnatrici di Elisabetta.

Straordinario è lo sfondo, dove il Ghirlandaio fuse le due sue fonti di ispirazione: l'antichità e la pittura fiamminga. Sulla destra si trova infatti un edificio antico coperto da rilievi classici, mentre a sinistra è raffigurato uno straordinario paesaggio oltre la città, di gusto fiammingo. Notevole è l'idea della terrazza al centro, dove si vedono girati due giovani che si affacciano (anche questa una citazione dell'arte delle Fiandre, ripresa forse dalla Madonna del cancelliere Rolin dipinta nel 1436 da Jan van Eyck, oggi al Louvre, o dal San Luca dipinge la Madonna di Rogier van der Weyden, a Boston), e quella della discesa verso la porta della città, dove salgono due figure. Anche l'apertura tra il dirupo e l'edificio classico, coperta da un passaggio ligneo, è un notevole espediente per dilatare l'orizzonte spaziale della scena. La città rappresentata è una fantasia dell'artista: vi si riconoscono però la torre di Palazzo Vecchio e il campanile di Santa Maria Novella di Firenze, e il Colosseo di Roma. La porta cittadina assomiglia vagamente a Porta San Miniato a Firenze. Il muro di sfondo e l'edificio classico si saldano senza soluzione di continuità alla scena precedente di Zaccaria al Tempio.

Tutti gli elementi richiesti al Ghirlandaio nel contratto con Giovanni Tornabuoni sono qui presenti: il paesaggio, la città, animali, piante, uso della prospettiva, edifici classici e ritratti. L'atmosfera è rarefatta, intonata a un "incantato stupore"[4], con le protagoniste assorte nel doppio miracolo del loro concepimento, tra le astanti che sembrano attonite, ma comunque non assenti. Nello sfondo si vedono due uccelli che volano uniti, un riferimento ai cicli naturali che si trova in numerose opere d'arte dell'epoca.

 
Giovanna Tornabuoni
La Visitazione, affresco nella Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze

Nascita del Battista


Domenico Ghirlandaio, The Birth of the Baptist, fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze
Domenico Ghirlandaio, La Nascita del Battista, affresco nella Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze

« Mentre S. Elisabetta è in letto, e che certe vicine la vengono a vedere e la balia stando a sedere allatta il bambino, una femmina con allegrezza gnene chiede, per mostrare a quelle donne la novità che in sua vecchiezza aveva fatto la padrona di casa; e finalmente vi è una femmina che porta a l'usanza fiorentina frutte e fiaschi da la villa, la quale è molto bella. »
(Giorgio Vasari, Vita di Domenico Ghirlandaio pittore fiorentino, 1568.)

Questa scena rimanda a quella sulla parete opposta, la Nascita della Vergine, della quale riprende la composizione con il grande letto, collocato simmetricamente. Si tratta del registro "sommesso" dell'artista, improntato a un tono domestico e raccolto [9]. La stanza è meno sontuosa di quella dell'altra scena, ma pure rispecchia la ricchezza di ambienti interni probabilmente realmente esistiti nelle case dei ricchi mercanti fiorentini.

Anche qui è notevole l'uso della luce, che staglia fortemente i personaggi in primo piano, colpiti dai raggi diretti della finestra sulla sinistra, e che invece non interessa la serva sullo sfondo, nella penombra. Elisabetta è sdraiata sul letto rialzato, in una maestosa tranquillità, con un libro nella mano sinistra e con le gambe ben modellate dalla coperta che le copre. Colori brillanti sono accostati nella scena: rosso della coperta, verde degli intonaci, arancione, azzurro, rosa e verde cangiante per le vesti dei personaggi. Le due balie in primo piano sono al centro di linee di forza che attirano lo sguardo dell'osservatore: un allatta il bambino e l'altra allunga le mani desiderosa di fare un bagno al bambino nella vicina bacinella verde. Notevolissima è la resa del piede della balia, leggermente scoperto dal panneggio.

Tre donne in piedi recano visita a Elisabetta. La prima è magnificamente vestita e guarda verso l'osservatore: probabilmente si tratta di una familiare dei Tornabuoni; tiene un fazzoletto tra le mani in maniera elegante ed è abbigliata con gioielli e ricami in oro. Delle due donne che la seguono, la più anziana potrebbe rappresentare Lucrezia Tornabuoni, che all'epoca della realizzazione degli affreschi era già deceduta, ma la cui memoria era ancora viva nel committente, che era suo fratello [9].

Infine entra in scena una leggiadra ancella che reca un cesto di frutta sulla testa ed una brocca d'acqua, il cui movimento, un po' forzato, salta agli occhi tra tanta compostezza. Lo svolazzante abito di seta, mosso dal rapido entrare in scena, cita un dipinto di Filippo Lippi, secondo uno schema divenuto frequente nell'arte fiorentina dell'epoca: si ritrova ad esempio sia una delle Grazie botticelliane, sia nelle figure di alcune Salomè; a tal proposito esiste un disegno della Gemäldegalerie di Berlino, attribuito a un vicinissimo seguace di Ghirlandaio (il Mainardi o suo fratello Davide), nel quale la stessa figura è ripresa come Salomè, con la testa del Battista al posto del cesto di frutta.

Interessanti sono anche i dettagli più minuti, che danno un'area di quotidiana familiarità alla scena, come le due bottiglie di acqua e di vino che porge l'ancella, la "natura morta" della frutta sulla testa dell'ancella, la scatola con il vaso e i due melograni [10] sulla spalliera del letto o le preziose stoviglie sbalzate, in primo piano sulla sinistra. In questa attenzione agli oggetti si rivela l'influenza della pittura fiamminga che in quegli anni arrivava a Firenze, influenzando gli artisti locali, tra i quali il Ghirlandaio stesso (che per esempio copiò nella pala di Santa Trinita il gruppo del pastori del Trittico Portinari).

 


Domenico Ghirlandaio, dettaglio dalla Nascita del Battista, Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze (Lucrezia, sorella del committente Giovanni Tornabuoni, è quella più anziana sulla destra)

 


Imposizione del nome


Domenico Ghirlandaio, Zechariah Writes John's Name, fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze
Domenico Ghirlandaio, Imposizione del nome, affresco nella Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze


La scena dell' Imposizione del nome al Battista torna a un registro più solenne. Mostra Zaccaria che, essendo muto, scrive il nome da dare al figlio su un pezzo di carta. La scena è ambientata in un ampio porticato con due avancorpi laterali, previsto dal contratto, che si apre su un paesaggio, creato secondo le leggi della prospettiva aerea (con gli elementi più lontani in dissolvenza).

Le figure non interagiscono con lo sfondo e sono marcatamente asimmetriche per contrastare con il portico ben centrato [11]. La scena principale è al centro, con Zaccaria seduto con una gamba accavallata per creare un appoggio per la pergamena, mentre guarda il figlio in fasce tra le braccia di Elisabetta. Altre figure si trovano sulla sinistra, rompendo la simmetria, ma bilanciate comunque da un gruppo di due donne sulla destra. Con questo stratagemma il centro esatto della composizione è il bambino, che è sull'asse del pilastro centrale dello sfondo.

Gli anziani dietro Zaccaria si stanno chinando per leggere il nome, mentre un giovane in abiti moderni è ritratto di spalle. Delle due donne sulla destra esiste uno studio preparatorio al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi: esse non hanno nessun ruolo nella scena, se non quello di bilanciare la composizione e di indirizzare con il loro sguardo l'attenzione verso il gruppo centrale dell'episodio; Ghirlandaio vi ritrasse la stessa donna, di fronte e di spalle.

 

 

Imposizione del nome, dettaglio


Predicazione del Battista


Domenico Ghirlandaio, Predication of the Baptist, fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze
Domenico Ghirlandaio, Predicazione del Battista, affresco nella Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze


Nella scena della Predicazione del Battista venne ritratto San Giovanni al centro della scena, su una roccia, che istruisce una gran folla assiepata a cerchio attorno a lui. È vestito dalle tipiche pelli ed indica la croce con la mano destra. Dal sentiero in alto sulla sinistra appare Gesù in ascolto.
Tipico della bottega del Ghirlandaio è il gruppo delle donne sulla sinistra, tra le quali spicca la figura di spalle. Al centro si distingue anche la donna seduta, sempre di spalle, e il bambino che sta ai piedi del Battista.
Le altre figure sono invece rese piuttosto sommariamente e denunciano l'intervento della bottega, molto marcato nelle scene nei registri superiori. In generale comunque tutti i personaggi sono tipi umani comuni, senza espressione. L'ambientazione paesistica prosegue anche nella scena successiva [11].



Battesimo di Cristo

 

Domenico Ghirlandaio, Baptism of Christ, fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze
Domenico Ghirlandaio, Battesimo di Cristo, affresco nella Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze


La scena del Battesimo di Cristo è impostata secondo canoni tradizionali. Riprende per esempio, sebbene con minore intensità, la figura dell'ignudo che aspetta sulla sinistra dalla Cappella Brancacci di Masaccio, oppure la figura del Cristo dalla tavola dipinta agli Uffizi di Verrocchio e Leonardo da Vinci. Gli ignudi sono stati attribuiti anche al giovane Michelangelo, di uno dei quali (quello con le gambe incrociate) esiste un disegno nelle collezioni di Casa Buonarroti.
Notevole è la figura del giovane inginocchiato a destra, che si sta togliendo le scarpe e guarda curioso la scena, mentre è più tradizionale la figura del Dio padre benedicente tra angeli, in alto, di sapore quasi tardo gotico.
Molto aggraziato è il paesaggio sullo sfondo, diviso in due parti da uno sperone al centro che incornicia la figura del Cristo.
Le due coppie di figure ai lati sono dipinte piuttosto sommariamente, molto probabilmente disegnate dal Ghirlandaio stesso e realizzate dalla bottega.


Banchetto di Erode


Domenico Ghirlandaio, Herod's Banquet, fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze
Domenico Ghirlandaio, Banchetto di Erode, affresco nella Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze

La scena del Banchetto di Erode, nel lunettone, chiude il ciclo delle storie del Battista. L'ambientazione è una delle più complesse ed efficaci dell'intero ciclo: una stanza realistica dalle forme maestosamente classiche non fa da semplice quinta, ma crea uno spazio reale nel quale si dispongono le varie figure. L'arco dipinto, sostenuto da due colonne, si fonde con l'architettura reale della cappella, come se si trattasse di una stanza sfondata spazialmente. L'architettura, vera protagonista della scena, con le volte a botte con lacunari, ricorda la Basilica di Massenzio a Roma. Due tavoli ai lati sottolineano la composizione prospettica: in quello di sinistra stanno le donne, in quello di destra gli uomini; magnifiche stoviglie in metalli preziosi sono sfoggiate su un ripiano, mentre sul lato opposto sono sistemati i musici.

Al centro sta il tavolo di Erode, dietro al quale si trova una balaustra e un'apertura verso il paesaggio esterno, che sfonda la composizione in profondità. In primo piano Salomè danza sinuosamente (ma la sua figura è più rigida di quella che fece probabilmente da modello, negli affreschi di Filippo Lippi nel Duomo di Prato del 1452-1466), mentre altri personaggi (un uomo a sinistra, un nano al centro, due uomini a sinistra) di spalle guardano a sinistra, dove un servo sta porgendo la testa del Battista a Erode entro una bacinella. Un uomo lì vicino ha un sussulto di sorpresa o di ribrezzo ed alza una mano. Il senso di partecipazione dei personaggi è comunque scarso e non si raggiunge la drammaticità della scena del Lippi, né tantomeno delle prove di Donatello su questo soggetto. Anche in questa scena, come le altre nei registri superiori, è infatti molto frequente la mano di figure della bottega.

Nelle vesti dei personaggi compaiono numerose applicazioni che imitano le gemme e i metalli preziosi.

 

 
Domenico Ghirlandaio, Herod's Banquet, fresco in the Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella, Firenze
Banchetto di Erode (dettaglio)


Parete di fondo


 
Sul muro posteriore sono raffigurate le scene di:
9 verde, Incoronazione della Vergine e santi (lunetta)
1 violetto, San Domenico fa la prova dei libri nel fuoco,
2 violetto, Uccisione di san Pietro martire
5 verde, Annunciazione:

Ambientata in una realistica stanza dove si apre un finestra che lascia scorgere un mite paesaggio, ha i gesti dell'angelo e della Vergine che ricordano l'Annunciazione di Leonardo da Vinci.
5 rosso, San Giovanni nel deserto:

Quando era ancora giovinetto il Battista si recò in penitenza nel deserto. Qui è ritratto in un paesaggio rigoglioso, reso un po' aspro solo dalle pietre sul sentiero e dal dirupo, oltre il quale si vede una città portuale situata a ridosso di un ripido sperone roccioso. Il Battista è ritratto in un movimento scattante che ne agita le vesti, con il volto rivolto verso le scene dove compaiono i suoi genitori, quasi volesse salutarli. Alcuni hanno voluto vedere in questa figura un ritratto di Michelangelo adolescente, all'epoca apprendista nella bottega del Ghirlandaio, ma l'ipotesi appare piuttosto forzata e priva di conferme.
3 e 4 violetto, Oranti (Giovanni Tornabuoni e Francesca Pitti)

Mentre il Tornabuoni è ritratto con notevole realismo, i lineamenti di sua moglie sono molto più rozzi, con pennellate dense e poco sfumate. Il suo pallore emaciato può essere dovuto al fatto che essa era già morta da qualche anno.

La pala d'altare, collocata dopo la morte di Ghirlandaio ed oggi smembrata, si trovava anticamente più a ridosso della parete di fondo, come se fosse tra i committenti.

 


Vault

In the groin-vault are four Evangelist portraits; they write or show their work (apart St. Mark, who is cutting his pen with a knife), flanked by their symbols.

In reference to the figure, they are:

* St. John the Evangelist (1 yellow)
* St. Matthew (2 yellow)
* St. Luke (3 yellow)
* St. Mark (4 yellow)

San marco


Stile degli affreschi


   
La popolarità del Ghirlandaio stava nella sua maestria nell'ambientare le scene sacre nella vita sociale dell'epoca e nella sua ineguagliabile abilità nel ritrarre i membri della migliore società fiorentina, della quale i Tornabuoni, stretti alleati dei Medici, erano allora una delle famiglie più importanti. Il racconto evangelico appare così trasposto in ambiente vicino e familiare per fruitori degli affreschi, in cui il committente e la sua cerchia sono glorificati nelle proprie virtù morali e religiose, con una certa ostentaione che è testimonianza di fede e di moralità ufficiale [12]. Il "popolo grasso" presente tra i santi rassicura così il "popolo minuto" sul fatto che chi li governa è pio e virtuoso, sottolineando come il potere della classe dominante non sia frutto del solo potere economico, ma anche della grazia divina [12].

Tutto sommato il risultato finale fu discontinuo: le scene più basse, curate direttamente dal maestro più vicine allo spettatore, hanno ritratti meravigliosi, composizioni equilibrate e magnifici dettagli; le scene superiori invece sono più statiche, mostrano movimenti impacciati, una composizione sommaria e disparità nella resa delle figure, che fanno pensare a un massiccio intervento della bottega; questa discontinuità influì negativamente, in un certo senso, presso la critica circa il valore da dare all'opera del Ghirlandaio, che alcuni non esitarono a ridimensionare come un importante "ritrattista" e niente più (presupponendo una gerarchia implicita tra i vari soggetti della pittura), mentre solo nella seconda metà del Novecento è stato rivalutato. la minure cura dei dettagli nelle scene superiori è comunque bilanciata da maggiori aperture paesistiche e un registro più sciolto e veloce, con alcune figure appena tracciate che riprendono lo stile della pittura compendiaria romana.

La presenza di Michelangelo

   
Argomento tuttora aperto, nonostante gli studi ripetuti in merito, è l'individuazione di eventuali apporti del giovane Michelangelo Buonarroti, all'epoca apprendista adolescente nella bottega di Ghirlandaio, dove restò forse per tre anni o poco meno. Se da un lato la giovane età del fanciullo (che al termine degli affreschi aveva quindici anni) lo relegherebbe a mestieri da garzone (preparazione dei colori, riempimento di partiture semplici e decorative), dall'altro è noto che egli era il migliore dei giovani allievi e non è da escludere che gli fossero affidati alcuni compiti più di rilievo [13]. Vasari, precisissimo sulla biografia del grande Michelangelo, riportò come Domenico avesse sorpreso il fanciullo a "ritrarre di naturale il ponte con alcuni deschi, con tutte le masserizie dell'arte, et alcuni di que' giovani che lavoravano", tanto che fece esclamare al maestro "Costui ne sa più di me".

Fineschi attribuisce al giovane pittore le figure affacciate di spalle nella Visitazione, mentre altri si sono spinti oltre assegnandogli alcuni ignudi, come l'uomo pensoso col barroccio nella Presentazione al Tempio (da alcuni accostato al ritratto di Lorenzo nella Sagrestia Nuova), o il gruppo di battezzandi nel Battesimo di Cristo, che richiamerebbero alcuni gesti tipici dei garzoni di bottega, come l'accovacciarsi per macinare i colori. Il giovane di spalle, con le gambe leggermente incrociate riappare dopotutto in un disegno del Corpus michelangiolesco di Casa Buonarroti, sul foglio 3 del Volume II,3, sicuramente opera giovanile e autografa [13].

Altri infine gli hanno attribuito il paffuto San Giovannino nel deserto della parete centrale, dagli accenti scultorei così diversi dalla serenità solenne dell'arte di Ghirlandaio [14].


 

Michelangelo, disegno giovanile, Casa Buonarroti

Il coro

Il magnifico coro ligneo venne intagliato e intarsiato da Baccio d'Agnolo nello stesso periodo in cui venivano eseguiti gli affreschi (1485-1490), con un ricco ornamento "all'antica" del postergali, tra i quali quello con San Giovanni nel deserto e quello con San Lorenzo sono attribuiti a Filippino Lippi, impegnato all'epoca nella vicina Cappella di Filippo Strozzi.

Il Vasari però fece rimaneggiare completamente il coro nel 1566, quando furono rifatti i braccioli, i sedili e le mensole degli stalli del primo ordine. Il grande leggio ligneo, usato per appoggiare i codici miniati con i canti liturgici, risale al Cinquecento e reca lo stemma dei Minerbetti.


Altri arredi

L'altare centrale è un'opera neogotica del XIX secolo. Il Crocifisso centrale è invece del Giambologna. Il candelabro per il cero pasquale di destra, con colonnina tortile, è attribuito a Piero di Giovanni Tedesco (fine del XIV secolo), mentre il suo gemello di sinistra è una riproduzione moderna.
     
   

[0] Lucrezia Tornabuoni (Firenze, 1425 – 28 marzo 1482) fu una poetessa italiana, figlia di Francesco Tornabuoni, moglie di Piero di Cosimo de' Medici e quindi madre di Lorenzo il Magnifico. Amica di personaggi come Luigi Pulci (che la celebrò nel canto XXVIII del Morgante) o Agnolo Poliziano, si sposò con il figlio di Cosimo de' Medici Piero nel 1444, un uomo altrettanto intelligente e amante delle arti e della cultura, di nove anni più anziano di lei. La famiglia Tornabuoni infatti era stata tra quelle della fazione medicea che avevano aiutato Cosimo a tornare a Firenze dopo l'esilio, e il matrimonio tra i due suggellò questa alleanza.

I Tornabuoni: una famiglia fiorentina alla fine del Medioevo

I Tornabuoni furono un'antica famiglia nobiliare di Firenze. an Italian merchant, banker and patron of the arts from Florence.La famiglia si arricchì con il commercio e il cambio (attività bancaria), arrivando ad essere inserita tra i "magnati", cioè quelle famiglie "aristocratiche" che godevano di un certo potere economico e anche militare. A questo erano arrivati soprattutto tramite la fortuna commerciale, non essendo nessun Tornaquinci dichiarato cavaliere né aver partecipato alle crociate. Fecero parte della fazione guelfa e patirono diverse vittime durante la battaglia della Val di Nievole dell'agosto del 1315. Con la sconfitta però della fazione ghibellina vollero accedere alle cariche pubbliche, ma la loro ascesa politica venne presto sbarrata dalle leggi anti-magnatizie. Nel 1393 il ramo principale della famiglia, di Simone di Tieri Tornaquinci, decise allora di cambiare nome per convenienza diventando "popolani" e scegliendo l'appellativo di Torna-"Buoni".


Alleanza coi Medici e apogeo

Nel primo Quattrocento la famiglia fu nella rosa degli alleati fidati di Cosimo de' Medici, ricoprono spesso cariche pubbliche manovrate nell'ombra da Cosimo stesso. Il suggello di questo patto fu il matrimonio di Lucrezia Tornabuoni, donna estremamente colta, poetessa e tra le protagoniste della scena fiorentina dell'epoca, con Piero de' Medici, divenuto poi Signore di Firenze alla morte del padre. Lucrezia fu la diretta responsabile dell'imparentamento dei Medici con gli Orsini (fece infatti sposare a suo figlio Lorenzo, "il Magnifico", Clarice Orsini, scelta da lei personalmente in un viaggio a Roma), che si dimostrò poi una delle alleanze più preziose per la casata, che fruttò in seguito l'elezione al soglio pontificio del nipote di Lucrezia, Giovanni, poi papa Leone X.

Fratello di Lucrezia fu Giovanni Tornabuoni, banchiere di fama e colto mecenate, che fece costruire il palazzo nella via fiorentina che da essi prende il nome: via de' Tornabuoni.
Giovanni Tornabuoni (Firenze, ... – post 1490) è stato un banchiere e mecenate italiano.
Uomo di fiducia di casa Medici (fratello di Lucrezia Tornabuoni, quindi zio di Lorenzo il Magnifico), fu per loro direttore della filiale romana come tesoriere di papa Sisto IV.

Fu inoltre ambasciatore per Firenze presso il papa (nel 1480 e nel 1484) e gonfaloniere di Giustizia nel 1482. Sposò Francesca Pitti, figlia del ricchissimo Luca Pitti che diede il nome al famoso palazzo fiorentino, restando vedovo nel 1477. La pena per la prematura perdita della moglie, durante un parto, è tramandata da una lettera che inviò al nipote Lorenzo il Magnifico da Roma: "Carissimo mio Lorenzo, [...] sono stanto oppresso da passione e dolore per l'acerbissimo e inopinato caso della mia dolcissima sposa che io medesimo non so dove mi sia. La quale, come avra' inteso ieri, come piacque a Dio, a ore XXII sopraparto, passò di questa presente vita e la creatura sperata da lei, gli cavammo di corpo morta, che m'è stato ancora doppio dolore." Per lei fece costruire una cappella funebre in Santa Maria sopra Minerva, con affreschi perduti di Domenico Ghirlandaio. Ebbe comunque due figli maschi, Lorenzo e Giovanni.

Quando si trovava a Roma ospitò la sorella Lucrezia in cerca di una moglie di lignaggio per il figlio Lorenzo, che individuò in Clarice Orsini, la nobile romana che portò la prima parentela nobile in Casa Medici.

Nel 1485 firmò il contratto con Domenico Ghirlandaio per la commissione di un grandioso ciclo di affreschi nella cappella maggiore di Santa Maria Novella, che venne poi chiamata Cappella Tornabuoni. In questo ciclo, che è il più vasto di Firenze, fece ritrarre numerosi membri della sua famiglia e della migliore società fiorentina. Lui e sua moglie Francesca Pitti (sposata nel 1466 dalla quale ebbe due figli) sono ritratti inginocchiato in basso sulla parete di fondo, nella posizione tipica dei committenti. Nel 1481 il Ghirlandaio lo aveva ritratto anche assieme ad altri illustri fiorentini contemporanei nella scena della Vocazione dei primi apostoli nella Cappella Sistina.
Suo rivale fu Francesco Sassetti, altrettanto fidato uomo vicino ai Medici, al quale subentrò nella direzione del Banco dei Medici nel 1484. Morì dopo il 22 dicembre 1490.

[1] Quermann, cit., pagg. 40-41.
[2] Razeto, cit., pag. 92
[3] Razeto, cit., pag. 97.
[4] Razeto, cit., pag. 94.
[5] Micheletti, cit., pag. 53.
[6] Razeto, ciit., pag. 93
[7] Micheletti, cit., pag. 55.
[8] Micheletti, cit., pag. 54.
[9]Razeto, cit., pag. 95.
[10] Il melograno è un frutto legato simbolicamente alla fertilità femminile
[11] Razeto, cit., pag. 96.
[12] Razeto, cit. pag. 99.
[13] Razeto, cit., pagg. 99-100.
[14] micheletti, cit., pag. 65.


Bibliografia


 


Francesca Pitti-Tornabuoni


Giovanni Tornabuoni
Domenico Ghirlandaio, Orante (Giovanni Tornabuoni), affresco nella Cappella Tornabuoni di Santa Maria Novella, Firenze

Andreas Quermann, Ghirlandaio, serie dei Maestri dell'arte italiana, Könemann, Köln 1998.

Francesco Razeto, La Cappella Tornabuoni a Santa Maria Novella, in AA.VV., Cappelle del Rinascimento a Firenze, Editrice Giusti, Firenze 1998. ISBN 88-8200-017-6

Guida d'Italia, Firenze e Provincia ("Guida Rossa"), Edizioni Touring Club Italiano, Milano 2007.

Emma Micheletti, Domenico Ghirlandaio, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004. ISBN 88-8117-099-XBibliografia

Marcello Vannucci, Le grandi famiglie di Firenze, Newton Compton Editori, 2006


Notizie storico critiche | La scheda ufficiale di catalogo | www.polomuseale.firenze.it
La decorazione del Ghirlandaio copre una precedente decorazione di AndreaOrcagna, eseguita su commissione della famiglia Tornaquinci tra il 1340 e il 1348, e che cogli anni si era sciupata a causa di infiltrazioni d'umidita'. Per l'esecuzione dell'intero ciclo pittorico il Ghirlandaio si servi' della collaborazione della sua bottega, che esegui' gli affreschi su disegni preparati dal maestro. Si tratta per lo piu' di schizzi per singole figure, riutilizzate in diversi affreschi. Le mani degli allievi sono piu' evidenti negli scomparti posti in alto, meno visibili agli occhi degli osservatori, e nelle piccole figure generalmente poste sullo sfondo. A questo proposito il Vasari, che doveva essere ben informato, per aver ricevuto direttamente notizie da Francesco Granacci e da Ridolfo Ghirlandaio, entrambi nella bottega di Domenico, fa il nome di David e Benedetto Ghirlandaio, Sebastiano Mainardi, Michelangelo, Francesco Granacci, Niccolo' Cieco, Iacopo del Tedesco, Jacopo dell'Indaco, Baldino Baldinelli, Giuliano Bugiardini. Che le storie affrescate dal Ghirlandaio abbiano un valore documentario e' stato piu' volte ripetuto, e in effetti sono qui ritratte in abiti del tempo giovani nobildonne e alcuni dei personaggi piu' illustri della Firenze di fine Quattrocento quali, ad esempio, i quattro filosofi umanisti Ficino, Landino, Poliziano, Demetrio Greco. Anche le ricostruzioni di interni sono fedeli e il gusto per la citazione classica che il Ghirlandaio mostra nella resa di architetture e decorazioni testimonia la consuetudine che un artista del Quattrocento aveva con l'antica Roma. La commissione prevedeva anche l'esecuzione di un dipinto da collocarsi sopra l'altar maggiore che, eseguito per lo piu' dalla bottega a causa della morte prematura del Ghirlandaio, fu fra il 1560 e il 1565, all'epoca dei lavori di ristrutturazione del Vasari alzato e portato in avanti di oltre tre metri. Nel 1804, in occasione dei nuovi restauri della chiesa, fu rimosso e smembrato e si trova oggi diviso fra le Gallerie di Monaco, di Berlino e in collezioni private. Nel 1940, durante i restauri degli affreschi del Ghirlandaio, sono affiorate sotto i costoloni della volta, entro compassi mistilinei, alcune figure (probabilmente di profeti), facenti parte della precedente decorazione dell'Orcagna (gli affreschi staccati sono attualmente collocati nei locali del museo di S. Maria Novella, cfr. scheda 09/00285308). Gli affreschi del Ghirlandaio sono stati piu' volte restaurati. Il restauro settecentesco e' ricordato dal Bottari ed e' forse da ricondurre ad Agostino Veracini, che in quegli anni restaurava anche il Cappellone degli Spagnoli. Il restauro attuale e' completato per la parete destra ed è in corso per quella sinistra.

Art in Tuscany | Florence | Santa Maria Novella

Giorgio Vasari's Lives of the Artists | Domenico Ghirlandaio, painter of Florence

Wikimedia Commons has media related to Domenico Ghirlandaio and the Cappella Tornabuoni, the main chapel (or chancel) in the church of Santa Maria Novella, Florence.

Lucrezia Tornabuoni de' Medici (1425-1482)

Pamela Livingston, "Lucrezia Tournabuoni de Medici, Pious Politician: The Power of Women's Patronage in Renaissance Florence, Italy", 2009.

The Tornabuoni Chapel | Excerpt from Paola Tinagli, Women in Italian Renaissance Art: Gender, Representation, Identity (Manchester, 1997)

Virtue and Beauty: Leonardo's "Ginevra de' Benci" and Renaissance Portraits of Women
| The exhibition surveyed the phenomenal rise of female portraiture in Florence from c. 1440 to c. 1540 and was on view in the West Building of the National Gallery of Art from 30 September 2001 through 6 January 2002.

 

Questo articolo è basato sulgli articoli Domenico Ghirlandaio e Cappella Tornabuoni, dell' enciclopedia Wikipedia ed è rilasciato sotto i termini della GNU Free Documentation License.
Wikimedia Commons contiene file multimediali su Cappella Tornabuoni.
 
   


Vacanze in Maremma | I migliori siti vacanze in Toscana | Podere Santa Pia

 
 
   
Florence, Santa Croce
Podere Santa Pia
Podere Santa Pia, giardino
Florence, Santa Croce
         

Santa Trinita a Firenze
San Marco a Firenze
Florence, Chiesa di Ognissanti
         
 
 
Florence, San Miniato al Monte
Florence, Duomo
Florence, Piazza della Repubblica
         

Podere Santa Pia è situata nella suggestiva cornice del valle d'Ombrone, nei pressi di Montalcino, e gode dello splendido panorama sulla Maremma, fino al mare e l'isola Monte Christo

.

Santa Maria Novella, Firenze


   

La basilica di Santa Maria Novella è una delle più importanti chiese di Firenze e sorge sull'omonima piazza. Se Santa Croce era ed è un centro antichissimo di cultura francescana e Santo Spirito ospitava l'ordine agostiniano, Santa Maria Novella era per Firenze il punto di riferimento per un altro importante ordine mendicante, i domenicani.
Nel 1219, dodici domenicani arrivarono a Firenze da Bologna, guidati da Fra' Giovanni da Salerno. Nel 1221, ottennero la piccola chiesa di Santa Maria delle Vigne, così chiamata per i terreni agricoli che la circondavano (all'epoca fuori dalle mura). Questa chiesetta, di proprietà dei canonici del Duomo, era stata consacrata nel 1049 o, secondo altre fonti, nel 1094, anche se questa seconda ipotesi è più probabile, poiché nell'Archivio Capitolare della cattedrale fiorentina è conservato un documento che menziona questa data. Ad ogni modo, della chiesetta antica sono stati trovati alcuni resti sotto l'attuale sagrestia, in particolare le basi di alcuni pilastri romanici.
Nel 1242 la comunità domenicana fiorentina decise di iniziare i lavori per un nuovo e più ampio edificio, ottenendo dal papa la concessione di indulgenze per chi avesse contribuito economicamente ai lavori già a partire dal 1246. Il 18 ottobre 1279, durante la festa di San Luca, venne celebrata nella Cappella Gaddi la cerimonia della Posa della Prima Pietra con la benedizione del cardinale Latino Malabranca Orsini, anche se di fatto i lavori erano già da tempo iniziati. La nuova chiesa aveva la facciata orientata verso sud. La costruzione fu completata alla metà del XIV secolo. Il progetto, secondo fonti documentarie molto controverse, si deve a due frati domenicani, fra' Sisto da Firenze e fra' Ristoro da Campi, ma partecipò all'edificazione anche fra' Jacopo Passavanti, mentre il campanile e buona parte del convento si deve all'intervento immediatamente successivo di fra' Jacopo Talenti. La chiesa, sebbene già conclusa verso la metà del Trecento con la costruzione dell'adiacente convento, fu tuttavia ufficialmente consacrata solo nel 1420 da papa Martino V che risiedeva in città.

Su commissione della famiglia Rucellai, Leon Battista Alberti disegnò il grande portale centrale, la trabeazione e il completamento superiore della facciata, in marmo bianco e verde scuro, terminata nel 1470. Tra il 1565 e il 1571 la chiesa fu rimaneggiata ad opera di Giorgio Vasari, con la rimozione del recinto del coro e la ricostruzione degli altari laterali, che comportò l'accorciamento delle finestre gotiche. Tra il 1575 e il 1577 fu costruita da Giovanni Antonio Dosio la cappella Gaddi. Un ulteriore rimaneggiamento si ebbe tra il 1858 e il 1860 ad opera dell'architetto Enrico Romoli.

Un importante restauro è stato effettuato nel 1999 con i fondi del giubileo, in seguito al quale per l'accesso alla chiesa è stato istituito un biglietto d'ingresso. Dall'aprile 2006 al marzo 2008 la facciata è stata di nuovo restaurata.

 

Museo di Santa Maria Novella

Indirizzo | Piazza di Santa Maria Novella, 50123 Firenze (FI)
Orari |l un/ven/sab/dom: 10-16
Chiuso nei giorni di Capodanno, Pasqua, 1 maggio, 15 agosto, 25 dicembre


Grotere kaart weergeven 
 

Museo di Santa Maria Novella

Il museo ha sede nell’antico convento domenicano di Santa Maria Novella che, insieme con l’annessa basilica, costituisce uno dei complessi monumentali più prestigiosi della città, per le importanti vicende di storia civile e religiosa di cui è stato protagonista e per la straordinaria qualità dei capolavori artistici che vi si conservano.
I chiostri inclusi nel percorso di visita presentano rare testimonianze della pittura fiorentina del Trecento e del Quattrocento. Il più noto è il Chiostro Verde che deve il suo nome al colore dominante dell’inconsueto ciclo di affreschi quattrocenteschi con Storie della Genesi che ne decora le pareti. Il ciclo comprende importanti pitture di Paolo Uccello, tra le quali il celebre capolavoro del Diluvio Universale.
Dal chiostro si entra nell’antico Capitolo del convento, detto Cappellone degli Spagnoli da quando nel XVI secolo fu ceduto dal duca Cosimo I de’ Medici ai connazionali della moglie Eleonora di Toledo. L’ampia cappella è decorata da un pregevole ciclo di affreschi trecenteschi di Andrea di Bonaiuto che celebra il ruolo dei Domenicani in seno alla Chiesa attraverso una complessa trama di richiami allegorici.
La visita prosegue con la Cappella degli Ubriachi e con l’antico Refettorio del convento, affrescato da un allievo di Agnolo Gaddi nel tardo Trecento e poi, di nuovo, da Alessandro Allori alla fine del XVI secolo. Questi due ambienti ospitano un’esposizione permanente costituita da una ricca selezione di oreficerie, arredi sacri e paramenti liturgici appartenenti all’antico Tesoro della chiesa di Santa Maria Novella e da una serie di dipinti provenienti da diverse aree del complesso monumentale.