Andrea Mantegna


Elenco opere in ordine cronologico

Il Polittico di San Luca, 1453-1455

Presentazione al Tempio, 1455

Cappella Ovetari, 1448-1457
      L'Assunzione della Vergine, 1448-1457

Orazione nell'orto, 1458-60 circa

Ritratto del cardinale Ludovico Trevisan, 1459-1460

Ritratto di Carlo de' Medici, 1466 circa

La Camera degli Sposi (1465-1474)

Parnaso, 1497

Ecce Homo, 1500 circa

San Sebastiano, 1481

Il Trionfo della Virtù, 1502 circa

Giorgio Vasari | Le vite | Andrea Mantegna







 





 

             
 
Andrea Mantegna, San Sebastiano (dettaglio), 1481 circa, tempera a colla su tela, Museo del Louvre, Parigi


 
       
   

Andrea Mantegna, San Sebastiano

   
   
Andrea Mantegna dipinse tre volte il tema di San Sebastiano. La prima volta in un quadretto di 68 cm. x 31 che si trova ora al Kunsthistorisches Museum di Vienna... L’opera è stata datata intorno al 1456- 59 perché tre lettere del Marchese Ludovico Gonzaga, datate nel marzo e maggio del 1459 e indirizzate a Padova, concedono al Mantegna di finire un’operetta che l’artista stava eseguendo per il podestà di Padova, Jacopo Antonio Marcello.[1]

Il secondo San Sebastiano del Mantegna, ora al Museo del Louvre a Parigi, proviene dalla chiesa parrocchiale di Aigueperse... Erika Tietze-Conrat lo poneva nel 1467, al tempo della Camera degli Sposi a Mantova, e in rapporto con l’Ipnerotomachia di Polifilo... Precedentemente era stato suggerito che il dipinto fosse stato portato in dote da Chiara Gonzaga , nipote del Marchese di Mantova Gianfrancesco Gonzaga, quando andò sposa nel 1481 a Gilberto di Borbone, che aveva un castello a Montpensier, non lontano da Aigueperse.

Il terzo San Sebastiano del Mantegna si trova ora alla Ca’ d’Oro a Venezia come parte della donazione del Barone Franchetti... La datazione varia considerevolmente, dal 1486-92 proposto dalla Tietze perché considerava il dipinto un pendant dei Trionfi di Cesare, al 1506 proposto dal Battisti, che lo metteva in rapporto con la peste del 1506.[2]
   
   

Il San Sebastiano di Vienna


 


San Sebastiano è un dipinto a tempera su tavola (68x30 cm) di Andrea Mantegna (opera firmata), databile al 1456-1457 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna.
L'opera è stata datata dai vari studiosi entro un arco molto ampio, che va dagli anni cinquanta a quelli settanta e oltre del XV secolo. Le ipotesi più accreditate legano però l'opera al periodo padovano (conclusosi nel 1460 con la partenza dell'artista per Mantova), come dimostrerebbe la complicata firma in greco, che venne verosimilmente concepita nel clima umanistico erudito di Padova. La stessa città era stata investita da un'epidemia di peste nel 1456-1457 e la figura di san Sebastiano è il più diffuso protettore dalle epidemie. L'opera potrebbe quindi essere stata un segno di devozione e un ringraziamento per la fine del contagio. Descrizione e stile

San Sebastiano è rappresentato legato a una colonna di un monumento romano in rovina, poggiante su una piattaforma con pavimento a scacchiera, oltre la quale si apre un lontano paesaggio di sfondo. Il santo è ritratto nudo con il solo perizoma, secondo la consuetudine del secondo Quattrocento che offriva agli artisti l'occasione di dare una talentuoso saggio di conoscenza anatomica. Il santo è trafitto dalle frecce del martirio, che stanno conficcate nel corpo in profondità. Un tipico confronto è con l'analogo San Sebastiano di Parigi, più grande e probabilmente successivo (di alcuni anni o anche, se legato al matrimonio di Chiara Gonzaga come si crede, databile al 1481), con un'impostazione generale simile, ma alcune differenze nell'atteggiamento del santo (più contorto nella tavola viennese) e nell'uso del colore (più morbido e sfumato nella tavola parigina).

Sul pilastro a sinistra del santo corre una scritta in greco (TO.EPΓON.TOY.ANΔPEΟY, "Opera di Andrea") che attribuisce la paternità dell'opera al Mantegna. Nella città sullo sfondo è forse ricononoscibile Verona, città alla quale rimanda anche la curiosa presenza di una nube a forma di cavaliere in alto a sinistra, legata alla leggenda di re Teodorico, descritta sui rilievi della basilica di San Zeno a Verona. L'estraneità di Teodorico con la storia di san Sebastiano ha fatto pensare che si potesse anche trattare di un accenno a un cavaliere dell'Apocalisse, come simbolo della peste contro cui san Sebastiano veniva implorato.

La scena è corredata da vari frammenti di sculture e architetture in rovina, ben compatibili con la cultura epigrafica padovana, con una somiglianza tra alcuni dettagli architettonici con quelli della Circoncisione del Trittico degli Uffizi, in particolare il pilastro e la sua decorazione a candelabre.

 

 

 


L'apparizione nella nube

 

 

 

San Sebastiano del Louvre


Andrea Mantegna, San Sebastiano (detail), 1481 circa, tempera a colla su tela, Museo del Louvre, Parigi


Il San Sebastiano del Louvre di Andrea Mantegna, è databile al 1481 circa ed è custodito nel Museo del Louvre Parigi.
Il dipinto viene di solito messo in relazione con le nozze di Chiara Gonzaga, figlia del marchese Federico I, con Gilbert de Bourbon, conte di Montpensier e delfino d'Auvergne. La tela sarebbe così giunta in Francia tramite la dote della principessa mantovana e si sa che prima di giungere al Louvre si trovava nella Sainte-Chapelle di Aigueperse, fondata dal padre di Gilbert in Alvernia, appunto.

Del dipinto esiste un precedente, il San Sebastiano di Vienna, risalente probabilmente alla fine del periodo padovano (1458-1460 circa) e caratterizzato da un'impostazione simile. Un'altra versione più tarda ed espressiva si trova alla Galleria Franchetti nella Ca' d'Oro di Venezia. Descrizione e stile

San Sebastiano è ripreso frontalmente e legato a una colonna di un'antica costruzione abbandonata e diroccata, proprio come nel dipinto del Kunsthistorisches Museum di Vienna, raffigurato in una precedente pagina. Ai piedi del martire, la cui figura si staglia imponente contro una paesaggistica composta da costruzioni moderne ed altre in rovina, stanno frammenti di elementi architettonici, volutamente composti e prescelti con gusto archeologico dall'artista. In basso sulla destra stanno i mezzi busti di due arcieri flagellatori che richiamano la pittura di Van der Weyden. L'opera apparteneva alla famiglia Gonzaga che, in occasione del matrimonio di Chiara con il conte Gilbert di Bourbon Montpensier, nel 1481, venne donata alla chiesa di Notre-Dame. Più tardi pervenne al Museo.

Per quanto riguarda la cronologia, Fiocco e Coletti la collocano in un periodo anteriore alla Pala di San Zeno, assai vicino a quello dell'Adorazione dei pastori custodito nel Metropolitan Museum di New York. La Tietze-Conrat e Cipriani gli assegnano una data intorno al 1473, che corrisponde al periodo della Camera degli Sposi, mentre la stragrande maggioranza degli studiosi ipotizza il 1480.

Il dipinto raffigura il santo trafitto dalle frecce del martirio e legato alla colonna di un'imponente costruzione architettonica all'antica, ormai diroccata e in rovina. Ai suoi piedi stanno vari frammenti classici, tra cui il piede d'una statua: Mantegna era infatti appassionato di reperti antichi, che collezionava e inseriva spesso nelle sue opere. In primo piano, nell'angolo in basso a destra, si notano i due giustizieri, l'arciere e un compagno, che sono raffigurati con quell'insistenza chiaroscurale sui solchi del viso tipica delle opere di Mantegna più espressive. Alcuni dettagli grotteschi o iperrealistici (come l'espressione truce dell'arciere o la finezza con cui sono disegnati uno per uno i peli della sua barba) rimandano ad opere fiamminghe, in particolare alla lezione di Rogier van der Weyden che Mantegna ebbe modo di assimilare in gioventù.

Il santo, come consueto nelle rappresentazioni dalla seconda metà del Quattrocento in poi, diede l'opportunità al pittore di eseguire una virtuosa rappresentazione anatomica del nudo maschile, con il torace trattato con una particolare morbidezza di toni, su cui spicca per contrasto la durezza quasi marmorea del panneggio del perizoma. Le frecce, a differenza della tavola viennese, entrano ed escono da corpo martirizzato, scorrendo talvolta sottopelle, per aumentare il senso tragico di dolore del martirio, che Sebastiano sembra tra l'altro sopportare con pietosa rassegnazione grazie alla fede religiosa, come suggerisce il suo viso rivolto al cielo. Da notare alcuni virtuosismi, come l'effetto delle corde che stringono le carni con grande realismo, come sul braccio destro.

Lo sfondo è occupato da un lontano paesaggio montuoso, con un capriccio di architetture, antiche e moderne, che, in ossequio alla forma della tela, si svolge in maniera più che altro verticale, sullo sfondo di un cielo sereno attraversato da gonfie nuvole. Il monte è dominato in alto da un castello, appoggiato su uno sperone roccioso, sotto il quale sta un'altra rocca. Più in basso si trova la città (visibile anche a sinistra), sotto la quale spicca una piazza lastricata circondata da monumenti romani in rovina: una porta-arco di trionfo con alto attico (le mura superiori richiamano le aggiunte tipicamente medievali come nell'arco di Augusto di Rimini) e una sorta di tempio con mozziconi di colonna e una parapetto scolpito a bassorilievi, che si erge sopra un porticato in grossi blocchi di pietra. Non si tratta più delle ricostruzioni in stile che avevano caratterizzato le opere giovanili come la Cappella Ovetari, ma di un'interpretazione più inquieta, con le rovine che simboleggiano la caducità del mondo antico.

 



 


Andrea Mantegna, San Sebastiano, 1481 circa, tempera a colla su tela, Museo del Louvre, Parigi



Andrea Mantegna, San Sebastiano (detail)


   
 
Il San Sebastiano di Venezia


 
San Sebastiano è un dipinto, tempera su tela (213x95 cm), di Andrea Mantegna, databile al 1506 circa e conservata nella Galleria Franchetti presso la Ca' d'Oro a Venezia.[4]

Il dipinto è identificabile tra le opere rimaste nella bottega di Mantegna alla sua morte nel 1506. Fin dalla prima metà del XVI secolo l'opera era già conservata nella casa padovana di Pietro Bembo, dove venne vista da Marcantonio Michiel[1]. Presso gli eredi del cardinal Bembo, nel 1810, venne acquistato dall'anatomico e chirurgo professor Antonio Scarpa per la sua raccolta di Pavia. Alla sua morte, nel 1832, il dipinto giunse in eredità al fratello e al nipote di Motta di Livenza (Treviso), dove fu conservato fino al 1893, quando è acquistato dal barone Giorgio Franchetti per il suo palazzo veneziano, la Ca' d'Oro, che poi lasciò al comune di Venezia nel 1916 [3].

Viene di solito collocato nella fase estrema della produzione dell'artista, a ridosso della morte, per gli oscuri presagi legati al cartiglio. Alcuni critici hanno messo l'opera in relazione a una fase anteriore, vicina ai Trionfi di Cesare o ancora più antica, con la cornice marmorea che richiama addirittura il periodo padovano.

L'autore si era già confrontato con questo tema in almeno altre due opere: una giovanile, oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna, e una della maturità, oggi al Louvre. Il dipinto di Venezia era tra quelli che si trovavano nella bottega dell'artista nel 1506 dopo la sua morte, come il Cristo morto, e venne probabilmente acquistato dal cardinale Sigismondo Gonzaga. La permanenza nell'atelier per tanto tempo fu forse la condizione che permise alcuni interventi forse di mano dello stesso artista, quali la ripassatura totale e la "moralizzazione" del drappo in corrispondenza dell'inguine, che venne nascosto da uno strato quasi informe di biacca, forse ad opera del figlio Francesco o comunque di un allievo.


Descrizione e stile

A differenza delle due opere precedenti, il San sebastiano di Venezia è un'opera tormentata e intensamente espressiva, dove la solennità classica ha lasciato il posto al solo dramma della sofferenza. Il santo è rappresentato su sfondo scuro, entro una finta cornice marmorea dove sono appese due file di perline di vetro e corallo. Il suo corpo legato (è sparita anche la colonna) domina l'intera rappresentazione, con il volto in ombra piegato in una smorfia sofferente. La figura del martire appare come scossa da un brivido che lo fa prorompere nello spazio della "finestra" e fa sembrare imminente lo scoppio in urlo. Vari dettagli danno infatti un senso di movimento alla scena: i capelli del giovane, la posizione inclinata e il drappeggio del perizoma, che sfocia in due drappi svolazzanti alle estremità. Le numerose frecce attraversano il corpo del martire con traiettorie discordanti, passando spesso sottopelle e riuscendo fuori, secondo uno schema teso ad amplificare la sensazione di dolore e la compassione nell'osservatore.

In basso si trova una candela, un memento mori particolarmente significativo vista la tarda età dell'artista. Il cartiglio che vi è appeso recita: NIHIL NISI DIVINVM STABILE EST / COETERA FVMVS, "Nulla è durevole tranne Dio: il resto è fumo".


 

St Sebastian, c. 1506, Galleria Franchetti, Ca' d'Oro, Venice

Bibliografia


Maria Bellonci, Mantegna, Skira, Milano 2003.

Tatjana Pauli, Mantegna, serie Art Book, Leonardo Arte, Milano 2001. ISBN 978-88-8310-187-8

Ettore Camesasca, Mantegna, in AA.VV., Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2007. ISBN 88-8117-099-X

Francesca Marini, Mantegna, Milano, Rizzoli, 2003.

Anonimo (Marcantonio Michiel), Notizia d'opere di disegno, a cura di Jacopo Morelli, Bassano, 1800.

Alberta De Nicolò Salmazo, Mantegna, Electa, Milano 1997.

Sergio Momesso, La collezione di Antonio Scarpa, 1752-1832, Bertoncello, Cittadella (Padova), 2007. ISBN 9788886868242


Saint Sebastian in the Louvre Museum | www.louvre.fr

Art in Tuscany | Giorgio Vasari's Lives of the Artists | Andrea Mantegna

Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Andrea Mantegna



[1]
Andrea Mantegna (1431-1506) è stato uno dei principali artisti rinascimentali attivi nel nord Italia, contribuendo a diffondere il nuovo stile soprattutto nell’area lombardo-veneta. Nativo di Padova, nella città veneta ebbe la sua prima formazione nella bottega del pittore Francesco Squarcione. Lo Squarcione era un singolare personaggio appassionato di archeologia classica: nella sua bottega il Mantegna ebbe modo sicuramente di maturare una conoscenza dell’arte antica indispensabile alla sua formazione di artista rinascimentale. Ma nella città veneta non mancavano le occasioni al Mantegna di conoscere la grande arte fiorentina, quali la cappella degli Scrovegni di Giotto o le opere di Donatello, Filippo Lippi e Paolo Uccello, che sicuramente fornirono spunti notevoli alla sua maturazione stilistica. A Padova Andrea Mantegna realizzò nei suoi anni giovanili un fondamentale ciclo di affreschi per la cappella Ovetari nella chiesa degli Eremitani, affreschi distrutti nel 1944. Già in questi affreschi si ritrovavano alcune delle indicazioni principali della sua ricerca artistica: usare la prospettiva, non per dare semplicemente la misura esatta dello spazio rappresentato, ma per creare uno spazio illusionistico di rappresentazione. Mantegna è stato in effetti uno dei primi ad intuire che con la prospettiva si può dilatare lo spazio visivo di uno spazio architettonico, creando quell’effetto illusionistico chiamato in genere «trompe l’oeil». L’uso della prospettiva per la creazione di uno spazio illusionistico ha attraversato tutto il Rinascimento, da Leonardo a Correggio o a Paolo Veronese, per divenire in seguito uno dei grandi punti di forza dello stile barocco nel XVII secolo. Esempio mirabile dovuto a Mantegna sono stati gli affreschi per la «Camera degli Sposi» realizzati nel Palazzo Ducale Mantova tra il 1472 e il 1474. In Mantegna la creazione dello spazio illusorio si avvale soprattutto di una tecnica: lo scorcio dal basso. Questa tecnica, come abbiamo visto, era già presente in Masaccio, ma fu il Mantegna a condurre una serie di esperimenti e ricerche, così da far divenire lo scorcio dal basso la grande novità della sua pittura e il maggior insegnamento che egli ha trasmesso ai pittori delle generazioni successive. La sua attività si è svolta a Padova fino al 1460. In questo periodo realizzò il «Polittico di san Luca», conservato nella Pinacoteca di Brera, il «San Sebastiano» del Kunsthistorisches Museum di Vienna e l’«Orazione nell’orto» della National Gallery di Londra. Nel 1460 si trasferì a Mantova chiamato alla corte dei Gonzaga a sostituire Pisanello, morto qualche anno prima. In questo periodo egli intensificò i suoi contatti con l’ambiente veneziano anche perché, qualche anno prima, aveva sposato la sorella del pittore Giovanni Bellini. Il contatto tra i due artisti fu sicuramente di reciproca influenza: Mantegna da Bellini prese l’intensità cromatica, mentre il veneziano, grazie al Mantegna, entrò in contatto con il Rinascimento fiorentino importando questa nuova visione stilistica a Venezia, città che fino al Quattrocento inoltrato era rimasta ancora legata allo stile bizantino. A Mantova ha realizzato una notevole serie di capolavori, a cominciare dalla «Morte della Vergine», oggi al Prado di Madrid, il San Giorgio conservato all’Accademia di Venezia, per proseguire con la «Camera degli Sposi» già citata. Agli ultimi anni della sua attività appartengono nove tele con i «Trionfi di Cesare», oggi ad Hampton Court, il «Cristo sul sarcofago» di Copenaghen, il «San Sebastiano» del Louvre, e soprattutto il «Compianto sul Cristo morto» conservato a Brera, celeberrima tela dove, grazie alla sua padronanza dello scorcio dal basso, creò una inedita ed originalissima rappresentazione della scena.

[2] San Sebastiano |
San Sebastiano (Narbona?, 256 – Roma, 20 gennaio 288) fu un santo romano, di origine francese, venerato come martire dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa Cristiana Ortodossa.

[3] Momesso, cit., pagg. 174-179.

[4] Ospitata in uno dei più prestigiosi palazzi veneziani, la Galleria Franchetti fu aperta al pubblico nel 1927. La Ca' d'Oro, antica dimora patrizia del Quattrocento, raccoglie la collezione d'arte donata allo Stato dal Barone Giorgio Franchetti che acquistò l'edificio nel 1894.
In questa casa di stile gotico veneziano, attraverso suggestivi scorci architettonici, è possibile ammirare dipinti di scuola veneta tra i quali il celebre San Sebastiano (vedi figura) di Andrea Mantegna, opere di scuola toscana e fiamminga, splendidi bronzetti e sculture rinascimentali.
Arte in Italia | Galleria Franchetti alla Ca’ d’Oro
Galleria G. Franchetti alla Ca' d'Oro, Cannaregio 3932, 30126 Venezia
Orari di apertura
Lunedì: 8.15 - 14.00
Da martedì a domenica: 8.15 - 19.15

 

   
 
   




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