Andrea Mantegna


Elenco opere in ordine cronologico

Il Polittico di San Luca, 1453-1455

Presentazione al Tempio, 1455

Cappella Ovetari, 1448-1457
      L'Assunzione della Vergine, 1448-1457

Orazione nell'orto, 1458-60 circa

Ritratto del cardinale Ludovico Trevisan, 1459-1460

Ritratto di Carlo de' Medici, 1466 circa

La Camera degli Sposi (1465-1474)

Parnaso, 1497

Ecce Homo, 1500 circa

San Sebastiano, 1481

Il Trionfo della Virtù, 1502 circa

Giorgio Vasari | Le vite | Andrea Mantegna







 





 

             
 
Andrea Mantegna, Saint Luke Polyptych
Andrea Mantegna, Polittico di san Luca, 1453-1455, Distemper on panel, 230 x 177 cm, Milan, Pinacoteca di Brera


 
       
   

Andrea Mantegna | Il Polittico di San Luca

   
   

Il Polittico di San Luca è un'opera tempera su tavola (177x230 cm) realizzata da Andrea Mantegna tra il 1453 e il 1454 e conservata nella Pinacoteca di Brera a Milano.

Il polittico venne commissionato dai monaci benedettini dell'abbazia di Santa Giustina a Padova per la cappella di San Luca della chiesa, nell'agosto del 1453, dall'abate Mauro, al secolo Sigismondo de' Folperti da Pavia.

L'opera fu completata entro la fine del 1454, mentre l'artista era contemporaneamente impegnato agli affreschi della cappella Ovetari nella chiesa degli Eremitani. La pala è firmata in caratteri romani sulla colonna che regge il leggio di san Luca al centro (OPVS / ANDREAE MANTEGNA).

La pala rimase in loco fino al 1797, quando con le soppressioni napoleoniche venne destinata all'Accademia di Milano, dove arrivò nel 1811.

   
   
Andrea Mantegna, Polittico di san Luca (dettaglio, San Luca allo scrittoio), 1453-1455, Milan, Pinacoteca di Brera

 

Descrizione e stile

Impaginazione generale

Il polittico è composto da dodici scomparti organizzati su due registri. Perduta è la cornice lignea originale che, come nella Pala di San Zeno, doveva essere stata disegnata dall'artista stesso e doveva raccordare unitariamente i vari pannelli. I documenti parlando della sua realizzazione da parte di maestro Guglielmo, con rifiniture pittoriche in oro e blu d'Alemagna, quest'ultime pagate a un atle maestro Guzon nel 1455.

Nella pala si trovano fusi elementi arcaici, come il fondo oro e le diverse proporzioni tra le figure, ed elementi innovativi come l'unificazione spaziale prospettica nel gradino in marmi policromi che fa da base ai santi del registro inferiore e la veduta scorciata dal basso dei personaggi del registro superiore, estremamente soldi e monumentali, che con la cornice originale dovevano dare l'idea di affacciarsi da una loggia ad arcate, posta in alto rispetto al punto di vista dello spettatore. Le figure hanno contorni nitidi, evidenziati dalla brillantezza quasi metallica dei colori.

La scelta dei santi è strettamente legata alla storia dell'ordine benedettino e a quella dell'abbazia, in particolare alle leggende sul culto delle reliquie presenti fin dalle origini nel monastero. Essi, a parte Benedetto, fondatore dei benedettini, si trovano tutti citati in un miscellanea quattrocentesca di manoscritti della biblioteca dell'abbazia, copia di un più antico testo del XII secolo, intitolata Passio beatae Iustinae virginis, vita sancti Prosdocimi, legende sanctorum monasterii Sanctae Iustinae. Vi si trovano infatti capitoli dedicati al sermone di san Girolamo su san Luca e alla storie del rinvenimento delle reliquie dei santi Massimo, Giustina, Luca e altri.


Fascia inferiore

Nella fascia inferiore, la figura centrale è quella di san Luca evangelista (140x67 cm), seduto su uno scranno marmoreo che sembra un trono (con delfini scolpiti sui braccioli, marmi policromi, megalioni, ecc.) e concentrato nella scrittura del Vangelo, che è appoggiato su un piano inclinato ligneo a sua volta retto da un tavolo marmoreo circolare su un'alta colonnina. Tra il piano dello scrittoio e la base marmorea si trova una natura morta con due libri, una lucrena rossa e due calamai infilati in un buchi nel legno, contenenti inchiostro rosso e nero. Evidente è anche qui lo scorcio dal basso verso l'alto e curatissima è la raffigurazione dei marmi policromi, derivata dall'esempio del suo maestro Squarcione. La scelta di raffigurare Luca come un amanuense, con un'estrema cura nella descrizione degli strumenti del mestiere, è legata senz'altro anche alla presenza di un importante scriptorium in Santa Giustina.

Da sinistra verso destra si riconoscono santa Scolastica, nell'abito nero di monaca benedettina e il libro della Regola; san Prosdocimo, in abiti vescovili, con il pastorale e la brocca, simbolo del Battesimo; san Benedetto da Norcia, in abito scuro, con il libro della Regola e un fascio di verghe, che indicano le norme della Regola; santa Giustina, con la palma del martirio e un pugnale nel cuore, variazione della spada che la decapitò. Santa Scolastica era sorella di san Benedetto, mentre santa Giustina venne battezzata da san Prosdocimo: la loro disposizione crea una preziosa alternanza cromatica tra gli abiti neri dei religiosi regolari e gli abiti chiari e rosati dei due protettori di Padova. Ciascuna di queste tavole laterali misura 118x42 cm.


Fascia superiore

Nella fascia superiore, al centro la Pietà (51x30 cm) con Maria e san Giovanni (70x19 cm ciascuno), dove si nota la lezione dei rilievi dell'altare del Santo di Donatello (come quello del Cristo morto), anche se Mantegna non raggiunge la drammaticità profondamente umana dello scultore fiorentino: le ferite di Cristo infatti non sembrano scalfire il suo corpo quasi pietrificato e la sua sofferenza viene esaltata solo in virtù dei gesti delle due figure dolenti di Giovanni e Maria ai lati.

La Pietà è affiancata da quattro santi: da sinistra, san Daniele diacono, patrono di Padova, san Gerolamo, con il manto rosso di cardinale e una pietra in mano, con cui si percuoteva il petto in segno di penitenza; sant'Agostino o san Massimo vescovo di Padova, con mitria e pastorale di vescovo e san Sebastiano, in veste di soldato, con la spada e la palma del martirio, talvolta erroneamente indicato come san Giuliano l'Ospitaliere (che porta pure la spada, ma non fu martirizzato). Ciascuna di queste tavole misura 69x40 cm.

 

 


San Prosdocimo

 

 


Volto del Cristo

 
Andrea Mantegna, Saint Luke Polyptych (detail, Saint Sabastian), Milan, Pinacoteca di Brera
 
   


Bibliografia

Maria Bellonci, Mantegna, Skira, Milano 2003.

Alberta De Nicolò Salmazo, Mantegna, Electa, Milano 1997.

Tatjana Pauli, Mantegna, serie Art Book, Leonardo Arte, Milano 2001. ISBN 9788883101878

AA.VV., Brera, guida alla pinacoteca, Electa, Milano 2004. ISBN 978-88-370-2835-0

   


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[1] Andrea Mantegna fu un pittore e incisore italiano formatosi nella bottega padovana dello Squarcione.
'Andrea Mantegna nasce ad Isola di Cartura, piccolo borgo in provincia di Padova, nel 1431 come si evince dal testo dell’iscrizione (“Andreas Mantinea Pat. An.septem et decem natus sua manu pinxit M.CCCC.XLVIII”) della perduta pala di altare della chiesa di Santa Sofia a Padova.
A partire dal 1441 il giovanissimo Andrea risulta registrato a Padova come figlio adottivo del pittore Francesco Squarcione e iscritto alla fraglia dei pittori della città del Santo.

Dopo circa sette anni vissuti presso la casa–bottega dello Squarcione, nel 1448 il Mantegna scioglie il sodalizio con il maestro e firma il contratto – insieme ai colleghi Nicolò Pizolo, Antonio Vivarini e Giovanni d’Alemagna – per l’esecuzione del ciclo di affreschi della Cappella della famiglia Ovetari nella chiesa degli Eremitani a Padova.
Nel corso della realizzazione della grandiosa opera ci furono diversi avvicendamenti che portarono il solo Mantegna a concludere il lavoro intorno al 1457.

Durante gli anni di lavorazione agli affreschi Ovetari, Andrea si impegna nella realizzazione di altri importanti opere quali la lunetta del portale maggiore della Basilica del Santo che rappresenta Sant’Antonio e san Bernardino da Siena che presentano il monogramma di Cristo terminata nel 1552 (Padova, Museo Antoniano), il polittico di San Luca per l’omonima cappella della Basilica di Santa Giustina (Milano, Pinacoteca di Brera), terminata e pagata nel 1454 e la grande tela con Sant’Eufemia datata sempre 1454 (Napoli, Gallerie Nazionali del Museo di Capodimonte).
Intorno al 1453 – 1454 il Mantegna si imparenta con la famiglia dei Bellini sposando Nicolosia la figlia di Jacopo.

Nel 1457, conclusi i lavori alla Cappella Ovetari, il Mantegna stava già intessendo trattative con Gregorio Correr, abate della Basilica di San Zeno a Verona, per la pittura della pala destinata a decorare l’altare maggiore della chiesa, dove tutt’ora si trova, ad eccezione delle tre tavole della predella che si trovano al Louvre di Parigi e al Musée des Beaux–Arts di Tours.

Intorno a questo periodo risalgono le prime documentazioni riguardo i pressanti solleciti da parte del marchese Ludovico Gonzaga per spingere il Mantegna a diventare pittore di corte.
Solo nel 1460 però il Mantegna decide di trasferirsi definitivamente a Mantova, dove rimane per tutta la vita, allontanandosi unicamente in due occasioni: una prima volta nel 1466 per un soggiorno a Pisa e a Firenze e fra il 1489 e il 1490 per andare a Roma, dove era stato chiamato a decorare la distrutta cappella di Innocenzo VIII al Belvedere.

A Mantova il Mantegna è impegnato nella decorazione della cappella privata di Ludovico Gonzaga a cui si fanno tradizionalmente appartenere il cosiddetto "Trittico" della Galleria degli Uffizi di Firenze e la Morte della Vergine oggi divisa tra il Prado di Madrid e la Pinacoteca Nazionale di Ferrara.
Tra il 1465 e il 1474 si colloca la decorazione della cosiddetta "Camera degli sposi" dedicata a Ludovico e Barbara Gonzaga.
Il successivo imponente lavoro del Mantegna, che si colloca durante il governo di Francesco II Gonzaga, è rappresentato dal ciclo di pitture su tela della rappresentazione dei Trionfi di Cesare in Gallia, oggi conservati nel palazzo di Hampton Court a Londra.

Nel 1496 il Mantegna espone la Pala celebrativa della vittoria di Francesco II Gonzaga nella battaglia di Fornivo, oggi al Louvre di Parigi.
L’anno successivo è datata la pala cosiddetta Madonna Trivulzio destinata all’altare maggiore della chiesa di Santa Maria in Organo di Verona, oggi conservata nel Civico Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco di Milano.
In questo stesso periodo è data testimonianza della collaborazione tra il Mantegna e Isabella d’Este, per la decorazione dello "studiolo" della marchesa nel castello di Mantova, a cui si fanno appartenere il cosiddetto Parnaso e la tela con Minerva che scaccia i vizi dal giardino delle virtù, oggi al Louvre di Parigi.

Francesco Correr da Venezia nel 1505 richiede ai Gonzaga la collaborazione del Mantegna per l’arredo del proprio camerino, il maestro, ormai vecchio portò a termine solo la prima tela commissionatagli L’introduzione del culto di Cibale a Roma (Londra, National Gallery).
La terza tela quasi terminata Favola del dio Como (Parigi, Louvre), alla morte di Mantegna nel 1506 fu ultimata da Lorenzo Costa.
[Fonte : Andrera Mantegna | Un artista per tre città | www.andreamantegna2006.it]
 
Andrea Mantegna, St Justina, 1453-1455,  Pinacoteca di Brera, Milan
Andrea Mantegna, St Justina, 1453-1455, Pinacoteca di Brera, Milan

 

 

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