Simone Martini, Maestà, dettaglio della cornice con san Gregorio. 1312 - 1315, Palazzo Pubblico, Siena
   
 

Simone Martini | Maestà del Palazzo Pubblico di Siena

 
 

La prima opera firmata e datata di Simone Martini è la Maestà affrescata nella Sala del Mappamondo nel Palazzo Pubblico di Siena nel 1315. E'un'opera di carattere religioso ma anche civile e politico, che si riferisce alla sovranità della Repubblica di Siena.
La Maestà che occupa tutta la parete nord della Sala del Mappamondo (detta anche Sala del Consiglio) del Palazzo Pubblico di Siena. L'affresco è datato 1315 ed è considerato una delle principali opere dell'artista, nonché una delle opere più importanti dell'arte trecentesca italiana.[1] L'affresco rivela sia una perfetta assimilazione di tutte le componenti della formazione di Simone Martini, sia l'emergere di soluzioni nuove e moderne.

 
 

Simone Martini, Maestà, 1312 - 1315, affresco (con applicazioni di metallo, vetro, foglia e altri materiali) su parete, Palazzo Pubblico, Siena

Storia

   

La Maestà fu commissionata a Simone Martini dal governo della città di Siena (Governo dei Nove). Non si conoscono le circostanze di questo incarico, ma è probabile che Simone Martini avesse già acquisito una reputazione di tutto rispetto se il governo della città di Siena gli affidò un'opera così importante per la sala principale del Palazzo Pubblico.

Simone Martini lavorò all'affresco in più fasi: iniziò presumibilmente nel 1312, continuò il lavoro fino a circa due terzi della superficie prima di abbandonarla per recarsi ad Assisi, dove lo attendeva la Cappella di san Martino). Ma anche i lavori della cappella di San Martino furono interrotti e Simone tornò a Siena per completare quindi la parte inferiore della Maestà, oggi assai deteriorata a causa della tecnica adottata (principalmente pittura a secco). L'opera fu terminata nel giugno del 1315, come risulta dalla firma apposta dallo stesso Simone Martini.

Appare ancora evidente una lunga linea di cesura orizzontale che corre all’altezza del piedistallo del trono, delle gambe dei santi e angeli inginocchiati e subito sotto i penultimi oculi dei lati verticali della cornice esterna, a testimonianza dell’interruzione dei lavori avvenuta tra il 1312 e il 1315. Anche lungo la cornice illusionistica esterna al di sotto di tale linea di cesura è evidente il segno di ripresa del lavoro, caratterizzato da una diversa resa dei modiglioncini, da decorazioni floreali differenti tra gli oculi (con cardi più gonfi e voluminosi, comparsa di nuovi fiori, foglie più voluminose), dall'uso di suggestioni spaziali nella resa dei santi entro gli oculi (spesso debordanti dai confini dell’oculo stesso). Ma ci sono anche caratteristiche tecniche che testimoniano l’interruzione dei lavori: nella zona più bassa dell’affresco la malva ha una composizione diversa, la tecnica passa dal buon fresco (sopra) al mezzo fresco (sotto), l’intonaco sottostante è più grosso.

L'umidità del muro, che allora dava all'esterno, casuò rapidi guasti alla pittura. Nel 1321 infatti Simone fu chiamato nuovamente a metter mano al proprio lavoro per la "raconciatura" di alcune porzioni d'affresco; vennero completamente rifatte in questo periodo le teste della Madonna, del Bambino, di sant'Orsola e Caterina d'Alessandria (immediatamente ai lati della Madonna), dei due angeli offerenti (in basso ai piedi del trono), dei santi Ansano e Crescenzio (il primo e terzo santo inginocchiati).

I danni non si arrestarono, anche per l'uso di parte dei panneggi a tempera, e oggi l'affresco ci è giunto in condizioni assai deperite.

 

 

Simone Martini, Maestà, 1312 - 1315, senza la cornice, affresco su parete, Palazzo Pubblico, Siena

Datazione e attribuzione

   

Alcuni versi che corrono sulla fascia a finti marmi in basso consentono di datare la terminazione dell’opera al Giugno 1315:

mille trecento quindici vol(…)
e Delia avia ogni bel fiore spinto
e Iuno già gridava: I’mi rivoll(…)

In questi versi Iuno è il mese di giugno e la data del 1315 è chiaramente scritta in lettere. Più difficile è ricostruire la data di inizio dell’affresco, per la quale mancano documenti oggettivi. La critica recente tende a considerare tale data il 1312.
Sotto i versi della datazione “giugno 1315” si legge:

se (…)a man de Symone

ad attestare la firma dell’artista.


Descrizione

Simone Martini, Maestà, 1312 - 1315 (dettaglio), affresco su parete, Palazzo Pubblico, Siena


L'affresco raffigura la Madonna in trono col Bambino circondata da Angeli e Santi. Una Madonna che volge lo sguardo lontano sia dall’osservatore che da suo figlio, in un punto imprecisato nel vuoto, siede su un ampio trono con i due fianchi laterali aperti e adornato con i motivi dello stile gotico raggiante. Con la mano sinistra regge il bambino, mentre con la destra tocca il piedino destro del piccolo. Il Bambino tiene un cartiglio in cui si legge: «SALVET VIRGO SENAM VETEREM QUAM SIGNAT AMENAM» (conservi la Vergine l'antica Siena, che Lei stessa rende bella).

La particolarità di questo affresco è la laicità della scena: nonostante le figure siano di carattere religioso, la Vergine viene rappresentata come una principessa, e gli angeli e i santi formano la sua corte. Altra conferma di questa affermazione è il luogo in cui si trova l'opera, ovvero lo stesso luogo per il quale l'opera è stata creata: il Palazzo Comunale (Siena), cioè un luogo tipicamente laico.

Ai lati del trono, in posizione inginocchiata, troviamo i quattro santi protettori della città di Siena e due angeli. Più precisamente, da sinistra a destra troviamo sant’Ansano, san Savino, un angelo, ancora un angelo, san Crescenzio e san Vittore. Subito dietro di loro, ancora da sinistra verso destra, troviamo in posizione astante San Paolo, l’arcangelo Gabriele, san Giovanni Evangelista, san Giovanni Battista, l’arcangelo Michele e san Pietro. Ancora più in dietro abbiamo una terza fila con l’arcangelo Uriel, Santa Maria Maddalena, Sant’Orsola, Santa Caterina, sant’Agnese e l’arcangelo Raffaele. La quarta fila vede i santi Bartolomeo, Matteo, Giacomo Minore, Giacomo Maggiore, Andrea e Simone. Infine, nella quinta ed ultima fila troviamo i santi Filippo, Tommaso, un angelo, ancora un angelo, Mattia e Taddeo. La rappresentazione è sotto un ampio baldacchino i cui pali sono retti dai santi stessi.

L’affresco è racchiuso da una cornice che corre su tutti e quattro i lati esterni. Qui sono presenti venti oculi al cui interno troviamo altrettante figure. I quattro oculi agli angoli raffigurano i Quattro Evangelisti. I due oculi centrali dei margini superiore e inferiore raffigurano il Redentore (in alto) e una figura doppia raffigurante il Vecchio e Nuovo Testamento (in basso). Le altre figure in alto e ai due margini laterali sono Profeti, mentre le restanti quattro figure nel margine inferiore sono Dottori della Chiesa. Negli spazi tra i vari oculi troviamo motivi vegetali quali cardi con foglie e, talvolta, fiori. Al centro di questi spazi troviamo, alternati i simboli della balzana (lo scudo bianco e nero simbolo della città di Siena) e del Capitano del Popolo (il leone rampante su sfondo rosso). Questi simboli si trovano, ancora alternati, sui lati di stoffa del baldacchino.

In basso l’intero affresco è delimitato da dei finti intarsi di marmo.


Stile

Le somiglianze con la Maestà di Duccio di Buoninsegna

 

La Maestà di Duccio di Buoninsegna, realizzata nel 1308-1311 per l’Altare Centrale del Duomo di Siena ed oggi sposta nell’adiacente Museo dell’Opera del Duomo, fu sicuramente il modello a cui Simone si rifece per la sua Maestà. Lo sviluppo laterale dei registri dei personaggi è chiaramente ispirato a quell’opera, così come la loro identità. I quattro santi protettori di Siena che sono inginocchiati ai piedi del trono sono gli stessi della Maestà di Duccio. Anche molte delle figure in piedi nella Maestà di Simone sono presenti nella Maestà di Duccio, in piedi o nelle lunette. La derivazione duccesca di questa Maestà non riguarda solo le identità dei vari santi, ma anche le loro fisionomie. Il San Pietro di quest’opera assomiglia a quella di Duccio e lo stesso dicasi per i quattro santi inginocchiati, per i due San Giovanni, per Sant’Agnese e molti altri. Le figure di Simone Martini sono tutte reali e raffinate al tempo stesso, dipinte secondo un’unica fonte di luce e il trono è riportato in prospettiva diretta e con i fianchi aperti a libro, caratteristiche che di nuovo rimandano all’opera di Duccio (e che quest’ultimo aveva ripreso da Giotto).


Le novità della Maestà di Simone rispetto a quella di Duccio


 
Ma nonostante le numerose derivazioni dalla Maestà di Duccio, quest'opera ne è tutt'altro che una fotocopia. Sono molti i tratti nuovi.
L’affresco non è a totale superficie piana e furono utilizzati stampini per realizzare decorazioni in rilievo sulle superfici dorate (l’equivalente della punzonatura per le opere su tavola). Queste sono particolarmente evidenti nelle areole della Madonna, del Bambino, di tutti i santi a sinistra e di tutti quelli inginocchiati. Questa decorazione rimanda all'oreficeria senese del XIV secolo, uno dei campi artistici più vicini alla cultura gotica francese dell'epoca. Il trono inoltre è ricco di decorazioni in stile gotico raggiante, contro un trono ad intarsi marmorei nella Maestà di Duccio. Le cuspidi del trono sono inoltre addobbate con intarsi di vetro. Il manto della Vergine è legato da una vera pietra di cristallo di rocca. La pergamena del bambino è di materiale ricercato. Tutte queste caratteristiche derivano dalla forte influenza che l’arte gotica transalpina esercitava su Simone. Ma la ricca decoratività non si ferma a questi elementi. Il manto della Vergine ha una stoffa orientale, quello di Santa Caterina è broccato oro e simile doveva apparire quello di Sant'Orsola, oggi consunto.
Il volto di Maria non guarda più l’osservatore, ma è ieratico essendo indirizzato in un punto indeterminato nel vuoto.
Il volto di Maria è ingentilito e quello del Bambino è più paffuto; entrambi hanno una nuova fisionomia, mai vista prima, neppure nelle opere dello stesso Simone. È presente un certo realismo fisionomico anche in altre figure. Molte di queste fisionomie rimandano di nuovo all’arte gotica francese, come è evidente per le figure severe dei santi dalle lunghe barbe bianche.
Le mani hanno una raffinatezza ed una delicatezza mai vista prima. Questo grazie al fatto che le dita non sono più parallele come nell’opera di Duccio, ma differenziate.
La disposizione dei santi non segue una successione paratattica come in Duccio, ma corre invece lungo delle linee diagonali parallele che convergono in profondità dando un'illusione spaziale in prospettiva di sapore giottesco. Inoltre le figure non sono stipate entro uno spazio ristretto, ma si affollano attorno al trono in uno spazio che appare più ampio, alto e profondo, uno spazio che le aste ed il telone del baldacchino aiutano ad articolare.
La gamma cromatica di Simone, affascinato dagli smalti e dalle oreficerie d'oltralpe, è più ampia e dotata di velature e passaggi più morbidi. Soprattutto sono innovative le tinte azzurre e alcuni passaggi del giallo sfavillante delle aureole.
Diverso è anche il carattere delle due Maestà: eminentemente religiosa quella di Duccio, carica di significati morali e civici quella di Simone, come si evince anche dai versi che sono stati ritrovati in varie porzioni dell'opera.


Le influenze di Giotto
Oltre ad influenze duccesche ci furono senza dubbio anche influenze di Giotto. Questo sicuramente nella misura in cui la stessa Maestà di Duccio fu influenzata da Giotto (vedi sopra). Le influenze di Giotto riguardano la prospettiva del trono, strutturato secondo i canoni della prospettiva diretta, i chiaroscuri, resi secondo un’unica fonte di luce, le angolazioni dei personaggi, che passano da raffigurazioni frontali (come i due arcangeli in piedi in seconda fila) ed altamente profilate (come per i due angeli ai piedi del trono o il San Vittore inginocchiato all’estrema destra), e infine il panneggio, talvolta ricco di morbide pieghettature volumetriche, come i veli intorno ai volti della Madonna, di Maria Maddalena o di sant’Agnese.

Ma Simone Martini si è lasciato influenzare da Giotto in misura ancora maggiore rispetto a Duccio di Buoninsegna. Il trono, per quanto ricreato di oreficeria gotica transalpina, non può non richiamare alla mente il trono di Giotto della Maestà di Ognissanti. Il baldacchino, con il suo telone pesante, ricorda l’utilizzo che Giotto faceva di tendoni simili per dare profondità allo spazio. Ma c’è un elemento ancora più straordinario che testimonia quanto Giotto fosse fonte d’ispirazione per Simone Martini. Come già detto, Simone Martini realizzò la sua Maestà in due momenti diversi, intervallati da un periodo in cui andò a lavorare nella Basilica Inferiore di San Francesco d’Assisi e dove ebbe occasione di entrare in contatto con Giotto.Tutti gli oculi della cornice inferiore, realizzati dopo la visita ad Assisi, hanno figure più dolci, quasi sorridenti, rispetto a quelle degli oculi più antichi. Le figure inoltre debordano dai confini dell’oculo e spesso mostrano particolari in profondità o in posizione avanzata. I cardi della cornice inferiore sono più gonfi e spesso fioriti, le foglie sono volumetriche piuttosto che schiacciate. È una distinzione che mostra l’evoluzione di Simone in senso giottesco addirittura all’interno di una stessa opera.
 

Giotto, Madonna in maestà (pala di Ognissanti), 1310 circa, tempera su tavola, cm 325 x 204, Firenze Galleria degli Uffizi


La crescita di Simone durante l'opera: analisi degli oculi della cornice esterna

Simone Martini, Maestà, dettaglio della cornice, 1312 - 1315, Palazzo Pubblico, Siena

L’analisi delle giornate di intonaco ha permesso di chiarire che l’affresco fu iniziato dal margine alto e destro per poi procedere per fasce orizzontali ad altezza decrescente, cioè dall’alto verso il basso. In questo lavoro ogni singola fascia era affrontata sempre da destra verso sinistra. L’analisi dei 20 oculi con figure di santi e profeti che decorano la cornice esterna dell’affresco permettono di apprezzare i progressi di Simone Martini all’interno di una stessa opera. Secondo la successione cronologica dei lavori Simone affrontò prima i sette oculi della cornice superiore, quindi il secondo oculo della cornice destra, il secondo oculo della cornice sinistra, il terzo oculo della cornice destra, il terzo oculo della cornice sinistra, e così via, fino ai sette oculi della cornice inferiore.

I sette oculi della cornice superiore e il secondo oculo della cornice destra hanno figure con volti severi e spesso simmetrici, secondi i canoni dell’arte gotica transalpina. Le areole sono raggiate e lo sfondo è dorato e liscio, una tendenza dell’arte toscana dei primi anni del 1300. Con i successivi tre oculi (secondo a sinistra e terzo a destra e sinistra) viene introdotta una novità: lo sfondo dorato non è più liscio, ma caratterizzato da una copertura omogenea di stampini a fiore. Alcuni volti si fanno inoltre meno severi. I successivi due oculi (il quarto a destra e sinistra) sono caratterizzati da nuovi stampini circolari con cinque petali bilobati all’interno e due foglie nervate che protrudono da essi. Tali stampini sono usati per rendere talvolta le areole, talvolta lo sfondo. I volti dei santi si fanno più ammansiti. Le caratteristiche di questi due oculi permangono negli ultimi sette oculi della cornice, ovvero quelli del margine inferiore. Qui troviamo però un’ulteriore elemento innovativo: le figure non sono più racchiuse entro i confini dell’oculo, ma debordano fuori dai confini. Ci sono anche altre suggestioni spaziali, evidenti soprattutto a livello dei libri o cartigli mostrati dalle varie figure. Le innovazioni prospettiche riguardano anche i motivi decorativi della cornice dove appaiono cardi più gonfi e voluminosi, foglie collocate nelle tre dimensioni e nuovi fiori prima del tutto assenti. Anche i modiglioncini della cornice sono più in prospettiva.

Questi passaggi mostrano un progressivo avvicinarsi sia ad un’arte orafa di sapore transalpino (nelle decorazioni delle areole e degli sfondi) che alla tendenza tutta giottesca di porre le figure e cose rappresentate nelle tre dimensioni. Non è un caso che gli ultimi sette oculi del margine inferiore furono realizzati dopo l’interruzione e quindi solo dopo la parentesi assisiate in cui Simone entrò in contatto con Giotto in persona e con i suoi affreschi.

Da notare infine come la transizione dalle areole raggiate a quelle decorate con stampini floreali sia riscontrabile anche nelle figure principali: mentre tutti i santi, angeli e arcangeli in posizione stante a destra hanno areole raggiate (ad eccezione di Santa Caterina che, secondo la cronologia a fasce da destra a sinistra, fu l’ultima ad essere fatta in quest’area dell’affresco e oltretutto rifatta nel 1321), la Madonna, il bambino e tutte le figure a sinistra hanno areole con stampini. Queste permangono anche nelle areole di tutti i santi e angeli inginocchiati in basso. A differenza degli oculi, nelle figure dell’affresco ci sono anche stampini circolari con una stella a otto punte, ciascuna terminante con piccola foglia ovoidale.

 
 

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Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Simone Martini

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Virtual visit | www.sienaguidavirtuale.it





















Simone Martini, Maestà (Madonna with Angels and Saints), 1312 - 1315, Palazzo Pubblico, Siena

 

Simone Martini, Maestà (Madonna with Angels and Saints), 1312 - 1315, Palazzo Pubblico, Siena   Simone Martini, Maestà (Madonna with Angels and Saints), 1312 - 1315, Palazzo Pubblico, Siena   Simone Martini, Maestà (Madonna with Angels and Saints), 1312 - 1315, Palazzo Pubblico, Siena
         
Simone Martini, Maestà (Madonna with Angels and Saints), 1312 - 1315, Palazzo Pubblico, Siena   Simone Martini, Maestà (Madonna with Angels and Saints), 1312 - 1315, Palazzo Pubblico, Siena   Simone Martini, Maestà (Madonna with Angels and Saints), 1312 - 1315, Palazzo Pubblico, Siena
         


[1] Biografia di Simone Martini | Simone Martini nasce a Siena nel 1284, della sua formazione artistica si sa poco. In molti critici suppongono che egli fosse allievo del pittore Duccio di Buoninsegna. La sua opera degli esordi risente, infatti, degli stilemi artistici dell'artista. A soli quattro anni dalla collocazione della Maestà del Duccio sull'altare maggiore del Duomo di Siena, Martini dipinge un'altra Maestà. E' il 1315 e l'affresco viene collocato nel Palazzo pubblico di Siena. Martini è ancora molto giovane, ma sicuramente è già un pittore qualificato, tanto da aver ottenuto un incarico di una certa importanza. Nel 1321, l'affresco verrà ritoccato dallo stesso autore, per motivi di restauro ma anche per ammodernare alcune caratteristiche che egli, evidentemente, trova desuete. Un documento del 1317 attesta il pagamento in favore di un Simone cavaliere da parte di Roberto d'Angiò. E' quasi certo che egli fosse il Martini, che firma una tavola rappresentante San Ludovico di Tolosa (fratello di Roberto) che incorona il d'Angiò. In quegli anni il pittore attende alla complessa decorazione (comprendente affreschi e vetrate) della cappella di San Martino, nella Basilica Inferiore di San Francesco ad Assisi. Considerata la più alta espressione dei valori cortesi e cavallereschi, la cappella rappresenta un perfetto connubio tra valori religiosi e laicità, aprendo la via ad un'arte che pone l'attenzione sul terreno e sull'uomo.



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Bibliografia essenziale

Pierluigi Leone de Castris, Simone Martini: catalogo completo dei dipinti , Firenze, c1989

Andrew Martingale, Simone Martini , Oxford - 1988

L'opera completa di Simone Martini / presentazione di Gianfranco Contini; apparati critici e filologici di Maria Cristina Bozzoli Milano - 1970

Aldo Cairola, Simone Martini e Ambrogio Lorenzetti nel Palazzo Pubblico di Siena , Firenze - stampa 1979

Gli affreschi di Simone Martini ad Assisi
/ testo di Ferdinando Bologna - Milano - [1965]

Alessandro Bagnoli, La Maestà di Simone Martini, Silvana Editore, Milano 1999.

Marco Pierini, Simone Martini, Silvana Editore, Milano 2002.

Pierluigi Leone de Castris, Simone Martini, Federico Motta Editore, Milano 2003.

Luciano Bellosi, Il pittore oltremontano di Assisi. Il gotico a Siena e la formazione di Simone Martini, Gangemi Editore, Roma 2004.

Piero Torriti, Simone Martini, Giunti Editore, Firenze 2006.

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Il Palazzo Pubblico di Siena si affaccia su Piazza del Campo e rappresenta il cuore della vita civile di Siena. Dopo essere stato la residenza della Signoria e del Podestà, è oggi la sede dell'Amministrazione pubblica, dove trovano posto gli uffici del Sindaco, gli uffici comunali e le sale di rappresentanza. Al primo piano è inoltre ospitato il Museo Civico, mentre al secondo la sala del Consiglio Comunale e la loggia.

Il Palazzo Pubblico di Siena fu costruito tra la fine del Duecento e gli inizi del Trecento. Inizialmente fu progettato solo il corpo centrale, mentre le ali laterali furono aggiunte più tardi. L’adiacente alta torre dell’orologio, detta Torre del Mangia, risale, invece, alla metà del Trecento. In passato fu residenza della Signoria e del Podestà; oggi è sede del Comune e del Museo Civico.

L’esterno segue in parte l’andamento curvilineo della piazza su cui si affaccia. La parte inferiore è realizzata in travertino, mentre quella superiore in mattoni, creando la caratteristica bicromia bianco-rossa. Nel 1557 al centro della facciata venne apposto lo stemma dei Medici, divenuti padroni della città. La parte superiore è coronata da nove merli guelfi, uno per ogni governatore della repubblica.

All’interno del palazzo, oltre agli uffici del Comune di Siena, ha sede il Museo Civico, che custodisce importanti opere d’arte di grandi artisti, tra cui Simone Martini, i fratelli Lorenzetti, Filippo Memmi, il Sodoma, Jacopo della Quercia e Taddeo di Bartolo.


Il Museo Civico di Siena
Piazza del Campo, 1
53100 – Siena
Orari di apertura
1 novembre - 15 marzo 10.00 - 18.30
16 marzo – 31 ottobre 10.00 - 19.00
 

Siena, Piazza del Campo e Palazzo Publicco


Simone Martini, Guidoriccio da Fogliano all'assedio di Montemassi, 1328-30, Palazzo Pubblico, Siena


Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo in città, 1338-1339, Sala della Pace, Parete di fondo della Sala dei Nove, Palazzo Pubblico, Siena