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Gardens in Tuscany
             
 
Villa La Foce
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Villa La Foce

   
   

Villa La Foce si trova in località La Foce a Chianciano Terme, in provincia di Siena. Villa La Foce è la casa della famiglia Origo.

Storia e descrizione

La villa, nata come osteria, fu acquistata dalla famiglia Origo nel 1927. La marchesa Iris Origo commissionò il giardino al noto paesaggista Cecil Pinsent con l'intento di conferire alla dimora un ruolo d'abitazione patrizia.
Edificata alla fine del XV secolo come locanda lungo la strada, dopo poco tempo divenne il centro di una tenuta di proprietà del grande Ospedale di Santa Maria della Scala di Siena. Nel 1924 fu acquistata da Antonio and Iris Origo che ne fecero la loro residenza.
La Villa è costruita su tre livelli, seguendo l’inclinazione della collina, ed è circondata dal famoso giardino creato da Iris Origo e dall’architetto inglese Cecil Pinsent – una “fatica d’amore” durata molti anni. La casa ha un fascino d’altri tempi, non appariscente ma arredata con bei mobili antichi, comodi letti e tante stanze incantevoli per momenti privati e per riunioni di famiglia.
Le molte attività culturali organizzate da e nei pressi di La Foce si svolgono principalmente a Castelluccio, un castello medievale distante solo 1 chilometro, tra cui il noto festival musicale Incontri in Terra di Siena, che porta un gran numero di appassionati di musica e d’arte in Val d’Orcia, località bellissima e intatta che figura tra i siti patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.[1]


   
   

Il giardino e la vista spettacolare sull'incantevole Val d'Orcia, con vedute del Monte Amiata sullo sfondo



 

Il giardino, che si compone di tre settori distinti posti a diversi livelli, venne realizzato tra il 1927 e il 1939 in fasi differenziate senza perdere la sua unitarietà compositiva. La parte adiacente alla villa è sistemata su due livelli: quello inferiore, più semplice, è racchiuso tra alte siepi di alloro e decorato da piedistalli porta-limoni; quello superiore, è caratterizzato da doppie aiuole di bosso, che si compongono in un ottagono, al cui centro è ubicata una fontana in travertino raffigurante due pesci che con la coda reggono una vasca.

Sui due lati, che coincidono con l'edificio, è posto un pergolato di glicine sorretto da colonne in pietra, mentre in posizione diametralmente opposta è collocata una grotta vegetale con essenze miste d'alloro e leccio. Da questo primo settore si accede, tramite uno stretto passaggio tra pilastri sormontati da due vasi buccellati simili a quelli che si trovano lungo il muro di cinta, al giardino dei limoni (iniziato nel 1933). Questa parte sfrutta la morfologia del terreno, e si sviluppa in terrazzamenti trasversali verso la collina ribaltando il classico schema dei terrazzamenti digradanti lungo un asse di simmetria. Aiuole, bordate da compatte siepi di bosso modellato con semisfere negli angoli e ornate da vasi di limoni, seguono l'andamento del terreno.

Un elemento architettonico, se si esclude il piccolo pergolato addossato al muro dello stretto giardino di rose, è la scala che conduce al vialetto di glicine e prosegue fino ad un viale di cipressi che termina nel bosco. Il giardino di rose, composto da piccole aiuole con disegni geometrici, è delimitato da due bordure di cui una di lavanda e una di perenni.

Nel 1938 venne realizzata l'ultima parte del giardino collegata a quello dei limoni tramite uno scenografico scalone in travertino. Sotto lo scalone, ornato da vasi, obelischi e da una balaustra pilastrata, si apre al centro una grotta, denominata grotta azzurra, all'interno della quale si trovano sette nicchie.

Questo giardino formale, racchiuso da una quinta di cipressi, è composto da aiuole bordate da siepi di bosso. Le aiuole convergono verso una vasca alle cui spalle è collocata una panchina, in travertino di Rapolano, ornata da una statua che rappresenta la Natura che porta sulle spalle i doni della terra.
Al margine del bosco è situato un piccolo cimitero, all'interno del quale è posta una piccola cappella in travertino abbellita da una serliana.[2]

Ho avuto una vita molto varia e ho conosciuto alcune persone interessanti. Ma ora che sono arrivata alla «fine della partita», le figure che ancora sono impresse nella mia mente sono quelle delle persone alle quali sono stata legata da vincoli di affetto. Non solo sono le persone che ricordo più vividamente, ma capisco che è stato tramite loro se ho imparato qualcosa dalla vita. Tutto quello che della mia vita non si è perso nella nebbia è passato attraverso il filtro, non della mia mente, ma dei miei affetti. (da Immagini e Ombre (Images and Shadows); citato in Selezione dal Reader's Digest, marzo 1973)



 


 


Giardini La Foce

 

 

 
Villa La Foce, il giardino e il belvedere negli anni Trenta

 

 

   
Villa La Foce, entrance gate with a bunch of cypress trees    

Villa La Foce, ingresso con cipressi

 

  Villa La Foce  

Castelluccio

 

         
'La villa, nata come osteria, fu acquistata dalla famiglia Origo nel 1927. La marchesa Iris Origo commissionò il giardino al noto paesaggista Cecil Pinsent, con l'intento di conferire alla dimora un ruolo di abitazione patrizia. Il giardino, che si compone di tre settori distinti posti a diversi livelli, venne realizzato tra il 1927 e il 1939 in fasi differenziate senza perdere la sua unitarietà compositiva. La parte adiacente alla villa è sistemata su due livelli: quello inferiore, più semplice, è racchiuso tra alte siepi di alloro e decorato da piedistalli portalimoni; quello superiore è caratterizzato da doppie aiuole di bosso, che si compongono in un ottagono, al cui centro è ubicata una fontana in travertino raffigurante due pesci che, sulla coda, reggono una vasca. Sui due lati che coincidono con l'edificio è posto un pergolato di glicine sorretto da colonne in pietra, mentre in posizione diametralmente opposta è collocata una grotta vegetale con essenze miste di alloro e leccio. Da questo primo settore si accede, tramite uno stretto passaggio tra pilastri sormontati da due vasi buccellati simili a quelli che si trovano lungo il muro di cinta, al giardino dei limoni (iniziato nel 1933).
Questa parte, che sfrutta la morfologia del terreno, si sviluppa in terrazzamenti trasversali verso la collina, ribaltando il classico schema dei terrazzamenti digradanti lungo un asse di simmetria. Aiuole, bordate da compatte siepi di bosso modellato con semisfere negli angoli e ornate da vasi di limoni, seguono l'andamento del terreno. Unico elemento architettonico, se si esclude il piccolo pergolato addossato al muro dello stretto giardino di rose, è la scala che conduce al vialetto di glicine e prosegue fino a un viale di cipressi che termina nel bosco. Il giardino di rose, composto da piccole aiuole con disegni geometrici, è delimitato da due bordure, di cui una di lavanda e una di perenni. Nel 1938 venne realizzata l'ultima parte del giardino, collegata a quello dei limoni tramite uno scenografico scalone in travertino.

Sotto lo scalone, ornato da vasi, obelischi e da una balaustra pilastrata, si apre al centro una grotta, denominata "grotta azzurra", all'interno della quale si trovano sette nicchie. Questo giardino formale, racchiuso da una quinta di cipressi, è composto da aiuole bordate da siepi di bosso. Le aiuole convergono verso una vasca alle cui spalle è collocata una panchina, in travertino di Rapolano, ornata da una statua che rappresenta la Natura che porta sulle spalle i doni della terra. Al margine del bosco è situato un piccolo cimitero, all'interno del quale è posta una piccola cappella in travertino abbellita da una serliana.'[5]

 


Chiarentana

Nel Medioevo Chiarentana era un piccolo castello dove sostavano i pellegrini diretti a Roma
Scale di travertino portano alla roseto e a un pergolato ricoperto di glicine e delimitato da siepi di lavanda

 

 
Pergolato di glicine


Villa e giardino si affacciano sull’incantevole Val d’Orcia, con vedute del Monte Amiata sullo sfondo. Antonio Origo si occupò appassionatamente della bonifica di questa valle allora poverissima, mentre Iris si dedicò al giardino, ai suoi libri, e al benessere sociale della popolazione contadina. Iris Origo, scrittrice anglo-americana cresciuta a Firenze, ci fornisce la storia della Foce nei suoi libri, diventati ormai classici del loro genere: Guerra in Val d’Orcia, un diario di guerra 1943-44, e Immagini e Ombre, autobiografia (ambedue da Longanesi).

Il giardino è cresciuto parallelamente ai lavori intensi di bonifica agricola. Per gli Origo, doveva essere un luogo in cui accogliere amici, godere dell’ombra dei lecci e del profumo dei fiori, e ripararsi dall’arsura della valle estiva. Costruito sul fianco di una collina, i suoi terrazzi si susseguono senza apparente sforzo, seguendo l’ideale umanistico dei giardini rinascimentali, geometrici e ordinati intorno alla villa, e via via più naturali all’avvicinarsi al bosco. Limoni, rose, essenze mediterranee, glicini, aiuole di bosso, siepi di alloro o cipresso, sentieri e panche di travertino danno un leggiadro movimento all’andamento naturale della collina.

Oggi La Foce è fulcro di molte attività culturali: il festival Incontri in Terra di Siena organizza concerti e mostre d’arte contemporanea e archeologia etrusca (con reperti provenienti dalla necropoli di Tolle nella proprietà) e diverse manifestazioni assicurano un interesse vivace in ogni stagione. [3]




 


La Foce, giardino

  Villa La Foce, cimitero. Al margine del bosco è situato un piccolo cimitero, all'interno del quale è posta una piccola cappella in travertino abbellita da una serliana.
     


 

Dalla Loc. La Foce proseguendo per la Cassia si può ammirare una piccola stradina contornata da cipressi che si inerpica su per una collina.

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La strada disegnata negli anni '30 dall'architetto della famiglia Origo, Cecil Pinsent

Ogni giorno, al tramonto, quando gli impegni quotidiani della Foce erano finiti e già si programmavano i nuovi, Antonio e Iris Origo uscivano di casa e passeggiavano sotto un arco di glicini, detto voltabotte, splendente di viola in questa stagione, fino a una panca in pietra che si affaccia verso Sud Ovest, in Val d' Orcia. A sinistra, l' aspro cucuzzolo dove sorge Radicofani, il paese del bandito Ghino di Tacco, in mezzo, sullo sfondo, il maestoso monte Amiata, a destra, a un tiro di fucile, quel viale di cipressi a forma di esse, che sembra uscito da un dipinto di Ambrogio Lorenzetti. Nei momenti di pausa della loro conversazione lo sguardo di Antonio e Iris si posava con particolare soddisfazione su quella strada polverosa che porta al podere di San Bernardino, uno dei tanti interventi fatti dall' architetto inglese Cecil Pinsent, che proprio ai pittori del Trecento e del Quattrocento senese si era ispirato per ridisegnare quella collina di fronte al nuovo giardino e alla nuova casa dei due giovani sposi. Quel simbolo del paesaggio toscano è dunque opera di un raffinato architetto e paesaggista inglese, che a Firenze aveva frequentato i Tatti di Bernard Berenson e aveva già lavorato con la madre di Iris, una nobildonna anglo-irlandese, Lady Sybil Cuffe, quando, vedova del diplomatico statunitense William Bayard Cutting jr, aveva deciso di acquistare Villa Medici.[4]

 
 
 
   
Indirizzo: Strada della Vittoria - Loc. La Foce

Orari di apertura
: il giardino è aperto al pubblico tutti i mercoledì pomeriggio (tutto l’anno) e il primo week-end dei mesi di aprile, maggio, giugno ed ottobre. Gruppi organizzati (di almeno 20 partecipanti) possono richiedere una visita in altri giorni. Le visite guidate partono dal cortile della fattoria.
Visite guidate soltanto
il mercoledì pomeriggio
da novembre a marzo: ore 15.00 e 16.00 
da aprile a ottobre: 15.00, 16.00, 17.00, 18.00 
il primo week-end dei mesi di aprile, maggio, giugno e ottobre 
ogni ora: 10,00-12,00 ; 15,00-18,00

Dopolavoro La Foce

Il Dopolavoro La Foce fu edificato nel 1939 come luogo di incontro per gli operai agricoli dell'azienda di La Foce. Danze e spettacoli teatrali venivano allestiti sul piccolo palcoscenico, si proiettavano film e documentari di guerra e la gente veniva anche da molto lontano per bere un bicchiere di vino e giocare a bocce all'ombra dei tigli.

Il Dopolavoro, insieme all'Asilo, la Scuola e l'Ambulatorio, faceva parte di una serie di edifici costruiti dagli Origo negli anni Venti e Trenta, quando inaugurarono un grande progetto di bonifica agricola e innovazione sociale.
Nel 1924, quando Antonio e Iris Origo acquistarono l'azienda agraria di La Foce, la Val d'Orcia era una regione dal paesaggio spettacolare ma povera e poco abitata, una terra di crete, pietrosa e arida. Gli Origo sognavano non solo di bonificare i campi incolti ma anche di migliorare le condizioni di vita dei mezzadri.

Dopolavoro La Foce, Strada della Vittoria, 90 - Località La Foce | www.dopolavorolafoce.it


Opere di Iris Origo

Leopardi (1935), una biografia di Giacomo Leopardi.

Gianni, la commemorazione del figlio di Iris stampata in privato.

Il Mondo di San Bernardino (1935), una "vita" di San Bernardino da Siena, che ha come prerogativa quella di non essere una mera biografia che segna le tappe cronologiche della vita del Santo, ma ne trae spunto per dipingere un ritratto molto fedele della società civile al tempo in cui egli visse.

Allegra (1935), la breve vita della figlia di Byron.

Guerra in Val d’Orcia (1947), il rendiconto delle esperienze vissute in prima persona da Iris nella seconda Guerra Mondiale, in forma di diario.

L’ultimo legame (1949), una versione della relazione tra Byron e la Contessa Guiccioli.

Giovanni e Jane (1950), un libro per bambini.

Il Mercante di Prato (1957), uno spaccato della vita e dei tempi di Francesco di Marco Datini.

Una misura dell’Amore (1957), una raccolta di saggi biografici.

Immagini e ombre (1970), una autobiografia elegiaca.

Il sentiero vagabondo (1972), un’antologia di brani scelti.

Un'amica. Ritratto di Elsa Dallolio (1982), il ricordo di un'amica di vecchia data, scritto e pubblicato in occasione della di lei morte.

Bisogno di testimoniare (1984), contenente le biografie di Ignazio Silone, Gaetano Salvemini, Ruth Draper e Lauro De Bosis, quattro antifascisti contemporanei dell'autrice.

 

Iris Origo, Immagini e Ombre
 

Bibliografia

I giardini di Toscana, a cura della Regione Toscana, Edifir, Firenze 2001.

Sandra Rosini, Iris Origo e la sua opera di assistenza all'infanzia, Le Balze, 2003
Questa ricerca analizza l'attività di Iris Origo in Val d'Orcia, ripercorrendone i momenti salienti e risalendo alla sua formazione culturale. Nella sua concezione educativa e nella sua opera di assistenza all'infanzia ritiene che i disagi provocati al bambino dall'abbandono e dall'instabilità possano essere recuperati creando un ambiente protettivo e indica nell'affetto e nella tenerezza gli elementi più importanti. Un'opera di assistenza che si concretizza nell'istituzione della Casa dei Bambini in Val d'Orcia, dove si consumano negli anni della seconda guerra mondiale esperienze di collaborazione tra proprietari e contadini nell'intento di alleviare le difficoltà comuni.


Villa La Foce Estate | La Foce - 61, Strada della Vittoria -53042 Chianciano Terme - Siena | www.lafoce.com

[1] 'Sarebbe riduttivo dare, della figura di Iris Cutting, moglie del marchese Antonio Origo, vissuta alla Foce dal 1924 e qui deceduta nel 1988, una definizione univoca; forse il termine "umanista", nella sua accezione più ampia di "amante dell'uomo", delle sue immense capacità e dei suoi tanti bisogni, puo' riassumere ciò che Iris è stata.

Nata nel 1902 da padre americano e madre angloirlandese trascorse la sua infanzia presso i nonni a Long Island e nella casa di campagna, in Inghilterra, per poi ricevere una educazione colta e cosmopolita a Firenze, a Villa Medici, circondata da illustri letterati.

La scelta di abitare nella tenuta di oltre 1400 ettari acquistata nelle desolate e remote lande della nostra Val d'Orcia, fu senza dubbio una svolta totale per i coniugi Origo, freschi di matrimonio: correva l'anno 1924.

Iris in realtà non temeva la solitudine. Mentre amava molto la letteratura, tanto da cimentarsi lei stessa nella nobile arte dello scrivere. I suoi saggi e le sue biografie sono rari esempi di come da una tenace ed appassionata ricerca possono scaturire piacevoli pagine da leggere. Giacomo Lepardi, Marco Datini, San Bernardino ci vengono svelati secondo una semplice ma circostanziata e originale visuale. La sua autobiografia, "Immagini e Ombre" e il suo diario, pubblicato con il titolo di "Guerra in Val d'Orcia", sono limpide rivelazioni del suo mondo e, nelle parti riguardanti il nostro territorio, costituiscono una lucida descrizione di un'epoca in rapido e inesorabile cambiamento, dopo secoli di inalterato procedere.

Ma forse l'opera più importante della Origo non è legata alla letteratura; con uno spirito pratico insospettabile in una borghese conquistata dalle lettere, Iris si dedicò anima e corpo alla rinascita morale e materiale dei territori acquisiti. Con spirito filantropico si occupò del benessere dei contadini che lavoravano nella tenuta; creò un ambulatorio e alcune scuole; contribuì allo sviluppo della comunità parrocchiale e fece costruire la "casa dei bambini", struttura destinata ad accogliere orfani e piccoli bisognosi di assistenza.

Durante la guerra il suo slancio umanitario si moltiplicò; volontaria della Croce Rossa a Roma per due anni tornò alla Foce per accogliere bambini sfollati provenienti dalle grandi città bombardate. Non si sottrasse dall'aiutare soldati sbandati, prigionieri in fuga, partigiani in azione, rischiando rappresaglie, confische e maltrattamenti.

Certo la sua posizione sociale e le attività pubbliche del marito (presidente tra l'altro del Consorzio per la Bonifica della Val d'Orcia) la proteggevano da mosse azzardate delle autorità fasciste ma molti furono i momenti in cui rischiò moltissimo, soprattutto durante l'occupazione tedesca e il passaggio del fronte.

La guerra cambiò tutto in Italia e cambiò molto anche alla Foce. Le lotte per i diritti economici e sociali dei contadini, la fine della mezzadria, l'abbandono delle campagne, la meccanizzazione, i nuovi consumi, stravolsero ruoli e posizione antiche che, alla Foce, avevano forse travato un equilibrio altrove rarissimo, grazie allo spirito costruttivo dei coniugi Origo.

Scrive Iris nella sua biografia, riferendosi al 1970: "Quanto a noi, siamo stati eccezionalmente fortunati. Per quarantasei anni abbiamo svolto il lavoro che volevamo, un lavoro nei cui valori credevamo e in un ambiente che ci è divenuto di giorno in giorno più caro. E se non possiamo prevedere il futuro… che diritto avremmo di pretendere di farlo, in un mondo in così rapido mutamento?".'[Fonte: Portale Pienza | www.portalepienza.it]

Iris Origo è sepolta nel piccolo e ombreggiato cimitero della Foce, sul crinale di una delle tante colline che circondano la Val d'Orcia.
[2] Quando Antonio e Iris Origo acquistarono la tenuta di La Foce chiamarono l'architetto inglese Cecil Pinsent - che aveva già lavorato a lungo per Bernard Berenson a Villa I Tatti a Firenze - per ristrutturare gli edifici principali e creare un ampio giardino. Quest'ultimo è stato concepito per valorizzare la casa rinascimentale ed espandere la vista spettacolare sulla Val d’Orcia e il monte Amiata. L'armonia tra edifici, giardino e natura fa di La Foce un esempio ideale dell’evoluzione architettonica e culturale della Toscana nel XX secolo. 
Il giardino è cresciuta a poco a poco, tra il 1925 e il 1939. La casa è circondata da un giardino formale italiano diviso in geometrico 'stanze' da siepi di bosso, con piante di limoni in vasi di terracotta. Scale di travertino portano alla roseto e a un pergolato ricoperto di glicine e delimitato da siepi di lavanda. Pendii terrazzati salgono dolcemente su per il colle, dove ciliegi, pini e cipressi crescono tra ginestra selvatica, timo e rosmarino, e un lungo viale di cipressi porta ad una statua di pietra del XVII secolo. Un sentiero attraversa il bosco e collega il giardino con il cimitero di famiglia, considerato una delle migliori creazioni di Pinsent. 
Arte in Toscana | Cecil Pinsent
[3] Grandi Giardini Italiani | www.grandigiardini.it
[4] Messina Dino, Alla Foce, giardini all' italiana ideati da un architetto inglese, Corriere della Sera,1 maggio 2011, pagina 36
[5] Fonte: ' Giardini in Toscana - Gardens in Tuscany | Un viaggio attraverso la storia dei giardini • A journey through the history of gardens | www.regione.toscana.it | pp 105-107
[6] Fonte: ' Giardini in Toscana - Gardens in Tuscany | Un viaggio attraverso la storia dei giardini • A journey through the history of gardens | www.regione.toscana.it | pp 35-36


 


Iris Origo, Guerra in Val d’Orcia



Iris Origo col marito Antonio e la figlia Donata a La Foce. 1943

 



Case vacanza in Toscana | Podere Santa Pia



Podere Santa Pia
Podere Santa Pia, giardino
Val d'Orcia" tra Montalcino Pienza e San Quirico d’Orcia
         
Montepulciano, San Biagio
Montepulciano
Certosa del Galluzzo (Firenze)
Villa I Tatti

 
Villa Arceno

Abbadia Sant'Antimo
Montecalvello


Val d'Orcia

       

Nel cuore della Terra di Siena c’è un paesaggio perfetto, essenziale. Lo compongono le colline, i calanchi, il corso sinuoso del fiume, i cipressi che coronano isolati le alture o che seguono, in ordinati filari, l’andamento delle strade.

Sui colli, borghi e monumenti isolati di straordinario fascino sorvegliano boschi di querce, oliveti, i vigneti dove si producono il Brunello e gli altri grandi vini di questa parte di Toscana. A occidente chiude il paesaggio il Monte Amiata, il più alto vulcano spento d’Italia.

Il fiume che ha dato il nome alla Val d'Orcia è poco più di un torrentello: per buona parte dell’anno si prosciuga o quasi con la calura dell’estate, ma, con le piogge dell’autunno, diventa un fiume impetuoso che sembra voler travolgere ogni cosa; nasce sui colli, tra Radicofani e Sarteano, scende al centro di un’ampia conca coltivata, poi piega progressivamente a occidente, sfiora i colli di Pienza, San Quirico, Montalcino e Castiglione; schiva l’Amiata sprofondando in una forra selvaggia, prosegue tra le colline dell’alta Maremma; infine si getta nell’Ombrone.

L’acqua, naturalmente, non è solo quella dell’Orcia e dei suoi affluenti. A Bagno Vignoni come a Bagni San Filippo, le acque termali che salgono dal cuore del vulcano tornano alla luce con prepotenza, formano concrezioni di rara bellezza, offrono benessere e salute, da millenni, a un pubblico che arriva anche da molto lontano.

surroundings of Pienza

Montepulciano

Arroccata sulla cima di un colle, a sud della Toscana e non lontano da Siena, Montepulciano è una cittadina medievale di rara bellezza che sicuramente merita di essere visitata! Un borgo unico con eleganti palazzi rinascimentali, antiche chiese, splendide piazze e piccoli angoli nascosti. Da Montepulciano, inoltre, si gode di un favoloso e sconfinato panorama sulla Val d'Orcia e la Val di Chiana.

La posizione strategica di Montepulciano la rende il luogo ideale per partire alla scoperta di questo bellissimo angolo della Toscana. L'armoniosa Pienza, il borgo termale di Bagno Vignoni, la famosa Montalcino e tanti altri borghi incantevoli sono tutti facilmente raggiungibili in breve tempo.

Recentemente Montepulciano è diventata una meta turistica molto ambita con un notevole aumento di visitatori, in seguito alle riprese del celebre film New Moon, sequel della saga sui vampiri Twilight.

Piazza Grande è il cuore di Montepulciano e il palcoscenico degli eventi principali della città, tra cui Il Bravio delle Botti, che si tiene ogni anno ad Agosto, e molto di più.

Il Duomo di Montepulciano fu progettato da Ippolito Scalza e costruito tra il 1592 e il 1630 al posto della Pieve di S. Maria, un'antica chiesa battesimale. Una vasta scalinata precede la facciata a capanna. Essa rimase incompiuta poiché non vi fu applicato il rivestimento in marmo. Tre finestre e tre portali gettano luce sull'interno.
L'impianto è a croce latina con cupola centrale; lo spazio è ripartito in tre navate da file di pilastri che sostengono una copertura a volte.
Nel Duomo sono conservati sette frammenti di un sepolcro scolpito da Michelozzo, tra i quali la
Statua giacente di Bartolomeo Aragazzi.
La prima cappella a sinistra, divenuta battistero, ospita il fonte di Giovanni D'Agostino (XIV sec.), una pregevole terracotta della bottega di Andrea della Robbia e le statue dei
SS. Pietro e Paolo, probabilmente realizzate da Tino da Camaino.
Tra i dipinti ricordiamo un
S. Sebastiano di Andrea del Sarto e La Madonna col Bambino di Sano di Pietro, entrambi nella navata sinistra.
Il trittico monumentale di Taddeo di Bartolo (1401) adorna l'altare maggiore e raffigura l'
Assunzione, l'Annunciazione e l'Incoronazione della Vergine.

 

Montepulciano, San Biagio
Montepulciano, Palazzo Publicco


La Chiesa o Santuario della Madonna di San Biagio si trova alle pendici del colle di Montepulciano, in fondo ad un viale fiancheggiato da cipressi, fu edificata da Antonio da Sangallo il Vecchio tra il 1518 e il 1545  e rappresenta un capolavoro del cinquecento toscano. L’origine della chiesa è legata ad un fatto miracoloso avvenuto il 23 aprile 1518, quando due donne ed un pastore, passando davanti ad un affresco raffigurante la Madonna con il Bambino in grembo e San Francesco, videro che gli occhi della Vergine si muovevano come se fosse viva.

La chiesa, a croce greca con cupola centrale e abside semicircolare ha due campanili ed è in travertino. L’interno in stile barocco è affrescato, ha un bell'altare maggiore del 1584 con dossale marmoreo con quattro statue di santi, opera di Ottaviano Lazzerini, sopra all’altare è una vetrata con Madonna e Santi di Michelangelo da Cortona.

 

Montepulciano, San Biagio
Montepulciano, San Biagio

Pienza |
Pio II e la sua città ideale

   

Nel castello medievale di Corsignano nasce, nell’ottobre del 1405, Enea Silvio della nobile famiglia Piccolomini; la famiglia, a lungo protagonista della vita politica ed economica di Siena, era stata costretta a rifugiarsi in Val d’Orcia nella metà del ‘300, per motivi politici.

Di ingegno vivacissimo e versatile e amante dei viaggi, il giovane Enea prende presto la via dei circoli umanistici delle città italiane, da Siena a Firenze, Padova, Ferrara e Milano e poi dei luoghi del grande dialogo europeo: il concilio di Basilea, la corte imperiale e quella romana. Diventa esperto di studi classici e giuridici, poeta e letterato, fine diplomatico e squisito oratore: un vero uomo del Rinascimento.

A 40 anni, dopo una vita movimentata ed intensamente vissuta, inizia una rapida carriera ecclesiastica, che lo porterà a diventare vescovo di Trieste, poi di Siena, cardinale e infine, nel 1458, papa col nome di Pio II.
Il nuovo pontefice è un entusiasta della bellezza della natura e dei segni dell’antichità ed è animato dalla speranza di scoprire forme nuove e perfette per far rinascere la sapienza antica. L’utopia umanistica della rinascita della civiltà classica, di una nuova armonia fra natura e storia, sembra sul punto di attuarsi.

Pio II, rimasto innamorato dei luoghi natii, degli ampi spazi della Val d’Orcia e dell’Amiata, che descrive poeticamente nei “Commentarii”, vuole che Corsignano divenga un laboratorio per dare forme costruite all’utopia della città ideale.

E all’improvviso, generata “da un pensiero d’amore e da un sogno di bellezza” (come dirà Giovanni Pascoli) nasce Pienza, la città di Pio: sognata dal papa, ispirata dal Leon Battista Alberti, progettata e realizzata dal Rossellino nel volgere di appena tre anni, dal 1459 al 1462.



Piccolomini giardino



Piazza Pio II (Piazza Spagna)

Pieve di Corsignano

Progettato nella seconda metà del XV secolo assieme al palazzo pontificio, del quale costituisce parte integrante, il giardino venne commissionato da papa Pio II (Enea Silvio Piccolomini) a Bernardo Rossellino.
La piccola area terrazzata domina l'intera Val d'Orcia, mantenendo, nonostante recenti elaborazioni, le caratteristiche proprie dei giardini del Rinascimento. Il giardino pensile, di piccole dimensioni, che occupa lo spazio nel lato sud dell'edificio, è circondato su tre lati da alti muri in pietra ricoperti d'edera, mentre sul lato prospiciente il palazzo è delimitato da una loggia a tre ordini d'arcate.
Un sistema di condotti di scolo impedisce che l'acqua piovana penetri negli ambienti sottostanti coperti da volte, al cui interno erano ricavate le stalle. Le aiuole di forma rettangolare, circondate da doppie   siepi di bosso potate, delimitano due viottoli ricoperti di ghiaia che s'incrociano perpendicolarmente. Nel loro punto d'incontro è posta una fontana, mentre nei quattro angoli di ogni aiuola sono piantati alberi d'alloro a forma d'ombrello. Lungo i muri perimetrali si trovano alcune aiuole rettangolari, decorate con alberi da frutto e cespugli fioriti. Un grande pozzo ottagonale decorato con la mezzaluna, le chiavi e la tiara dello stemma Piccolomini, oltre a una fontana ornata con ghirlande di frutti, sono i due elementi scultorei presenti nel giardino risalenti alla fine del Quattrocento. Il panorama della Val d'Orcia, che si può ammirare dalle tre arcate che si aprono sul muro di fondo, assume un ruolo primario nell'ideazione di questo giardino, luogo d'incontro tra architettura e natura.[6]

Gardens in Tuscany  | Palazzo Piccolomini in Pienza


 

Piccolomini giardino
Monticchiello

 
Monticchiello, già in epoca etrusca e romana fu luogo di incontro di vie che collegavano centri e comunità della zona. Conserva ancora i tratti austeri delle fortezze medievali, contrastando decisamente il quadro rinascimentale offertoci da Pienza. La robusta cinta muraria e la torre del cassero che svetta sulla collina sono i segni dell'intenso passato del borgo, baluardo del sistema difensivo della Repubblica di Siena. E' proprio con il passaggio sotto la protezione di Siena che ha inizio la storia di Monticchiello di cui, in realtà, si hanno notizie che risalgono a molto prima dell'epoca comunale, come dimostra il fatto che il suo nome vien fatto risalire alla gens romana Clelia. Dal 1200 il borgo assunse le forme attuali con le mura, il cassero e la chiesa, e si instaurarono istituzioni tipicamente comunali, tutte previste e regolamentate da Statuti in lingua volgare. Fu poi con la caduta della Repubblica senese nel 1559 che Monticchiello cadde sotto i Medici e sempre più perse il ruolo e l'importanza che aveva avuto. Nel 1777 entrò a far parte della giurisdizione comunale di Pienza. La chiesa propositurale dei Santi Leonardo e Cristoforo rimane ancora oggi a testimonianza del periodo di massimo splendore della fortezza medievale, conservando molti affreschi di scuola senese risalenti al XIV e XV secolo.

Un esempio raro di autonomia culturale e di impegno collettivo caratterizza infine Monticchiello e i suoi abitanti : il "Teatro Povero". Esso nasce e si sviluppa a Monticchiello molto prima della precisa data del suo inizio (1967). L'esperienza teatrale è una componente strettamente legata alla vita ed alla storia della comunità fin dal passato. Gli spettacoli sono uno spaccato di vita borghigiana che propone un approfondimento dei problemi di attualità traendo spunto dalla storia locale e riproponendo le forme, ormai in disuso, della civiltà contadina. E' una sorta di teatro-vita scritto dagli stessi personaggi, cioè dalla gente di Monticchiello che, recitando se stessa, testimonia la propria realtà presentandosi con le sue autentiche situazioni esistenziali e sociali. Eventi collaterali come mostre e convegni accompagnano tutto l'anno l'attività teatrale che ha il suo culmine nel periodo estivo (da metà luglio a metà agosto, spettacoli tutte le sere tranne i Lunedì).

La pieve dei Santi Leonardo e Cristoforo venne rinnovata in forme gotiche nella seconda metà del XIII secolo. Ha un'ampia navata che si apre in un transetto e si conclude con una scarsella. La facciata è spartita in due parti da una cornice orizzontale dentellata. Nella parte inferiore si apre un portale gotico con l'architrave sorretto da mensolette; in alto un rosone.
All'interno, importanti sono gli Episodi della vita di santa Caterina d'Alessandria, affreschi di un pittore senese trecentesco, autore probabilmente anche delle storie della vita del Beato Gherardo da Villamagna. Da segnalare anche un piccolo ciborio scolpito, a forma di elegante portale gotico, con una grata di ferro battuto di Pietruccio di Betto (1340), e un Crocifisso della seconda metà del Quattrocento.
 


Monticchiello


Storie della Vita di San Gherardo di Villamagna
, affresco del XIV secolo posto nella Pieve dei Santi Leonardo e Cristoforo a Monticchiello (Pienza)

   
Partendo da Pienza, s’imbocca una carrareccia sino ad arrivare al paese di Montichiello, borgo celebre per aver conservato magnificamente le sue vestigia medioevali e per dar vita al “Teatro Povero”, una forma di rappresentazione teatrale recitata dai contadini del posto. Da Montichiello, si domina non solo la Val d’Orcia, ma anche l’Amiata e la stessa Pienza.

Lungo una panoramica carrareccia posta su un crinale e a metà strada tra la Val di Chiana e la Val d’Orcia, si prosegue verso Montepulciano, la città “Perla del Cinquecento”, passando attraverso i vigneti del Nobile, e inoltrandoci dentro boschi di querce e macchia mediterranea.

L’arrivo è vicino ad una fila di stupendi cipressi, presso il Tempio di San Biagio, opera dell’illustre Antonio da San Gallo Il Vecchio.

Mappa

Walking in Tuscany | Walk around Pienza | Montepulciano - Pienza



Anello di Pienza | 6 km, 3 ore di cammino (soste escluse)

   
Il sentiero parte da Pienza, tocca l’antica Pieve di Corsignano e ci permette poi di gustare appieno il tipico paesaggio della Valdorcia con i suoi campi di grano, spaziando con l’occhio fino al Monte Amiata.
E’ possibile, dopo la passeggiata, visitare Pienza e degustare i prodotti tipici.


Mappa

   

Anello La Foce di Chianciano – Riserva di Lucciola Bella – Palazzone – Castelluccio

   
Un percorso in Val D’Orcia che ci permette di apprezzarne completamente le bellezze ed il fascino particolare. Certamente uno degli angoli della Toscana che non possono mancare nel bagaglio di un appassionato camminatore.

Trekking in Toscana | Anello La Foce di Chianciano – Riserva di Lucciola Bella – Palazzone – Castelluccio
 
Anello La Foce - Vetriana – Monte Cetona


   
Non ci sono molte parole da spendere su questo breve percorso che partendo dalla Fonte Vetriana (746 mslm), che si raggiunge da Sarteano, si sviluppa in un primo tempo in salita per raggiungere il crinale basso del Monte Cetona (1148 mslm).

Trekking in Toscana | Anello La Foce - Vetriana - Monte Cetona

[Fonte: CAI – Sez. Valdarno Superiore]

 
Mappe: Multigraphic Val d'Orcia, Kompass nr. 662; Lago trasimeno and Kompass nr. 653 Pienza-Montalcino-Monte Amiata.


Monte Amiata