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Giotto di Bondone, Crocifisso di Santa Maria Novella (dettaglio), 1290, tempera su tavola, 578 x 406 cm, Firenze, Santa Maria Novella

   
 

Giotto di Bondone | Il Crocifisso di Santa Maria Novella

 
 

La Croce di Santa Maria Novella è una delle croci dipinte da Giotto e conservato nella navata centrale della Basilica di Santa Maria Novella a Firenze. Si tratta di una tavola (578x406 cm) dipinta a tempera intorno al 1290, quando l'artista aveva circa venti anni.

 
 
La Croce di Giotto è considerata un'opera fondamentale per la storia dell'arte italiana, in quanto l'artista approfondisce e innova l'iconografia del Christus patiens (già introdotta nell'arte italiana nella seconda metà del Duecento da Giunta Pisano e da Cimabue).

Giotto infatti abbandonò l'iconografia del Cristo inarcato, per dipingerlo in una posa più naturalistica, con le gambe piegate sotto il peso del corpo. Inoltre dispose le gambe incrociate e bloccate da un solo chiodo sui piedi, in una maniera già usata da Nicola Pisano nella lunetta della Deposizione nel portale sinistro del Duomo di Lucca (1270 circa).

Durante il restauro dell'opera, conclusosi nell'autunno del 2001, sono state evidenziate alcune particolarità rimaste, fino ad allora, sconosciute, tra cui l'estrema raffinatezza di una bottega che si avvaleva di maestranze esperte e raffinate e il cambiamento in corso d'opera da parte di Giotto nella impostazione più allungata e reclinata della figura di Cristo (fatto che comportò un cambiamento anche della struttura lignea già costruita)

Sono emerse una serie di opere, ormai tutte rovinate, riguardanti episodi del Vecchio e Nuovo Testamento (in stretto rapporto con gli affreschi della basilica superiore di San Francesco d'Assisi) e considerate appunto emblematiche della produzione giovanile di Giotto, dal 1290 al 1300 circa.

 

 



Giotto di Bondone, Crocifisso di Santa Maria Novella, 1290, Firenze, Santa Maria Novella


Giotto di Bondone, Crocifisso di Santa Maria Novella (dettaglio), 1290, tempera su tavola, 578 x 406 cm, Firenze, Santa Maria Novella



Il Crocifisso di Santa Maria Novella di Giotto, realizzato intorno al 1300, presenta alcune affinità con quello di Cimabue, ma anche notevoli differenze. La forma della croce con due icone, una della Madonna e una di San Giovanni ai punti estremi del braccio orizzontale, il rettangolo orizzontale all'altezza dei piedi e sopra il capo di Cristo al termine del braccio verticale. Ma questa somiglianza è secondaria rispetto alla sostanziale differenza derivante dalla realizzazione di un corpo che è molto realistico quasi "contadino", come lo definì Cesare Brandi nel 1983 (tratto da "Giotto - la pittura" di Alessandro Tomei, ed. Giunti pag. 16). Mentre il corpo di Cristo di Cimabue è arcuato in avanti e presenta un'armonia classicista nella posa generale, nella divergenza dei piedi, nel contromovimento del colo e della testa, nel perizoma semitrasparente che dona una forte carica sensuale al corpo, quello di Giotto cade pesantemente e verticalmente sull'addome e sui glutei, con le cosce leggermente inclinate per ricadere verticalmente di nuovo sui piedi parzialmente sovrapposti, convergenti e quindi privi di quella grazia presente nei piedi dipinti da Cimabue. Anche le mani inchiodate realizzate da Giotto presentano una nota di realismo che evidenzia una forte differenza culturale: le mani di Cimabue sembrano contratte e aperte (in contraddizione con la morte di Cristo), mentre sono soltanto semplificate e realizzate con quella visione più chiara e comprensibile tipica della cultura cristiana. In queste mani Cimabue intende mostrare i chiodi che trafiggono le palme delle mani e non si preoccupa di farle apparire contratte e piene di vitalità. Le mani del Cristo di Giotto sono in una posizione diversa, col pollice che cade davanti alla palma della mano e quasi nasconde il chiodo che infligge anche questa sofferenza. Le dita sono piegate, con i muscoli rilasciati tipici di un corpo morto. Il corpo di Cristo dipinto da Giotto è profondamente più imitativo della realtà anatomica, il rapporto tra testa e corpo è più vicino al vero, l'arcata costale presenta un chiaroscuro veramente plastico. Il basso ventre è gonfio e gonfi sono i glutei, come se l'artista si fosse ispirato ad un uomo qualsiasi, con pancia e glutei un po' ingrossati. Dal costato sgorga del sangue a fontanella, per evidenziare la sofferenza fisica e morale. Questa nota di crudo realismo corrisponde alla tendenza europea alla descrizione granguignolesca della natura umana, utilizzata in modo consistente nella pittura gotica.

Il Crocifisso di Padova risale pressappoco allo stesso periodo della Cappella degli Scrovegni, quindi è databile intorno al 1305. La configurazione esterna della croce si presenta particolarmente mossa da linee curve determinate dalla cornice decorata. L'impostazione generale è quella del citato Crocifisso di Santa Maria Novella, ma qui l'eleganza ornamentale è maggiore così come i busti inseriti in formelle polilobate mistilinee. Lo sfumato morbidissimo e convicentemente realistico evidenzia un corpo decisamente terreno che vuole evidenziare la sostanza materiale di Cristo. I piedi sono sovrapposti, il capo inclinato per la sopravvenuta morte e le mani aperte ma con le dita piegate dalla mancata contrazione muscolare. In basso la croce si conficca nella roccia nella quale è una tomba con un teschio.  

 

 

Il Crocifisso di Giotto a Padova è una croce sagomata, ora conservata ai Musei degli Eremitani già nella Cappella degli Scrovegni.

Dipinta sui due lati, la Croce è probabilmente contemporanea agli affreschi della cappella (1303-1305). Affrescata a tempera su tavola di pioppo, incastonata in una cornice intagliata a raffinati motivi vegetali, i lobi delle braccia le danno un impianto formale innovativo, ma rinnova anche il linguaggio figurativo rispetto al secolo precedente, risultando più naturalistica, meno esasperata e straziata, ma non per questo meno efficace. La figura di Gesù mostra una notevole umanizzazione dovuta alla posizione e alla struttura del Crocifisso.

La Croce ha trovato la sua collocazione attuale dopo un accurato restauro.
 


Giotto di Bondone, Crocifisso, 1317 circa,
Padua, Museo Civico

La presenza di Giotto a Rimini non è databile con precisione ma si presume possa essere collocata tra gli anni di Padova ed il ritorno ad Assisi, prima o dopo il soggiorno padovano. Sicuramente anteriore al 1309, viene collocata circa al 1303.

A Rimini, come ad Assisi, lavorò in un contesto francescano, nella chiesa già di san Francesco, oggi nota come Tempio Malatestiano, dove dipinse un ciclo di affreschi perduto, mentre resta ancora nell'abside la Croce.

Confrontando il dipinto con le altre croci di Giotto (prime fra tutti la vicina Croce nella Cappella degli Scrovegni) appare chiaro come siano mancanti la cimasa e terminali(o capi croce), ritrovate invece da Federico Zeri nel 1957 nella collezione Jeckyll di Londra.

L'autografia della Croce non è condivisa da tutti gli studiosi: pur mostrando le qualità tipiche della sua pittura, potrebbe trattarsi di un'opera di bottega come molte uscite con la sua firma e dipinta da un suo disegno.
Il soggiorno di Rimini è importante, soprattutto, per l'influenza esercitata sulla locale scuola pittorica e miniatoria detta appunto scuola riminese, che ebbe tra i maggiori esponenti Giovanni e Pietro da Rimini. Proprio da una Croce di Giovanni, visibilmente derivata da Giotto e dalla sicura datazione al 1309, si è potuto porre il limite massimo alla presenza di Giotto in città.

 

 


Giotto di Bondone, Crocifisso, 1310-1317
Rimini, Tempio Malatestiano

 

 
Crocifisso Ognisanti
 
 
   
[1] Le notizie sulla giovinezza e la formazione di Giotto sono molto poche, sappiamo che nacque (come vuole la tradizione più diffusa) da una famiglia di contadini (altri affermano da un lanaiolo) di Colle di Vespignano non lontano da Firenze, nell'anno 1267 circa (anche se il Vasari lo dice nato dieci anni più tardi). E' noto che il suo maestro fu Cimabue, con il quale Giotto collaborò in alcune sue opere, anche se il racconto, secondo cui, Cimabue si accorse dell'abilità di Giotto vedendolo disegnare su un sasso una delle pecore che portava al pascolo, è inverosimile. E altrettanto leggenda è quella dell'O di Giotto. Importante per la sua formazione fu il viaggio a Roma che intraprese prima di entrare a far parte del cantiere di Assisi. A Roma si sviluppava a quel tempo un'importante scuola pittorica, quella di cui facevano parte Pietro Cavallini, Jacopo Torriti e Filippo Rusuti, i quali rappresentano in pittura la tipica monumentalità dell'arte classica. Dopo quest'esperienza Giotto lavorò al cantiere di Assisi. La basilica di San Francesco d'Assisi è costituita da 2 chiese sovrapposte, la basilica inferiore ha una pianta articolata e presenta una serie di cappelle affrescate da diversi artisti, mentre la chiesa superiore ha un programma iconografico unitario e chiaramente leggibile: le Storie dell'antico e del nuovo testamento sono collegate dalle illustrazioni della vita di San Francesco secondo il racconto di San Bonaventura composto nel 1260 circa.

Tra il 1277-80 Cimabue iniziò la decorazione del transetto sinistro della chiesa superiore, successivamente l'esecuzione degli affreschi passa ai suoi collaboratori, tra i quali Jacopo Torriti e Duccio da Boninsegna, iniziando a decorare gli spazi tra le finestre della navata con storie dell'antico e del nuovo testamento; alcuni di questi episodi sono attribuiti alla mano di Giotto avvertibile soprattutto nelle due Storie di Isacco e nella frammentaria Deposizione nel sepolcro.

Nelle decorazioni del registro inferiore, al di sotto delle finestre, lungo le pareti della navata, invece Giotto è il protagonista assoluto. Il ciclo decorativo su compone di 28 affreschi rettangolari delle misure di 270x230 cm, e rappresenta Scene della vita di San Francesco nelle quali Giotto ci presenta il santo rappresentato per la prima volta come un uomo, fra la gente, nella natura, in spazi architettonici, in luoghi riconoscibili e concreti, si vedano ad esempio gli affreschi della Rinuncia dei beni in cui il santo è rappresentato parzialmente nudo, la Morte del cavaliere di Celano, l'Omaggio di un semplice e il Presepe di Greccio in anticipo sulle ricerche della prospettiva.

Con la rappresentazione di queste scene Giotto chiude in maniera definitiva con lo stile bizantino e le rappresentazioni bidimensionali e frontali delle scene sacre, immettendole invece in un mondo che diventa reale, nell'affresco di San Francesco che dona il mantello al povero uno dei primi dell'intero ciclo sono presenti gli elementi tipici dell'arte giottesca e cioè il gioco di chiaroscuri con il quale dare volume alle cose, la loro rappresentazione prospettica e interesse verso una composizione armoniosa ma non statica.

Giotto ritornerà più tardi al cantiere di Assisi curando la decorazione della volta della basilica inferiore con Allegorie francescane e la decorazione della cappella della Maddalena.
Dello stesso periodo degli affreschi di Assisi è un dipinto su tavola, con fondo in oro, San Francesco riceve le stimmate, che oggi si trova al Louvre e che egli realizzò per la chiesa di San Francesco a Pisa nel quale sono rappresentati alcuni momenti della vita del santo.

Nell'anno 1300 a Roma realizzò alcuni affreschi di cui oggi non ci rimane traccia se non nelle fonti, dopodichè Giotto fa ritorno a Firenze dove eseguì altre opere alcune delle quali oggi frammentarie tra le quali il grande Crocifisso su tavola che si trova nella sagrestia della chiesa di Santa Maria Novella nel quale è ancora evidente l'abbandono degli schemi bizantini e la rappresentazione di un solo chiodo per fissare i piedi del Cristo alla croce che induce alla sovrapposizione delle gambe creando un effetto prospettico.

Intorno al 1304-1306 Giotto lavorò a Padova dove decorò la cappella degli Scrovegni eretta da Enrico Scrovegni per espiare i peccati del padre condannato da Dante nella Divina commedia alle pene dell'inferno.

Il programma iconografico della cappella esalta la figura della Madonna, la controfacciata è dipinta con il Giudizio Universale nel quale molte parti sono affidate ad allievi. Sui lati e nell'arco trionfale sulle pareti, divise in tre registri decorativi, si trovano le Storie di Gioacchino e Anna e le Storie della vita e della passione di Cristo che segnano l'inizio della maturità artistica del pittore, tra i quali: il Compianto sul Cristo morto e il bacio di Giuda....

Prima del 1310 realizzò la Madonna di Ognissanti, nella pala di grandi dimensioni (325x204 cm), che oggi si trova agli Uffizi di Firenze, Giotto riprese un tema tipico della cultura gotica rinnovandolo.

Nel 1320 ritornò a Firenze realizzando opere andate perdute o smembrate e disperse in vari musi del mondo come è successo per il polittico con Scene della vita e della passione di Cristo, riconosciuto in vari pezzi sparsi nel museo di Horne di Firenze e alla National Gallery of Art di Washington.
La sua propensione alla caratterizzazione fisica e psicologica dei personaggi da lui rappresentati è evidente nelle decorazioni che realizzò nelle cappelle Peruzzi e Bardi nella chiesa di Santa Croce a Firenze, le cappelle oggi sono solo due, ma secondo le fonti dovevano essere quattro.
La cappella Peruzzi fu affrescata per prima con Storie di San Giovanni Battista e di San Giovanni Evangelista, gli edifici rappresentati presentano architetture complesse con articolazione degli spazi molto varia nei quali l'interesse per la prospettiva da parte dell'artista è sempre più evidente.
Nella cappella Bardi sono affrescate le Storie di San Francesco la cappella però è stata manomessa nel corso dei secoli perciò l'integrità del ciclo decorativo ne risulta danneggiato.
Nella cappella Baroncelli invece si trova il Polittico della Vergine dipinto in seguito agli affreschi della cappella Bardi.
Tra il 1328 e il 1333 Giotto si recò a Napoli dove eseguì numerose opere per re Roberto d'Angiò, delle quali purtroppo non ci resta nulla. Da li poi si recò a Bologna dove lavorò al Polittico di Bologna oggi alla Pinacoteca Nazionale.
Per l'altare maggiore della basilica di San Pietro eseguì il Polittico Stefaneschi oggi alla Pinacoteca Vaticana.
Nel 1334 diviene "magister et gubernator" dell'opera di Santa Reparata cioè del cantiere del duomo di Firenze dove realizzò il primo piano del campanile detto appunto campanile di Giotto.
Nel 1335-1336 fu a Milano alla corte di Azzone Visconti ma anche di questo periodo non ci resta più nulla. Tornato a Firenze morirà l'otto gennaio del 1337 a 70 anni.
[Antonio Gaito]

 
Giotto, La Madonna di San Giorgio alla Costa, 1290, tempera su tavola, Museo diocesano, Firenze


Giotto, Storie di san Francesco, La cacciata dei diavoli da Arezzo


Giudizio Universale e la visione del Paradiso, Cappella degli Scrovegni, Padova



Marco Ciati, Cecelia Frosinini, La Madonna di San Giorgio alla Costa di Giotto: Studi e restauro, Edifir, Firenze 1995 ISBN 887970026X

Museo diocesano di Santo Stefano al Ponte | Sito ufficiale del Museo Diocesano

Art in Tuscany | Giorgio Vasari | Lives of the Most Excellent Painters, Sculptors, and Architects| Giotto

Sito ufficiale | www.cappelladegliscrovegni.it

Tour virtuale della Cappella degli Scrovegni | Riproduzione digitale in alta definizione degli affreschi di Giotto agli Scrovegni

Giotto. Cappella Scrovegni. Il Restauro | The restauration | pdf | www.giottoagliscrovegni.it


Vacanze in Maremma | I migliori siti vacanze in Toscana | Podere Santa Pia

 
 
   

Podere Santa Pia
Podere Santa Pia, giardino
San Quirico d'Orcia

         
San Gimignano  

 
San Gimignano
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Siena, Duomo
         
 
 
Florence, San Miniato al Monte
Florence, Duomo
Florence, Piazza della Repubblica
         

Podere Santa Pia è situata in un contesto paesaggistico di suggestiva bellezza, nel comune di Cinigiano, a meta' strada fra mare e montagna

     
         
Museo diocesano di Santo Stefano al Ponte

   
Il Museo Diocesano di arte sacra, ospitato nei locali della canonica e degli spazi attigui alla chiesa di Santo Stefano al Ponte, è il museo diocesano di Firenze. La collezione è composta da opere provenienti dalle chiese fiorentine, tolte nella seconda metà del XX secolo per ragioni di conservazione e sicurezza.
Ha aperto nel 1983 e subì gravi danni durante l'attentato del 1993, quando crollò un soffitto e vennero perduti per sempre alcuni oggetti e arredi. Riaperto nel 1995, oggi è aperto solo il venerdì pomeriggio.

Elenco delle opere

* Raniero Baldi, statua lignea di San Tommaso di Villanova (metà del XVII secolo);
* Bicci di Lorenzo, i Santi Donato Vescovo, Lucia e Maria Maddalena (XV secolo);
* Bicci di Lorenzo, Annunciazione (XV secolo);
* Benedetto Buglioni, scultura in terracotta, San Giovannino;
* Cenni dei Francesco, Crocifissione tra santi (fine XIV-inizi XV secolo);
* Corso di Buono, Madonna in trono (XIII secolo);
* Carlo Dolci, Ecce Homo (XVII secolo);
* Domenico di Michelino, predella e Madonna col Bambino (XV secolo);
* Giotto, Madonna in trono col Bambino e angeil (1290-1295);
* Giovanni del Biondo, Incoronazione di Maria, San Tommaso d’Aquino e Madonna col Bambino (XIV secolo);
* Francesco Granacci, Pietà;
* Bernardo Holzmann, busto d’argento di San Cresci (fine secolo XVII-inizi del XVIII).
* Jacopo di Cione, San Pietro (XIV secolo);
* Filippo Lippi, trittico raffigurante Christus Patiens e i Santi Girolamo e Alberto da Vercelli
* Lorenzo di Niccolò, trittico (1402);
* Maestro di Montefloscoli,San Dàmaso I (XIV secolo);
* Maestro del Crocifisso di San Quirico, Crocifisso su tavola (XIV secolo);
* Maestro del Tondo Borghese, Vergine in trono (1511);
* Maestro del Trittico Horne, San Pietro martire (XIV secolo);
* Maestro della Madonna Straus, l’Annunciazione ed il polittico di Gàliga (fine sec. XIV-inizi XV);
* Maestro di Santa Verdiana, San Giovanni Battista, San Lorenzo e San Martino (fine del XIV secolo);
* Masolino da Panicale, San Giuliano (1423-1425 circa);
* Michele di Ridolfo del Ghirlandaio, Sacra conversazione (XVI secolo);
* Orcagna (bottega), quattro statue lignee (XIV secolo);
* Filippo Paladini, Martirio di Giovanni Battista;
* Paolo Uccello, Predella di Quarate (1433-1434);
* Parri Spinelli, Croce (XV secolo);
* Nino Pisano, statua marmorea della Madonna col Bambino (XIV secolo);
* Mariano d'Agnolo Romanelli, sculture in legno policromo, l' Arcangelo Gabriele e Maria Annunziata (1380-1390);
* Santi di Tito, Incontro del servo di Abramo con Rebecca al pozzo (1602).
* Pietro Tacca, busto di bronzo del Beato Davanzato (1630 circa);
* Arredi e strumenti liturgici

Bibliografia

Alvaro Spagnesi, Sergio Pacciani, Santo Stefano al Ponte Vecchio, Edizioni della Meridiana, Firenze 1999

  Santo Stefano al Ponte
Santa Maria Novella, Firenze

 
La basilica di Santa Maria Novella costituisce un esempio concreto dello stretto rapporto tra scienza e arte. Nella seconda metà del Quattrocento fu affidato a Leon Battista Alberti il completamento della facciata, dove gli elementi medievali furono mirabilmente armonizzati con le parti nuove del progetto albertiano. Le relazioni delle parti fra loro e con il tutto sono stabilite da un armonico sistema proporzionale derivato dai semplici rapporti (uno a uno, uno a due, uno a tre, ecc.) che stanno alla base dell'armonia musicale. Questo sistema permise all'Alberti di definire la posizione e la dimensione di ogni elemento del prospetto. Il rapporto di uno a due governa la composizione dell'intera facciata, che risulta inscritta in un quadrato, mentre un quadrato minore (con lato pari alla metà di quello maggiore) stabilisce il rapporto tra i due piani, scompone la parte inferiore e circoscrive la parte centrale superiore. Questa relazione è mantenuta per tutti gli elementi del prospetto, cosicché tutta la facciata risulta costruita geometricamente sulla base di un progressivo dimezzamento o raddoppio delle misure, mantenendo sempre la stessa proporzione.

All'interno della Basilica si trova la celebre Trinità di Masaccio che, costruita entro uno spazio architettonico concepito secondo la regole prospettiche di Filippo Brunelleschi, costituisce un altro esempio del felice connubio fra scienza del disegno ed espressione artistica.

Nella seconda metà del Cinquecento, il domenicano Egnazio Danti, astronomo, matematico e geografo alla corte di Cosimo I de' Medici, collocò sulla facciata due strumenti astronomici che utilizzò per studiare il moto apparente del Sole. Sulla sinistra si trovano due cerchi equinoziali, sulla destra un quadrante, attualmente in restauro, di cui è visibile il basamento che reca due orologi solari. Sui riquadri marmorei della facciata, ai lati del quadrante, sono incisi altri due orologi solari. I calcoli eseguiti dal Danti furono importanti per correggere il calendario fino ad allora utilizzato. Il nuovo calendario, detto gregoriano da Papa Gregorio XIII, che ne promosse la riforma, stabilì che al giorno 4 ottobre 1582 seguisse immediatamente il 15 ottobre. In questo modo fu corretto un piccolo errore presente nel calendario promosso da Giulio Cesare, detto appunto giuliano. Nella stessa chiesa il Danti avviò, ma non portò a termine, anche la costruzione di un orologio solare monumentale. Sopra il rosone, nella fascia verde, al centro, si vede ancora il foro gnomonico, attraverso il quale il raggio di Sole avrebbe dovuto colpire la linea meridiana sul pavimento della chiesa. [Istituto e Museo di Storia della Scienza, Firenze, Italia | Basilica di Santa Maria Novella]

Art in Tuscany | Santa Maria Novella, Firenze

 

 

 
Santa Maria Novella, Firenze

Indirizzo: Firenze, Piazza di Santa Maria Novella
Orario: Da lunedì a giovedì: 9.00-17.00 (ultima entrata); venerdì: 11.00-17.00; sabato: 9.00-16.30; domenica e festività religiose: 13.00-16.30

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