Giorgio Vasari, Andrea del Sarto, parete sudest, Sala Grande, Casa Vasari, Firenze [1]
   
 

Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri

Andrea del Sarto | Pittor Fiorentino

 
 

ANDREA DEL SARTO

Pittor Fiorentino

 

Egli è pur da dolersi de la fortuna, quando nasce un buono ingegno e che e’ sia di giudizio perfetto nella pittura e si facci conoscere in quella eccellente, con opere degne di lode, vedendolo poi per il contrario abbassarsi ne’ modi della vita, e non potere temperare con mezzo nessuno il male uso de’ suoi costumi. Certamente che coloro che lo amano, si muovono a una compassione, che si affliggono e dolgono vedendolo perseverare in quella, e molto piú quando si conosce che e’ non teme, e’ non li giova le punte de gli sproni che recano chi è elevato d’ingegno a stimare l’onore da la vergogna. Atteso che chi non istima la virtú, con la nobiltà de’ costumi e con lo splendore di una vita onesta et onorata non la riveste, nascendo bassamente aombra d’una macchia l’eccellenzia delle sue fatiche, che si discerne malamente da li altri. Per il che coloro i quali seguitano la virtú, doverriano stimare il grado in che si trovano, odiare le vergogne e farsi onorare il piú che possono del continuo, che cosí come per l’eccellenzia delle opere che si fanno, si resiste a ogni fatica, perché non vi si vegga difetto; il simile arebbe a intervenire ne l’ordine della vita, lasciando non men buona fama di quella, che si facci d’ogni altra virtú. Perché non è dubio che coloro che trascurano sé e le cose loro, danno occasione di troncare le vie alla fama e buona fortuna, precipitandosi per satisfare a un desiderio d’un suo appettito che presto rincresce, onde ne seguita che si scaccia il prossimo suo da sé, e che col tempo si viene in fastidio al mondo, di maniera che in cambio della lode che si spera, il tutto in danno et in biasimo si converte. Laonde si conosce che coloro che si dolgono, che non sono né in tutto né in parte rimunerati dalla fortuna e da gli uomini, dando la colpa ch’ella è nemica della virtú, se vogliono sanamente riconoscere se medesmi, e si venga a merito per merito, si troverrà che e’ non l’aranno conseguito piú per proprio difetto o mala natura loro, che per colpa di quelli. Perché e’ non è che non si vegga se non sempre almeno qualche volta che siano remunerati, e le occasioni del servirsi di loro. Ma il male è quello de gli uomini, i quali, accecati ne’ desideri stessi, non voglion conoscere il tempo, quando l’occasione si presenta loro, che se eglino la seguitassino e ne facessin capitale, quando ella viene, non incorrerebbono ne’ desordini, che spesso piú per colpa di loro stessi che per altra cagione si veggono, chiamandosi da lor medesimi sfortunati. Come fu nella vita piú che ne l’arte lo eccellentissimo pittore Andrea del Sarto fiorentino, il quale obligatissimo alla natura per uno ingegno raro nella pittura, se avesse atteso a una vita piú civile et onorata e non trascurato sé et i suoi prossimi, per lo appettito d’una sua donna che lo tenne sempre e povero e basso, sarebbe stato del continuo in Francia, dove egli fu chiamato da quel re che adorava l’opere sue e stiamavalo assai, e lo arebbe rimunerato grandemente. Dove per satisfare al desiderio de l’appetito di lei e di lui, tornò e visse sempre bassamente. E non fu delle fatiche sue mai se non poveramente sovenuto, e da lei, ch’altro di ben non vedeva, nella fine vicino alla morte fu abandonato. Ma cominciamoci dal principio.

Nacque l’anno MCCCCLXXVII nella città di Fiorenza a una persona da bene, chiamato sopra nome il Sarto dall’arte che egli faceva, un figliuolo il cui nome fu Andrea. Il quale di acutissimo ingegno e vivace fu da lui, che altro che l’arte del cucire non aveva, allevato poveramente. E cosí nella età di sette anni fu levato da la scuola del leggere e messo a l’arte de l’orefice. Nella quale egli con molta piú facilità e volentieri disegnava, che gli altri lavori di argento di bottega si dilettasse lavorare. Avvenne che Gian Barile pittore fiorentino, uomo nella pittura grosso, visto il disegnare di questo fanciullo, li piacque tanto che si ingegnò di tirarlo a sé, conoscendosi averne bisogno. E cosí faccendolo abbandonare lo orefice, lo condusse alla arte della pittura. La quale gustando Andrea, e conoscendo che la natura per quello lo avea creato, in pochi mesi cominciò coi colori a far cose che Gian Barile e molti di quel mestiero di giorno in giorno faceva maravigliare. Per il che passati tre anni e fatto una pratica molto destra, disegnando egli del continuo, e conoscendo Gian Barile l’ingegno di questo fanciullo, il quale se attendesse e seguitasse l’arte farebbe una riuscita molto buona, parlatone con Pier di Cosimo, tenuto allora de’ miglior pittori che fussino in Fiorenza, acconciò seco Andrea. Il quale come desideroso d’imparare l’arte, non restava esercitarsi in quella del continuo, conoscendosi che la natura l’aveva fatto nascere veramente pittore, avvenga ch’egli, nel toccare i colori, gli maneggiava con tanta grazia, che Piero li pose un grandissimo amore. E cosí non restava, e le feste e quando aveva comodità, di andare a disegnare in compagnia di molti giovani alla sala del papa, dove era il cartone di Michel Agnolo Buonarroti e similmente quello di Lionardo da Vinci. Et ancora che egli ci fussino disegnatori assai, e terrazzani e forestieri, Andrea vi disegnò a paragone di molti quantunque egli fusse giovanetto. Era fra gli altri disegnatori in questo luogo il Francia Bigio pittore, il qual era persona molto buona che, visto il modo del disegnare di Andrea, prese con esso strettissima pratica. E cosí conferitisi l’animo l’un de l’altro Andrea disse che per la stranezza di Piero che era già vecchio, non lo poteva piú sopportare e che voleva torre stanza da sé. Il Francia ancor egli ne aveva di bisogno, avendo Mariotto Albertinelli suo maestro abbandonato l’arte della pittura. E cosí fatto comune la volontà per venire da qualcosa nel mestiero, l’uno e l’altro tolsero alla piazza del Grano una stanza, e quivi ciascuno lavorando, condussero molte opere insieme. Fra le quali furono le cortine che cuoprono la tavola dell’altar maggiore de’ Servi, che allogate gli furono da un sagrestano ch’era parente strettissimo del Francia. Nelle quali dipinsero, in quella che volta in verso il coro, una Nostra Donna Annunziata da l’Angelo, e nell’altra dinanzi, un Cristo Deposto di croce, simile a quello che è quivi nella tavola dipinta da Filippo e da Piero Perugino; che finite ne acquistarono onore appresso a’ frati e cosí a quegli dell’arte.

Ragunavasi in Fiorenza sopra la casa del Magnifico Ottaviano de’ Medici, dirimpetto a l’orto di San Marco, una Compagnia chiamata lo Scalzo, titolata in San Giovanni Batista, murata in que’ dí da molti artefici fiorentini; e fra l’altre cose che eglino ci avevan fatte di muraglia era un cortile murato d’intorno di colonne non molto grande, et ancora ch’eglino fussin poveri di danari, erano ricchi d’animo. Laonde vedendo alcuni di loro che Andrea perveniva in grado nell’arte della pittura, ordinaron fra loro che facessi intorno a detto chiostro in dodici quadri di chiaro e scuro, ciò è di terretta in fresco, XII istorie della vita di San Giovan Batista. Per il che egli messovi mano, fece la prima quando San Giovanni battezza Cristo e la condusse con una diligenzia grande. Della quale istoria acquistò egli credito e fama tale, che molte persone si voltarno a fargli fare opere, come a quello che stimavano dovere col tempo far que’ fini onorati e di nome, che prometteva il principio delle opere sue. Erasi in quel tempo murato, fuor della porta a San Gallo, la chiesa di San Gallo, a’ frati Eremitani Osservanti de l’ordine di Santo Agostino, et andavano ogni giorno faccendo fare a’ padroni per le nuove cappelle della chiesa tavole di pittura. E cosí fu fatto dar principio a Andrea, che ne fece una di Cristo quando in forma d’ortolano apparisce a Maria Magdalena, e di colorito condusse tutta quell’opera, con una morbidezza molto unitamente e dolce per tutto. La quale fu cagione ch’egli in ispazio di tempo ne fece poi altre due. E detta tavola è posta oggi al canto a gli Alberti, in San Iacopo fra’ Fossi. Mentre che Andrea et il Francia dimoravano cosí, e cresciuti di fama crescevano d’animo, e’ presono nuove stanze vicino al convento de’ Servi nella Sapienzia. E non andò molto che Iacopo Sansovino allora giovane, che sotto la disciplina d’Andrea dal Monte Sansovino suo maestro imparava l’arte della scultura, prese con Andrea molta familiarità, talmente ch’eglino giorno e notte insieme dimoravano, e tanto giovamento si porsono l’un l’altro nel conferire le difficultà dell’arte, che Iacopo fece quei frutti che si son visti poi in Fiorenza et in Roma et in Venezia, nelle mirabili e belle opere sue, tanto di marmo quanto di bronzo, oltra le ingegnosissime architetture fatte da esso.

Era allora nel convento de’ Servi, al banco delle candele, un frate sagrestano, nominato fra’ Mariano dal canto alla Macine, il quale aveva ragunato alcuni danari di limosine; e considerato la voglia che avea Andrea di far acquisto de l’arte, pensò tentarlo in su le cose dell’onore, con mostrare sotto spezie di carità e di volerlo aiutare, che gli tornerebbe utile e si farebbe conoscere, et inoltre se gli appresentarebbe una occasione di non dovere essere mai povero, e fu questo. Già molti anni innanzi nel primo cortile de’ Servi aveva Alesso Baldovinetti dipinto nella facciata che fa spalle alla Nunziata, una Natività di Cristo, e Cosimo Rosselli, da l’altra parte, aveva cominciato in detto cortile una istoria, quando San Filippo autore di quell’ordine piglia l’abito; la quale istoria finita, per l’impedimento della morte, non poté Cosimo seguitare il restante. Aveva il frate adunque volontà grande di seguitare il resto, e pensò di fare ch’Andrea et il Francia, che erano già di amici venuti concorrenti nell’arte, gareggiassino insieme e ne facessino ciascuno di loro una parte; il che, oltra a l’essere servito benissimo, arebbe fatto la spesa minore, et a loro le fatiche maggiori. Laonde aperto l’animo suo a Andrea, lo persuase a pigliare tal carico; con ciò sia cosa che il luogo era pubblico, e sarebbe conosciuto da i forestieri tanto quanto da i Fiorentini, sapendo egli quanto la chiesa per i miracoli della Nunziata fussi dalla frequenzia delle genti visitata. E ch’egli non doveva pensare a prezzo nessuno, sendo egli in sul farsi conoscere, anzi avendo quel luogo sí pubblico, per farvi l’opere sue, doveva molto piú pregarne il frate che esserne pregato da lui. E che quando egli attendere non ci volessi, aveva il Francia che per farsi conoscere gli aveva offerto di farle, e de ’l prezzo gli dessi quel che volessi. Furono questi sproni molto gagliardi a far che Andrea pigliassi tal carico, essendo massimo di poco animo; ma questo ultimo de ’l Francia lo fece risolvere allora e fare scritta di tutta l’opera, perché nessuno non v’entrasse. Avendolo dunque il frate cosí imbarcato, gli diede danari e convenne che seguitassi la vita di San Filippo, e non avessi per prezzo da lui altro che dieci ducati per istoria, allegando che gli dava di suo e che lo faceva per il ben d’Andrea, piú che per l’utile o bisogno de ’l convento. La quale opera presa da lui con quel prezzo e cominciata, fu seguita con grandissima diligenzia, e le prime istorie ch’egli finí e scoperse furon queste tre: la prima, quando San Filippo già frate riveste quello ignudo, e l’altra, quando egli, sgridando alcuni giucatori che bestemmiavano Dio et uccellavano San Filippo del suo ammunirgli, viene in un tempo una saetta da ’l cielo, e dato sopra un albero dove eglino stavano sotto a l’ombra, ne uccide due, e gli altri, chi con le mani alla testa, sbalorditi si gettano innanzi, altri si mettono in fuga gridando; dove fra l’altre figure è una femmina, dal tuono e dalla paura in fuga uscita di sé, et un cavallo scioltosi che, sentendo lo strepito della saetta, con salti fa vedere quanto le cose improvisamente paurose, a chi non le spetta, rechino timore e spavento. Nella qual opera, conosce chi la guarda quanto Andrea pensassi alla varietà delle cose in un sol caso, avvertenzie certamente molto belle a chi esercita la pittura. La terza fece quando San Filippo cava lo spirito da dosso a una femmina; le qual’istorie scopertesi, ne conseguí quella lode che meritamente si conveniva a una opera simil a quella. E seguitò Andrea inanimito per la lode due altre istorie nel cortile medesimo. In una faccia quando San Filippo è nella bara morto, et intorno e’ suoi frati lo piangono, aggiuntovi un putto morto anch’egli, che nel farli toccare la bara dove è San Filippo, risuscita, et èvvi contrafatto, e quando egli è morto e quando egli è vivo, con una arte molto vivace e molto bella; cosí seguitò l’ultima da quella banda, dove egli figurò quando i frati mettono le veste di San Filippo in capo a i fanciulli, dove ritrasse Andrea della Robbia scultore molto pratico, che è un vecchio che vien chinato vestito di rosso con una mazza in mano, e similmente vi ritrasse Luca suo figliuolo, cosí nell’altra già detta dove è morto San Filippo ritrasse Girolamo figliuol d’Andrea scultore allora suo amicissimo, il qual è oggi in Francia, tenuto molto valente nella scultura. E cosí dato fine a ’l cortile da quella banda, parendoli il prezzo poco e l’onore troppo si risolvé licenziarlo, quantumque il frate molto se ne dolessi. Il quale per l’obligo fatto disse che non voleva disobligarlo, se non li promettessi fare due altre istorie, e che gli crescerebbe prezzo; e cosí furon d’accordo, ma le voleva fare a suo comodo e piacimento.

E cosí conosciuto ogni giorno da piú persone, gli furon allogati molti quadri e cose d’importanza, e fra gli altri da el Generale de’ frati di Valle Ombrosa, per il convento di San Salvi fuora della porta alla Croce, ne ’l refettorio loro, un arco d’una volta e la facciata per farvi il Cenacolo. La qual volta egli cominciò, e dentro vi fece in quattro tondi quattro figure: San Benedetto, San Giovan Gualberto, San Salvi Vescovo e San Bernardo delli Uberti di Firenze lor frate Cardinale, e nel mezzo figurò un tondo, dentrovi tre facce che sono una medesima, per la Trinità; certamente per opera fresca molto ben lavorata. Avvenne che Andrea era già molto noto, e tenuto veramente quella persona che egli era nella pittura; laonde per ordine di Baccio d’Agnolo gli fu fatto allogazione di una operetta a fresco, da Or San Michele, quando si scende lo sdrucciolo che va in Mercato Nuovo, in un biscanto; nel quale si sforzò e vi fece una Annunziata con maniera molto minuta, la quale ancora che fussi bella, non fu lodata molto, avvenga che Andrea faceva bene senza ch’egli affaticassi e sforzassi la natura. Fece molti quadri che per Fiorenza e fuori servirono, che non farò menzione di tutti salvo che de’ migliori, fra i quali fu uno quello ch’è oggi in camera di Baccio Barbadori, dove è una Nostra Donna intera con un putto in collo, e Santa Anna con San Giuseppo, qual è lavorato di bella maniera e tenuto carissimo da Baccio, per l’amore ch’e’ porta al nome di Andrea, ma molto piú per dilettarsi de l’arte della pittura. Fecene un altro a Lionardo del Giocondo, d’una Nostra Donna, vario da quello di sopra, oggi appresso a Piero suo figliuolo; e cosí ne fece a Carlo Ginori due non molto grandi, comperi dal Magnifico Ottaviano de’ Medici nella vendita delle sue masserizie, de’ quali uno fece portar nella villa sua di Campi, dove egli fece murare un casamento grande, con una coltivazione piú tosto da re che da cittadino privato, l’altro tiene in camera in Fiorenza Bernardetto suo figliuolo, con molte altre pitture moderne, fatte da eccellentissimi maestri, come vero figliuol di suo padre, che non meno onora e stima l’opere de’ famosi artefici, che egli si diletti accarezzare, favorire e far piacere, non solamente ad ogni pellegrino ingegno, ma ad ogni nobile et onorato spirto. Aveva in questo tempo il frate de’ Servi allogato al Francia Bigio una delle istorie de ’l cortile; il quale non aveva finito ancora la turata, che Andrea insospettito, perché gli pareva che il Francia nel maneggiare i colori a fresco valesse piú di lui, con prestezza per gara fece i cartoni di due istorie, nel canto fra la porta del fianco di San Bastiano e quella a man ritta che entra ne’ Servi, e si messe a colorirle con un grandissimo amore. Nelle quali istorie, in una fece la Natività della Nostra Donna, dove si vede un componimento di figure ben misurate in una camera, figurato certe comari o parente che vengono a visitare la donna de ’l parto, con quegli abiti stessi che si usava a suo tempo. Et inoltre fece al fuoco le donne che lavano la Nostra Donna, donde chi fa le fasce e chi altre faccende. E fra gli altri un fanciullo che si scalda al fuoco, molto vivace, senza che vi è un vecchio che si riposa in su un lettuccio, ch’è molto naturale. Et inoltre è piena l’istoria di femmine che ministrano cose da mangiare, et in aria putti che getton fiori, i quali con tutte le figure, son d’aria, di panni e d’ogni cosa consideratissimi, oltre il colorito morbido e dolcissimo, che paion carne, e le figure piú vive che dipinte. Simile è l’altra dove Andrea fece i tre Magi scavalcati, che mostrano avere a ire poco, avendo sol lo spazio delle due porte per vano, dove è l’istoria della Natività di Cristo di mano di Alesso Baldovinetti. Nella quale istoria Andrea fece la corte di tre re venire lor dietro, con carriaggi e molti arnesi e molte genti che gli accompagnono; fra i quali son in un cantone ritratti di naturale tre persone, vestite ne l’abito alla fiorentina: l’uno è Iacopo Sansovino che guarda inverso chi vede l’istoria tutto intero, et un altro appogiato a esso che ha un braccio in iscorto et accenna, è Andrea maestro dell’opera, et un’altra testa in mezzo occhio dietro a Iacopo, è lo Aiolle musico. Senza che vi ha finto putti che salgono per i muri, per istare a vedere passare le magnificenzie e le stravaganti bestie che menano con loro que’ re. La qual istoria è simil a l’altra già detta di bontà, e superò se stesso et il Francia che la sua vi finí.

Fece in questo tempo medesmo una tavola alla badia di San Godenzio benefizio di detti frati, che invero è molto ben fatta. Fece ancora per i frati di San Gallo, una tavola di una Nostra Donna quando è Annunziata da l’Angelo, nella quale si vede una unione di colorito molto piacevole et alcune teste di angeli che accompagnano Gabriello, con dolcezza sfumate e di bellezza di arie di teste condotte perfettamente. E sotto quella fece una predella Iacopo da Puntormo allora suo discepolo, il quale diede saggio in quella età giovenile di fare poi le belle opere che sono in Fiorenza di sua mano. Fece Andrea in questo tempo medesmo un quadro di figure non molto grandi a Zanobi Girolami, ne ’l quale era dentro una istoria di Iosep figliuolo di Iacob, che fu da lui finita con una diligenzia molto continuata e fu tenuta una bellissima pittura. Prese a fare per gli uomini della Compagnia di Santa Maria della Neve, dietro alle monache di Santo Ambruogio, una tavolina con tre figure: la Nostra Donna, San Giovanni Batista e Santo Ambruogio; la quale col tempo ancor ella fu condotta da lui e data a quegli che la posono in su l’altare di detta compagnia. Aveva preso dimestichezza grande con Andrea per le virtú sue Giovanni Gaddi, che fu poi cherico di camera, il quale per delettarsi de l’arte del disegno, faceva del continuo operare Iacopo Sansovino. E cosí piacendoli la maniera di Andrea, gli fece fare per sé un quadro d’una Nostra Donna, bellissimo; il quale per avervi fatto intorno e modegli et altre fatiche ingegnose, fu stimato la piú bella pittura che infino allora Andrea avesse dipinto. Fece dopo questo un altro quadro di Nostra Donna a Giovanni di Paulo merciaio, che per averlo servito benissimo gli restò del continuo con obligo, per quelle lode che sentiva dare a quell’opera, mostrandolo a ogni persona, tanto intendente nel mestiero, quanto a quelli che non se ne ’ntendevano. Fece ad Andrea Sartini un quadro con la Nostra Donna, Cristo, San Giovanni e San Giuseppo, lavorato con diligenzia, che sempre si stimò in Fiorenza per pittura molto lodevole. Le quali opere lo avevano arricchito sí di nome, che nella sua città, fra molti giovani e vecchi che dipignevano, era stimato de’ piú eccellenti che adoperassino colori e pennelli. Per il che Andrea vistosi onorare, et ancora che poco si facessi pagare l’opere ritrovandosi benissimo, et a sé et a’ sui di continuo sovenendo nelle miserie, e da i fastidii che ha chi ci vive, si difendeva gagliardamente.

Era in quel tempo in via di S. Gallo maritata una bellissima giovane a un berrettaio, la quale teneva seco non meno l’alterezza e la superbia, ancor che fussi nata di povero e vizioso padre, ch’ella fossi piacevolissima e vaga d’essere volentieri intrattenuta e vagheggiata d’altrui. Fra i quali de l’amor suo invaghí il povero Andrea, il quale dal tormento del troppo amarla aveva abbandonato gli studii de l’arte et in gran parte gli aiuti del padre e della madre. Ora nacque ch’una gravissima e subita malattia venne al marito di lei, né si levò del letto che si morí di quella. Né bisognò ad Andrea altra occasione, perché senza consiglio di amici, non risguardando alla virtú dell’arte, né alla bellezza dell’ingegno, né al grado che egli avesse acquistato con tante fatiche, senza far motto a nessuno, prese per sua donna la Lucrezia di Baccio del Fede, che cosí aveva nome la giovane, parendoli che le sue bellezze lo meritassero e stimando molto piú l’appetito de l’animo che la gloria e l’onore per il quale aveva già caminato tanta via. Laonde, saputosi per Fiorenza questa nuova, fece travolgere l’amore che gli era portato in odio da i suoi amici, parendogli che con la tinta di quella macchia avessi oscurato per un tempo la gloria e l’onore di cosí chiara virtú. E non solo questa cosa fu cagione di travagliar l’animo d’altri suoi domestici, ma in poco tempo ancor la pace di lui che, divenutone geloso e capitato a mani di persona sagace atta a rivenderlo mille volte e fargli supportare ogni cosa, che datoli il tossico delle amorose lusinghe, egli né piú qua né piú là faceva ch’essa voleva. Et abandonato del tutto que’ miseri e poveri vecchi, tolse ad aiutare le sorelle et il padre di lei in cambio di quegli. Onde chi sapeva tal cose per la compassione si doleva di loro et accusava la semplicità di Andrea essere con tanta virtú ridotta in una trascurata e scelerata stoltizia; e tanto quanto da gli amici prima era cerco, tanto per il contrario era da tutti fuggito. E nonostante che i garzoni suoi indovinassono per imparar qualcosa nello star seco, non fu nessuno, o grande o piccolo, che da essa con cattive parole o con fatti nel tempo che vi stesse non fussi dispettosamente percosso; del che ancora ch’egli vivessi in questo tormento gli pareva un sommo piacere. Era in questo tempo Governatore delle monache di San Francesco di via Pentolini, un frate di Santa Croce dell’ordine minore, il quale si dilettava molto della pittura, e quelle monache avevan di bisogno per la loro chiesa d’una tavola; per il che il frate conoscente di Andrea con non molti preghi ottenne che ella li fu da lui promessa, et ancora convenne per un prezzo molto piccolo; nascendo questo piú dal poco chiedere di Andrea, che da l’animo che avessi il frate di voler poco spendere. In questa tavola dipinse una Nostra Donna ritta, rilevata in su una basa in otto facce, et in sulle cantonate di quella sono Arpie che seggono adorandola. La qual figura tiene in collo il Figliuolo, che con attitudine bellissima la strigne con le braccia tenerissimamente, e l’altra tiene un libro serrato guardando due putti ignudi, che mentre ch’eglino l’aiutano a reggere, le fanno intorno ornamento. E da man ritta, una figura di San Francesco molto ben fatta, conoscendosi nella testa la bontà e la semplicità di quello, oltra che i piedi son bellissimi e cosí i panni, de’ quali Andrea con un girar di pieghe molto ricco e con alcune ammaccature dolci, sempre contornava le figure sí, che si vedeva lo ignudo; l’altra figura è un San Giovanni Vangelista finto giovane, che scrive lo Evangelio, figura non men bella che si sien l’altre. Oltra che vi è un fumo di nuvoli trasparenti sopra il casamento e le figure che par che si muovino. La qual opera è tenuta oggi delle cose ch’ei fece, molto bella. Fece al Nizza legnaiuolo un quadro di Nostra Donna, che fu stimato non meno che l’altre opere sue.

Fu deliberato per l’Arte de’ Mercatanti che si facessino di legname certi trionfi in su li carri, alla usanza antica; i quali dovevono andar in processione la mattina di San Giovan Batista, in cambio di certi paliotti e ceri, che per i tributi delle città ogni anno vengono in piazza al duca et i suoi magistrati, a essere riconosciuti tal giorno da chi governa. Fra questi Andrea fece a olio di chiaro e scuro molte istoriette le quali furon molto lodate; e cosí si aveva a seguitare di farne ogni anno qualcuno, per fin che ogni città avessi il suo; che nel vero sarebbe stato una grandissima pompa. Mentre che le bellissime opere di Andrea venivano a far ornamento alla patria sua et a dare ogni giorno ne l’arte piú nome a lui, fu da quegli uomini che governavano la Compagnia dello Scalzo consultato che Andrea dovessi lor finire l’opera del cortile di ch’egli già avevano avuta da lui quella prima istoria del Battesimo di Cristo; il che non fu molta fatica a persuaderlo, perché Andrea era persona facilissima e serviva piú volentieri le persone basse, che quelle a chi s’aveva avere rispetto. E cosí messo mano in quell’opera, la seguitò di continuo, finché fece due istorie, fra le quali lavorò prima per ornamento della porta che entra a la Compagnia due figure, che fu una Carità et una Giustizia, veramente degne della man sua. Dove mostrò quanto acquisto egli aveva fatto ne l’arte, da la prima istoria del Battesimo al principio di quella. Seguitò l’istoria da l’altro canto, dove fece San Giovanni che predica alle turbe, istoria veramente bella, per le molte e varie figure di que’ farisei, che ammirati danno udienzia alle nuove parole del precursore di Cristo; oltre che egli figurò quel S. Giovanni con una persona adusta, atta a quella vita ch’egli fece, et una aria di testa che mostra tutto spirto e considerazione. Ma molto piú si adoperò l’ingegno di Andrea nel farlo quando battezza in acqua dove sono quei popoli, i quali si spogliano, et altri spoliati aspettano che e’ finisca di battezare uno. Onde mostrò quanto è di affetto e di ardente desiderio nelle attitudini di coloro, che affrettano il mondarsi dal peccato, oltra ch’elle son lavorate di quel colore di chiaro e scuro, che rappresentano istorie di marmo vive e vere.

Aveva voluntà grandissima in quel tempo Baccio Bandinelli, ch’era tenuto disegnatore molto stimato, d’imparare a colorire a olio; e conoscendo che nessuno in Fiorenza era meglio di Andrea a doverli mostrare il modo, lo pregò che li dovessi fare un ritratto di sé et egli volentieri lo fece che somigliò molto in quella età, il quale è oggi appresso di lui. E cosí vede l’ordine del colorire, quantunque egli poi, o per la difficultà o per non se ne curare, cominciasse a colorire e non seguitassi, tornandoli piú a proposito la scultura. Fece un quadro ad Alexandro Corsini pieno di putti intorno et una Nostra Donna che siede in terra con un putto in collo, il quale fu condotto da lui con una arte molto di colorito piacevole. E cosí ancora fece una testa bellissima a un merciaio che faceva bottega in Roma, ch’era suo amicissimo. Piacque molto l’opera d’Andrea a Giovan Batista Puccini, e come quello che desiderava avere qualcosa del suo, prese dimestichezza seco, e gli fece fare un quadro di Nostra Donna, per mandare in Francia, che riuscito bellissimo lo ritenne per sé e non ve lo mandò; il quale tiene egli appresso di lui molto onoratamente, per essere non men bello che si fussino l’altre opere sue. E perché egli faceva in Francia molte faccende, gli fu dato commissione che egli facesse di mandar là pitture eccellenti; per il che egli allogò ad Andrea un quadro di un Cristo morto, che aveva certi angeli attorno che lo sostenevano e con atti pietosi e mesti contemplavano il lor fattore essere in tanta miseria per i peccati de gli uomini, che finitolo fu tenuto in Fiorenza cosa eccellente. Ma piú fu lodato in Francia dal suo re e cosí da tutti quei signori et altri che lo videro. Et acceso il re di voglia d’avere de le opere sue, ordinò che se ne facesse fare delle altre, la qual commissione fu cagione che Andrea persuaso col tempo da gli amici, si risolvé andare poco dopo in Francia. Venne l’anno MDXV da Roma Papa Leone X, il quale l’anno terzo del suo pontificato, a’ tre di settembre ne ’l suo papato, volse fare grazia di sé di farsi vedere in Fiorenza, nella quale si ordinò per riceverlo una festa molto magnifica. E ne ’l vero si può dire che non sia stata mai per pompa di archi, facciate, tempi, colossi et altre statue, fatto la piú sontuosa e la piú bella. Perché allora fioriva in quella città maggior copia di piú begli et elevati ingegni, ch’ella abbia fatto per tempo nessuno. Laonde alla porta San Pier Gattolini a l’intrata, fece un arco istoriato Iacopo di Sandro e Baccio da Monte Lupo; et a San Felice in piazza un altro Giulian del Tasso, a Santa Trinita statue e la Meta di Romulo; in Mercato Nuovo la Colonna Traiana; in piazza de’ Signori fece un tempio a otto facce Antonio fratello di Giulian da Sangallo, e Baccio Bandinelli fece un gigante in su la loggia; e fra la badia et il palazzo del Podestà, fece un arco il Granaccio et Aristotile; et al canto de’ Bischeri un altro il Rosso, cosa molto bella di ordine e di figure. Ma quel che valse piú di tutti, fu la facciata di Santa Maria del Fiore di legname e d’istorie, lavorate di mano d’Andrea di chiaro e scuro, che oltre alle comendazioni ch’egli ebbero della architettura fatta da Iacopo Sansovino, con alcune istorie di basso rilievo, di scoltura e figure tonde, fu giudicato dal papa non dover essere altrimenti di marmo tal edifizio, né le istorie che a far vi si avevano, d’altro disegno. Senza ch’Iacopo fece in sulla piazza di Santa Maria Novella un cavallo, simil a quel di Roma, molto eccellente. Oltra l’infinito numero de gli altri ornamenti fatti alla sala del papa, e l’ornamento pieno d’istorie, per la metà della via della Scala, lavorato da molti artefici e gran parte disegnate di man di Baccio Bandinelli. Finito questo, fu di nuovo ricerco di far un altro quadro per in Francia, e non molto vi penò, ch’egli lo finí. Nel quale fece una Nostra Donna bellissima, che fu mandato subito e cavatone da’ mercanti quattro volte piú, che non era il costo. Aveva allora Pier Francesco Borgherini fatto fare a Baccio d’Agnolo di legnami intagliati spalliere e cassoni, sederi e letto di noce, cosa molto bella per fornimento d’una camera, et a Andrea fece fare parte delle istorie, di figure non molto grandi, dentrovi i fatti di Giusep figliuol di Iacob, a concorrenzia di alcune che aveva fatte il Granaccio e Iacopo da Puntormo, che son molto belle. Et Andrea in quelle si sforzò di mettere del tempo, le quali riuscirono molto piú de l’altre perfette, avendo egli nella varietà delle cose che accaggiono in quelle istorie mostro quanto egli valessi nell’arte della pittura. Le quali istorie per la bontà loro furon per l’assedio volute scassar dove erano confitte da Giovan Batista della Palla, per mandar al re di Francia. Ma perché erano confitte di sorte che tutta l’opera si guastava, restorno nel luogo medesimo, con un quadro di Nostra Donna, che è tenuto cosa molto eccellente. Fece in questo medesimo tempo una testa di un Cristo, tenuta oggi da i frati de’ Servi in su l’altare della Nunziata. Erasi in San Gallo fuora della porta nelle cappelle della chiesa, fatte oltra alle due tavole di Andrea molte altre, le quali non paragonano le sua, e cosí avendosene allogare un’altra operarono que’ frati col padrone della cappella, che ella si dovesse dare a lui, et Andrea presala, la cominciò subito, et in quella fece quattro figure ritte, che disputano de la Trinità. Le quali son questi: Santo Agostino, con una aria africana, con veemenzia che si muove in abito di vescovo parato verso un San Pier Martire, il quale tiene un libro aperto, con una aria fieramente terribile, la qual testa e figura è molto lodata; allato a questo è un San Francesco, che con una mano tiene un libro e l’altra si pone al petto, et esprime con la bocca aperta una certa caldezza di fervore, che par ch’egli si strugga in quel ragionamento; èvvi un San Lorenzo che ascolta, e come giovane par che ceda alle auttorità di coloro. Fecevi ginocchioni due figure, una è Maria Magdalena con bellissimi panni, ritratta la moglie; perciò ch’egli non faceva aria di femmine in nessun luogo, che da lei non la ritraessi, e se pur avveniva che d’altri la togliessi, per l’uso del continuo vederla e dal tanto averla designata le dava quell’aria, non possendo far altro. L’altra figura fu un San Bastiano, il quale ignudo mostra le schiene, che non dipinte, ma di carne vivissime paiono. E certamente questa fra tante opere, fu da gli artefici tenuta a olio la migliore. Con ciò sia che si vede in quella una grandissima osservanzia de le misure delle figure et un modo molto ordinato e proprio nell’arie delle teste, dando dolcezza alli giovani e crudezza alli vecchi, e mescolato de l’una e dell’altra in quelle di mezza età, oltra che i panni e le mani erano oltra modo bellissime; la qual tavola si truova con le altre al canto a gli Alberti, in San Iacopo fra’ Fossi. Era già ad Andrea, non le bellezze della sua donna venute a fastidio, ma il modo della vita, e conosciuto in parte l’error suo, visto ch’egli non si alzava da terra, e lavorando di continuo non faceva alcun profitto, et avendo il padre di lei e tutte le sorelle che gli mangiavano ogni cosa, ancora che egli fosse avvezzo a tenerle, quella vita gli dispiaceva. Conosciuto questo, qualche amico che lo amava, piú per la sua virtú, che per i modi tenuti, cominciò a tentarlo che egli mutassi nido, che farebbe meglio, e quando egli lasciasse la sua donna in qualche luogo sicuro e col tempo poi la conducesse seco, potrebbe piú onoratamente vivere e fare de la sua arte qualche avanzo secondo ch’egli stesso volessi. Cosí adunche quasi dispostosi a volere questo errore ricorregere, non passò molti giorni che e’ gli venne occasione grande da potere ritornare in maggior grado, che e’ non era innanzi ch’egli togliessi donna. Già erano stati considerati in Francia i due quadri che Andrea vi aveva mandati dal giudizio del Re Francesco primo, e molto piú gli ne fece stimare alcuni altri che di Lombardia e di Venezia e di Roma erano stati presentati a Sua Maestà; i quali né di colorito, né di disegno si accostavano a quelli di Andrea a gran pezzo, avendo egli molto piú la maniera moderna, che non avevon gli altri. Fu detto al re che facilmente Andrea si condurrebbe in Francia e che volentieri servirebbe Sua Maestà; di che il re che si ne dilettava, diede commissione, e cosí si scrisse in Fiorenza e li fu pagato danari; et egli con Andrea Sguazzella suo creato, allegramente si inviò in Francia. Et arrivati a salvamento alla corte, fu dal re fattoli grata accoglienza et allegra cera. Né passò senza gustar il primo giorno la liberalissima cortesia di quel principe, donandoli veste, danari et altri arnesi. Cominciò Andrea a operare, e molto grato alla corte, di maniera che li pareva che la sua partita l’avessi condotto da una infelicità a una felicità grandissima, e vedutosi l’opera sua et il modo di quella facilità ne’ colori che faceva stupire ognuno, ritrasse di naturale il Dalfino figliuol del re, nato di pochi giorni, ch’era nelle fasce, che finito e presentato al re gli fé dono di scudi 300 d’oro, e cosí seguitando il lavorare fece una Carità per il re, tenuta cosa molto rara, nella quale egli durò molte fatiche, e dal re conosciuta fu tenuta molto in pregio mentre ch’e’ visse. Ordinato appresso grossa provisione, lo confortava a starsi con seco, che non gli mancherebbe cosa ch’egli desiderassi, piacendoli la prestezza dell’operare di Andrea et un certo modo di bassezza che si contentava d’ogni cosa che gli fussi data. Et in oltre la corte se ne satisfaceva molto, e cosí fece molti quadri et altre opere, e nel vero s’egli avessi considerato di dove e’ partí e la sorte dove ella lo aveva condotto, non è dubio ch’egli non fussi venuto, lasciando stare le ricchezze, in un grandissimo grado. Mentre ch’egli lavorava un quadro di un San Girolamo in penitenzia per la madre del re, venne un giorno una man di lettere infra molte che prima gli eron venute, mandate dalla Lucrezia sua donna, rimasa in Fiorenza sconsolata per la partita sua; et ancora che non li mancassi e che Andrea avessi mandato danari e dato commissione che si murassi una casa dietro alla Nunziata, con darle speranza di tornare ogni dí, non potendo ella aiutare i suoi come faceva prima, scrisse con molta amaritudine a Andrea, e mostrandoli quanto era lontano, e che ancora che le sue lettere dicessino ch’egli stessi bene non però restava mai di affligersi e piagnere continuamente. Et avendo accomodato parole dolcissime, atte a sollevar la natura di quel povero uomo, che l’amava purtroppo, cercava sempre ricordarli alcune cose molto accorabili, talché fece quel pover uomo mezzo uscir di sé nello udire che, se non tornava, la troverebbe morta. Laonde intenerito, ricominciato a percuotere il martello, elesse piú tosto la miseria de la vita, che l’utile e la gloria e la fama de l’arte. E perché in quel tempo egli si trovava pure avere avanzato qualcosa, e di vestimenti donatili dal re e d’altri baroni di corte, et essere molto adorno gli pareva mille anni una ora di ritornare, per farsi alla sua donna vedere. Laonde chiese licenzia al re per andare a Fiorenza et accomodare le sue faccende e cercare di condurre la moglie in Francia, promettendoli che porterebbe ancora alla tornata sua pitture, sculture et altre cose belle di quel paese. Per che egli presi danari dal re che di lui si fidava, li giurò sul Vangelo di ritornare a lui fra pochi mesi; e cosí a Fiorenza arrivato felicemente, si godé la sua donna alcuni mesi, e fece molti benefizii al padre et alle sorelle di lei, ma non già a’ suoi, i quali non volse mai vedere; laonde in spazio di tempo, morirono in miseria. Era già passato il tempo della tornata, e fra murare e darsi piacere senza lavorare si erano consumanti i danari suoi e quelli del re. Per il che volendo egli ritornare, fu stretto piú che prima da i pianti e da i prieghi della sua donna, piú che dalla fede e dal suo bisogno e da ’l merito di cosí gran re. Il quale sentendo ciò, si sdegnò poi tanto, che mai piú con dritto occhio guardar non volse per molto tempo pittori fiorentini, giurando che se mai li capitava in mano, piú dispiacere che piacere gli arebbe fatto, senza riguardo avere a nessuna virtú di quello. Cosí Andrea restato in Fiorenza, e da una grandezza di grado venuto a un infimo, si tratteneva e passava tempo.

Nella sua partita per Francia avevano gli uomini dello Scalzo considerato che non si partirebbe piú, et avevano allogato tutto il restante dell’opera del lor cortile al Francia Bigio, che già ci aveva fatto due istorie; ma, vedendo Andrea in Firenze, lo domandorono se voleva seguitare. Et egli ripresa l’opera molto volentieri la seguitò; et in quella fece quattro istorie, l’una dopo l’altra, dove è in una la presa di San Giovanni dinanzi a Erode, la qual è molto bene intesa e lodata; l’altra, la cena et il ballo di Erodiana, con figure molto accomodate et a proposito; e simil fece la sua decollazione, nella quale è un boia mezzo ignudo che ha tagliato la testa a San Giovanni ch’è una figura molto eccellentemente disegnata, simile tutte l’altre; e cosí fece quando Erodiana presenta la testa, dove sono alcune figure che di stupore si maravigliano, fatte con una considerazione molto a proposito. Le quali istorie sono state un tempo lo studio e la scuola di molti giovani, oggi venuti eccellenti in questa arte. Fece in su ’l canto che si voltava per ire al convento de’ frati Iesuati fuora della porta a’ Pinti, un tabernacolo, il quale restò per lo assedio di Fiorenza l’anno MDXXX in piedi, e non fu rovinato come l’altre cose per la bellezza sua; ne ’l quale è una Nostra Donna a sedere con un putto in collo et un San Giovanni fanciullo che ride, fatto con un’arte grandissima e lavorato in fresco perfettissimamente, stimato molto per la vivezza e per la bellezza sua. E la testa della Nostra Donna è il ritratto della sua moglie di naturale. Faceva allora in Francia molte faccende di mercanzia Bartolomeo Panciatichi il Vecchio, e desideroso lasciare memoria di sé in Lione, ordinò a Baccio d’Agnolo che Andrea li dipignessi una tavola per mandarsi là, nella qual volse una Assunta di Nostra Donna con gli Apostoli che stessino attorno a ’l sepolcro. La quale Andrea condusse fin presso alla fine, ma il legname di quella parecchie volte si aperse; e cosí ella rimase adietro non finita del tutto alla morte sua. Questa fu poi da Bartolomeo Panciatichi il Giovane suo figliuolo riposta nelle sue case, come opera veramente degna di lode, per le bellissime figure de gli Apostoli, oltre alla Nostra Donna che da un coro di putti ritti è circundata, senza altri fanciulli che la reggano e portono con una grazia singularissima. Et in una sommità della tavola è ritratto fra gli Apostoli Andrea nello specchio che par vivo vivo. Fece ne l’orto de’ frati de’ Servi a sommo i dua cantoni, due istorie de la Vigna di Cristo, nelle quali è quando ella si pianta e lega e paleggia, con quel padre di famiglia che mette alcuni operai oziosi, fra i quali è uno che mentre li dimanda s’e’ vuole entrar in opera, sedendo se gratta le mani, la qual è molto ben fatta. Ma molto è piú bella l’altra, quando e’ gli paga che e’ mormorano; infra i quali è uno che da sé annovera i danari, che è una bella figura, intento a quel che gli tocca, e cosí ancora quel castaldo che gli paga. Le quali istorie sono di chiaro scuro lavorate in fresco, con una destrissima pratica. E non uscí di questo lavoro, ch’egli fece una Pietà colorita nel noviziato, in fresco in una nicchia, a sommo a una scala, che fu molto bella.

Aveva preso con Andrea molta dimestichezza Zanobi Bracci, il quale, desideroso di avere una pittura di sua mano, lo richiese che gli facessi un quadro per una camera, e cosí Andrea gli fece una Nostra Donna, che inginocchiata si appoggia a un masso contemplando Cristo che posato in sun un viluppo di panni, la guarda sorridendo; e cosí v’è ritto un putto, ch’è finto per San Giovanni, che accenna alla Nostra Donna mostrando quello essere il Figliuol di Dio. E dietro loro è un Giuseppo appoggiato con la testa in sulle mani, che lo posa in uno scoglio, che pare ch’egli si beatifichi l’anima nel vedere la generazione umana esser diventata per quella nascita, divina. Era stato commesso a Giulio Cardinal de’ Medici per ordine di Papa Leone di fare lavorare di stucco e di pittura la volta della sala grande de ’l Poggio a Caiano, palazzo e villa della casa de’ Medici, posta fra Pistoia e Fiorenza, lontano dieci miglia da l’una e da l’altra; e dato la commissione cosí di pagare i danari, come di fare provisioni e rivedere quel che si faceva, al Magnifico Ottaviano de’ Medici, come a persona che si intendeva di quel mestiero et era molto domestico et amico di tali artefici, dilettandosi sempre di avere pitture di varii maestri, e che fussino eccellenti opere, si ordinò, essendosi dato tutta l’opera a dipignere al Francia Bigio, che Andrea ne avessi un terzo e gl’altri due terzi si dividessino, uno a Iacopo da Puntormo e l’altro rimase al Francia. Né si poté per sollecitudine ch’egli usassi loro e per quanti danari egli pagassi, ancora che fusse di mestiero ricordare loro ch’e’ venissin per essi, far sí che quella opera venissi al fine. Per il che Andrea con ogni diligenzia finí solamente in una facciata una istoria, dentrovi quando a Cesare son presentati i tributi di tutti gli animali. Nella quale desideroso di passare il Francia et Iacopo, si misse a fatiche non piú da lui usate, tirandoci una prospettiva magnifica et un ordine di scalee molto difficile, dove si perviene salendo per quelle a la sieda dov’era Cesare. Né mancò adornarla di statue, oltra il farvi varietà di figure che portano addosso varii animali, come una figura indiana che ha una casacca gialla indosso, che porta in su le spalle una gabbia tirata in prospettiva, dentrovi e fuori pappagalli, ch’è cosa rarissima; oltra che vi sono alcuni che guidano capre indiane, leoni, giraffe, leonze, lupi cervieri, scimie e mori et altre belle fantasie, accomodate con un’arte molto perfetta e colorite in fresco divinissimamente. Senza che v’è una grazia et una leggiadria nella maniera di tutta l’opera da stupirne veramente. Et inoltre figurò a sedere in su quelle scalee un nano che tiene in una scatola il camaleonte, che non si può imaginare nella disformità della stranissima forma sua, la bella proporzione che gli diede. La qual opera rimase imperfetta, venendo la morte di Papa Leone. E se bene il Duca Alessandro de’ Medici mentre viveva desiderava che Iacopo da Puntormo la finisse, non poté far mai tanto, che egli vi potessi por mano, che nel vero ricevé un torto grandissimo a restare imperfetta quella opera, sendo per cosa di villa la piú bella sala del mondo. Ritornato in Fiorenza, Andrea fece in un quadro una mezza figura ignuda di San Giovan Batista ch’è molto bella, la quale gli fu fatta fare da Giovan Maria Benintendi, oggi appresso di lui. Mentre le cose sue succedevano in questa maniera, ricordatosi alcuna volta delle cose di Francia, sospirava grandemente; e s’egli avessi pensato di potere avere perdono de ’l fallo commesso, non è dubbio ch’egli vi sarebbe con ogni suo sforzo ritornato. E cosí per tentare la fortuna, pensando forse che per la virtú sua egli avessi a essere assoluto, si messe giú e fece un quadro dentrovi un San Giovan Batista mezzo ignudo, per mandarlo al Gran Maestro di Francia, acciò ch’egli fussi mezzano con quel re a farli ritornare la grazia persa; ma sconfortato da mercanti non gliele mandò, anzi lo vendé al Magnifico Ottaviano de’ Medici, il qual lo stimò sempre mentre ch’e’ visse insieme con due quadri di Nostre Donne ch’egli fece d’una medesma maniera, oggi rimasti in casa sua. Fece mettere mano Zanobi Bracci perché facessi un quadro, che serví per Monsignor di San Biause, il quale lo fé con ogni diligenzia per vedere se fussi stato cagione di poter ricuperare la grazia persa con quel re, il quale desiderava tornare a servire. Fece un quadro a Lorenzo Iacopi ancora, molto di grandezza maggiore che l’usato, dentrovi una Nostra Donna a sedere con il putto in braccio, e cosí due altre figure che l’accompagnano, le quali seggono in sun certe scalee che di disegno e colorito son simili alle altre opere sue. Venne l’anno MDXXIII che in Fiorenza fu una peste et inoltre per il contado in qualche luogo, et Andrea impaurito non sapeva dove ritirarsi. Lavorò un quadro bellissimo e molto lodato a Giovanni d’Agostino Dini, dentrovi una Nostra Donna bellissima, ch’è oggi molto in pregio stimata per le sue bellezze. E dopo questa a Cosimo Lapi fece un ritratto di naturale molto vivo, che ne fu molto lodato. Era divenuto amicissimo suo Antonio Brancacci, il quale aveva interesse con le monache di Luco in Mugello, le quali desiderose di avere una tavola che fussi onorevole, Antonio ne ricercò Andrea, il quale accordatosi seco ordinarono che egli fuggissi la peste in Mugello da quelle monache, et in mentre facessi questo lavoro. E cosí messosi in ordine menò seco la moglie et una figliastra, con la sorella di lei et un garzone, et in Mugello se ne andorno; dove stando quietamente, messe mano in quell’opera, e ricevendo da quelle donne ogni dí nuove carezze, egli con grandissimo amore si pose a lavorare quella tavola. Nella quale fece un Cristo morto, pianto dalla Nostra Donna, San Giovanni Evangelista e la Magdalena, figure che col fiato e con l’anima paion vive. Oltra che si scorge quella tenera dilezzione di quello Apostolo e l’amore della Magdalena nel pianto, oltra il dolore intenso nel volto et attitudine della Nostra Donna, la quale, vedendo il Cristo, che par veramente di rilievo in carne e morto, fa di terrore temere un San Piero e stupire un San Paulo che contemplano quella passione. La qual opera fa conoscere quanto egli si dilettassi delle fini e perfezzioni dell’arte. Per il che piú nome ha dato tal opera a quel munistero, che quante fabbriche e spese vi sono state fatte. Onde egli ne fece bene, scampando la vita fuor di pericolo, e quelle donne meglio, per la fama che elle ne hanno acquistato, ancor che molte volte portassin pericolo mentre Ramazzotto, capo di parte a Scaricalasino, avessi piú volte tentato di torla loro per lo assedio, per farne a Bologna dono a San Michele in Bosco alla sua cappella. Mentre ch’egli ritornato a Firenze attendeva a’ suoi lavori, Becuccio Bicchieraio da Gambassi amicissimo suo, deliberò mandare a Gambassi una tavola di sua mano, per lasciare quella memoria di sé, la quale Andrea gli finí, dove è dentro una Nostra Donna in aria col Figliuolo in collo, et a basso son quattro figure, San Giovan Batista e Santa Maria Magdalena e San Sebastiano e San Rocco, opera certamente onorevole; e nella predella ritrasse di naturale Becuccio e la moglie, che son vivissimi. Fece a Zanobi Bracci un quadro bellissimo per la villa di Rovezzano, per tenere in una sua cappella, dentrovi una Nostra Donna che allatta un putto et un Giuseppo, che si staccono per il relievo da la tavola, oggi in Fiorenza nella camera di Messer Antonio suo figliuolo, che si diletta della pittura, il qual lo stima come cosa degna e meritamente. Fece Andrea in questo tempo nel cortile dello Scalzo due istorie, delle quali in una figurò Zacheria quando sacrifica et ammutolisce nello apparirgli l’angelo, istoria molto bella; e nell’altra la Visitazione di Nostra Donna, mirabilissimamente l’una e l’altra condotte.

Era in casa Medici in Fiorenza quel ritratto di Papa Leone et il Cardinal Giulio de’ Medici col reverendissimo Rossi fatto dal grazioso Raffaello d’Urbino, il quale a Federigo secondo Duca di Mantova ne ’l suo passare da Fiorenza che andava a visitare Clemente VII, vedendolo sopra una porta, piacque sí straordinariamente, che pensò farselo suo, massime ch’egli era vaghissimo delle pitture eccellenti; e ne ’l suo visitare il papa, gnene chiese in dono, e da Clemente gli fu largito liberalissimamente. Scrisseno adunque i secretarii a Fiorenza al Magnifico Ottaviano de’ Medici, che governava il Magnifico Ippolito et il duca Alessandro, che lo incassassi e lo facessi portare a Mantova. Rincrebbe grandissimamente a messere Ottaviano il privar Fiorenza d’una pittura tale, né si poteva accordare che il papa l’avessi corsa cosí di subito, e li rispose che non mancherebbe servire il duca, ma che l’ornamento era cattivo e già s’era ordinato farne fare uno, et era mezzo fatto, che come egli era messo d’oro, lo mandarebbe sicurissimamente a Mantova. E subito Messer Ottaviano, mandato per Andrea, che sapeva quanto e’ valeva nella pittura, segretamente li disse come il quadro doveva partire, ma che non ci era altro rimedio, che contraffarne un simile con ogni diligenzia, e farne presente al duca, con ritenere nascosto quel di Raffaello. Promesse Andrea di farlo, e con prestezza fatto fare un quadro simile, fu d’Andrea in casa di Messer Ottaviano segretamente lavorato; et in quello si affaticò Andrea talmente, che Messer Ottaviano intendentissimo in quella arte quando fur finiti, non li conosceva, avendo Andrea contrafatto fino alle macchie del sudicio com’era in quello. Cosí nascosto quel di Raffaello, in uno ornamento simile fu mandato a Mantova salvo; per il che restò satisfattissimo il Duca Federigo, per avergnene lodato Giulio Romano, discepolo di Raffaello, il quale, credendolo certamente di sua mano, sté in quella opinione di molti anni. Avvenne che un che sté con Andrea mentre si fé questa opera e creatura di Messer Ottaviano, capitò a Mantova, dove gli fu da Giulio fatto molte carezze e mostrogli l’anticaglie e le pitture sue, e da lui in ultimo come reliquia li fu mostro questo quadro. Per il che nel guardarlo lo amico di Giulio li disse: "È una bella opera, ma non è quella di Raffaello". "Come non? - disse Giulio - non lo so io, che riconosco i colpi che vi lavorai su?" "Voi ne gli avete dimenticati - rispose l’amico - che questo è di mano d’Andrea del Sarto e, per segno di ciò, v’è dietro un contrasegno che fu fatto, perché si scambiavano in Fiorenza quando eglino erano insieme". Volse far rivoltare il quadro Giulio e, cosí visto il contrasegno, si strinse nelle spalle e disse queste parole: "Io non lo tengo da meno, che di man di Raffaello, anzi certo da piú, perch’è cosa fuora di natura, a un che sia eccellente, imitar la maniera d’un altro e farla simile a lui". Basta che si conosce che la virtú di Andrea valse sola et accompagnata, e cosí fu per l’ordine di Messer Ottaviano satisfatto il duca e non privato Fiorenza d’una opera sí degna, la quale egli tenne molti anni, che gli fu donata dal Duca Alessandro, et egli ne fece dono al Duca Cosimo, dove è ora in guarda roba in palazzo con l’altre pitture famose. Fece mentre ch’egli faceva questo ritratto per Messer Ottaviano sudetto, in un quadro, solo la testa di Giulio Cardinal de’ Medici, che fu poi Papa Clemente, simile a quella di Raffaello, che fu molto bella, e fu poi da esso Messer Ottaviano donata al Vescovo vecchio de’ Marzi. Era in questo tempo Messer Baldo Magini da Prato desideroso far fare alla Madonna delle Carcere in quel castello una tavola di pittura bellissima, avendo egli fatto fare, per memoria sua, un ornamento di marmo molto onorato, dove egli voleva collocare quella. E fra molti maestri buoni che gli furon posti innanzi, ancor ch’egli non se ne intendessi, fu Andrea come piú celebrato et invero piú sperimentato de gli altri. Avvenne che un Niccolò Soggi Sansovino, il quale aveva in Prato amicizia con amici di Messer Baldo, era messo molto innanzi per quest’opera, e che non si poteva migliorare, e la dessino a lui, et egli convenuto con esso di far molto piú perfettamente che gli altri, li prometteva servirlo. Fu mandato per Andrea a Fiorenza che, cavalcato a Prato con Domenico Puligo e con altri suoi amici pittori, credendo per un suo disegno fatto perciò dovere avere l’opera, trovò che Niccolò aveva rivolto l’animo di Messer Baldo, e cosí in presenzia sua, Niccolò disse a Andrea che giucherebbe seco ogni somma di danari a far qualcosa di pittura e chi fusse meglio tirassi. Andrea che sapeva quanto Niccolò valesse a petto a lui, si rise della sua pazzia, et ancor che fussi di poco animo, li rispose: "Io ho qui meco questo mio garzone, che non è stato molto a l’arte, ma se tu vuoi giucar seco, io lo farò volentieri e metterò i danari per lui, ma meco non vo’ che tu giuochi per niente: perché s’io ti vincesse non mi sarebbe onore, e s’io perdesse mi sarebbe una grandissima vergogna". E detto a Messer Baldo che gli dessi l’opera, che ella piacerebbe a chi viene al mercato in Prato, se ne tornò a Fiorenza. Gli fu allogato in questo tempo una tavola per Pisa, in cinque quadri, da porsi alla Madonna di Santa Agnesa, chiesa lungo le mura di quella città, fra la cittadella vecchia et il duomo; et egli vi fé dentro per ciascuno una figura, ciò è San Giovanni Batista e San Piero che mettano in mezzo quella Nostra Donna che fa miracoli; ne gli altri è Santa Caterina Martire e Santa Agnesa e Santa Margherita; figura ciascheduna per sé, che fanno maravigliare per la loro bellezza chiunque le guarda, e son tenute le piú leggiadre e belle femmine ch’egli facessi mai. Aveva Messer Iacopo frate de’ Servi, nello assolvere un voto d’una donna, fatto pro muta che ella facessi far sopra la porta ch’esce per il fianco nel chiostro, dove è il capitolo della Nunziata, una figura d’una Nostra Donna; e trovato Andrea, li disse che aveva da fare ispendere questi danari che, se bene eglino non erano molta somma, era assai lassare ne l’ultimo del suo essere eccellente un’opera in un luogo che si vedessi da tutto il mondo, e che se bene l’utile talvolta ci fa commodità, non è però che l’onore non si spenda di continuo piú di quello doppo la morte. Laonde Andrea fra la voglia del luogo e la poca opera, che non vi andavano se non tre figure, spinto dalla gloria piú che dal prezzo, la prese volentieri; e cosí messoci mano, fece in fresco una Nostra Donna che siede, bellissima, con il Figliuolo in collo e con un Giuseppo appoggiato a un sacco, che aperto un libro legge quello. Dove s’ingegnò far conoscere in tal lavoro una assoluta arte e perfetta di disegno et una grazia e bontà di colorito, oltre alla grazia delle teste e la vivezza e rilievo di quelle figure, mostrando a tutti i pittori fiorentini averli superati et avanzati di gran lunga perfino a quel giorno, come apertamente da se stessa si fa senza altra lode conoscere, che gli artefici e gli altri ingegnosi spirti di continuo la celebrano per cosa rarissima.

Mancava al cortile dello Scalzo solamente una istoria, e restava finito del tutto; per il che Andrea, che aveva ringrandito la maniera per aver visto le figure che Michel Agnol Buonarroti aveva cominciate e parte finite per la sagrestia di San Lorenzo, messe mano a fare quest’ultima istoria dove andava il nascere di San Giovan Batista, la qual finí, e diede l’ultimo saggio del suo miglioramento, certamente di lode dignissimo; atteso che v’è le figure molto piú belle che in tutte l’altre che v’aveva fatto, e maggior relievo et aggiunto piú grazia che a tutte le altre. Vedendosi una femmina che porta il putto nato a letto, dov’è Santa Elisabet ch’è una bellissima figura, senza che vi è Zaccheria che scrive, con una carta in su un ginocchio, tenendola con una mano e con l’altra scrivendo il nome del figliuolo, che non li manca altro ch’il fiato istesso. Oltra che v’è una vecchia che siede in su una predella, che si ride del parto di quell’altra vecchia, che d’attitudine e di affetto, mostra quel tanto che farebbe la natura istessa. Finita quell’opera, certamente degna et onorata, fece per ordine del generale di Valle Ombrosa una tavola, la quale fu messa sopra a Valle Ombrosa in una altezza d’un sasso, dove stavano certi frati separati da quelli per fare maggiore astinenzia, detto le Celle, nella quale son quattro figure lodatissime e belle, l’una è San Giovan Batista e San Giovan Gualberto lor frate, et in l’altra un San Michel Angelo, con San Bernardo cardinale e lor frate; oltra che v’è nel mezzo alcuni putti che nel vero non possono essere piú vivaci né piú begli. Aveva avuto commissione Giuliano Scala di far fare per Serrezana una tavola, qual allogò a Andrea, nella qual fece molte figure col solito suo disegno, colorito e grazia, le quali furono una Nostra Donna a sedere col Figlio in collo e due mezze figure da le ginocchia in su, San Celso e Santa Iulia, Santo Onofrio e Santa Caterina, San Benedetto e Santo Antonio di Padua e San Piero e San Marco, la quale fu tenuta et ancora si tiene per cosa molto perfetta delle sue. Rimase un mezzo tondo, che vi andava sopra a Giuliano per un resto che gli avevono a pagare quegli uomini, il qual pose ne’ Servi nella tribuna dov’è il coro a una sua cappella, nel quale vi è dentro una Nostra Donna Annunziata da l’Angelo, molto bella. Erano stati i frati di San Salvi, per le loro discordie et altre cose importanti del generale e di abati che avevon disordinato quel luogo, molti anni, che il Cenacolo che già a Andrea allogarono, quando e’ fece l’arco con le quattro figure, non s’era mai né ragionatone né risoluto di farlo; e venuto un abate che si dilettava piú de gli altri dell’opere virtuose, avendo e lettere e molto giudizio nelle cose, deliberò che Andrea finisse quell’opera, de la quale, egli che già era obligato, non fece resistenzia. E fatto cartoni e messo in ordine, fra non molti mesi, lavorandone a suo piacere un pezzo per volta la finí. La qual opera fu certamente tenuta et è la piú facile e la piú vivace di colorito e di disegno che e’ facesse mai, avendo dato grandezza e maestà a quelle figure, con una grazia da perfettissimo maestro. La quale opera, oltre al far stupire chi la vide finita, fu cagione ancora che nelle rovine dello assedio di Fiorenza l’anno MDXXIX, quando i soldati comandati da chi regeva lo stato facevano tutti i borghi fuor delle porte mandare a terra, senza riguardare né chiese né spedali o altri belli edifizii, rovinati i borghi della porta della Croce e pervenuti a San Salvi, rovinato la chiesa et il campanile e cominciato a mandare giú parte del convento, giunti al refettorio dove era questo Cenacolo, i soldati e quegli che rovinavono, visto sí miracolosa pittura, abbandonaron l’impresa e non rovinarono altrimenti piú la muraglia, serbandola a quando non potessino far altro. Grandissimo onore veramente di quest’arte che, mutissima e senza parola, avessi forza di temperare il furore de l’armi e del sospetto, inducendo coloro a portarle riverenza e rispetto, non essendo però genti della professione che conoscessino la bontà sua. Fece a una Compagnia di San Iacopo che li stava vicino, un segno da portare a processione, dove egli fece un S. Iacopo che fa carezze, toccando sotto il mento ad un putto vestito da battuto, oltra che v’è un altro putto che ha un libro in mano, pittura lodevole per essere ben fatta. Era un commesso che stava vicino a Valle Ombrosa in una villa, per le ricolte di que’ frati; il quale aveva volontà d’esser ritratto d’Andrea per metterlo in un luogo, dove l’acqua percoteva, avendoci acconcio e pergole et altre fantasie. Cosí Andrea che era molto suo amico, lo satisfece. Avvenne che gli avanzò de’ colori e de la calcina et un tegolo compagno di quelle. Et Andrea chiamò la Lucrezia sua donna e li disse: "Vien qua, che poi che ci è avanzato questi colori, ti voglio ritrarre, acciò si vegga in questa tua età quanto tu ti sei conservata, e si conosca quanto hai mutato effigie da i primi ritratti". Non volse ella star ferma, per il che Andrea che li pareva essere quasi vicino al suo fine, tolse una spera, e ritrasse se medesimo in un tegolo, che è vivissimo e naturale, oggi appresso alla donna sua. Ritrasse un canonico pisano, suo amicissimo, che fu una testa molto naturale e ben fatta, oggi in Pisa. Aveva in questo tempo preso Andrea a fare per la Signoria di Fiorenza cartoni che si avevano a colorire, per fare le spalliere della ringhiera di piazza, con molte fantasie belle, sopra i quartieri della città, con tutte le bandiere delle Capitudini tenute d’alcuni putti, con ornamento di tutte le virtú, oltra i fiumi et i monti sudditi a quella città. La quale opera egli cominciò, e rimase imperfetta per la morte. Similmente prese una tavola per la Badia di Poppi, da i frati di Valle Ombrosa, la quale condusse a un gran termine, dentrovi una Nostra Donna Assunta con molti putti e San Giovanni Gualberto e San Bernardo Cardinale, con Santa Caterina e San Fedele. La quale è oggi posta in detta badia, rimanendo molte cose imperfette per conto della morte; il simile avenne di una tavola non molto grande che finita doveva andare a Pisa. E mentre che egli queste cose attendeva a lavorare, si dilettava di sempre tenere le mani in molte cose cominciate. Aveva preso Andrea domestichezza grandissima con Giovan Battista della Palla, il quale, desideroso rimenarlo in Francia, spese in tre anni che egli sté in Fiorenza molti e molti centi di scudi comperando cose fatte di scultura e pittura, e tutte le cose notabili, s’egli non le poteva avere, le faceva ritrarre di maniera che egli spogliò Fiorenza di una infinità di cose elette, senza alcun rispetto, solo per ordinare al re di Francia uno appartamento di stanze che fussi di ornamenti piú eccellenti che si potessin trovare. E cosí, convenuto con Andrea, li fece, fare perciò due quadri, de’ quali fece in uno quando Abraam vuole ammazzare nel sacrificio Isaac: cosa tanto rara di suo, che fu giudicato che egli non avessi fatto mai meglio. Perché si vedeva dentro a quella figura del vecchio, quella constanzia d’animo e quella fede che non lo spaventava nello ammazzare il figliuolo, e nel menare del ferro, voltava la testa a un putto, che par gli dica che fermi il colpo; il qual di bellezza non si può far meglio, senza che l’abito, l’attitudine et i calzari et altre cose di quel vecchio avevono una grandissima maestà. Oltra che si vedeva ignudo la bellissima e tenera età di Isaac, che dal timore della morte si vedeva quasi tremare e morire innanzi al ferillo, avendo per fino contrafatto il collo, tinto dal calore del sole, et il resto de l’ignudo candidissimo per la coperta de’ panni. Senza che vi era un montone fra le spine vivo et i panni d’Isaac in terra, veri piú che dipinti, oltre a certi servi ignudi che guardavano un asino che pasceva, con un paese da mostrare a chi guardava questa pittura, non essere stato quel fatto altrimenti che come Andrea l’aveva lavorato. La qual pittura dopo la sua morte e la cattura di Batista, fu venduta a Filippo Strozzi. Il qual ne fece degno Alfonso Davolos Marchese del Vasto, et il marchese lo fece portare ne l’isola d’Ischia, vicina a Napoli in alcune stanze in compagnia d’altre dignissime pitture. Ne l’altro fece una Carità bellissima con tre putti, simile di bontà allo Abraam sudetto, la quale comprò de la sua donna dopo la morte Domenico Conti pittore, che la vendé poi a Niccolò Antinori, che lo tiene per cosa rara come egli è veramente. Aveva grandissimo desiderio il Magnifico Ottaviano de’ Medici di avere un quadro di sua mano in quell’ultimo, vedendo quanto egli aveva migliorato, per il che Andrea che desiderava farli servizio, conoscendo quanto gli fussi tenuto per i benefizii ricevuti e per aver avuto egli sempre in protezzione l’ingegni buoni nella pittura, deliberò servirlo. E fatto un quadro molto bello, dentrovi una Nostra Donna che siede in terra con un putto in su le gambe a cavalcione, svoltando la testa a un San Giovanni anche egli fanciullo, il quale sostenuto da una vecchia, figurata per una Santa Elisabetta, molto viva e naturale, con ogni minuzia e diligenzia et arte, disegno e grazia lo lavorò. E per lo assedio andato a trovarlo, dicendoli come li aveva finito il quadro, gli rispose Messer Ottaviano che lo dessi a chi e’ voleva, che per essere in que’ frangenti et a pericol della vita, et avendo occupato l’animo a altro che pitture, lo scusassi, e che lo ringraziava. Andrea non rispose altro, se non: "la fatica è durata per voi, e vostro sarà sempre, se non lo volete ora, ve lo serberò". "Vendilo e serviti de’ danari - rispose Messer Ottaviano - che so quel che mi dico". Partissi Andrea e lo serbò fin fatto lo assedio, né per chieste che li fussen fatte lo volse mai dare; ma ritornati i Medici in Fiorenza, lo portò a Messer Ottaviano, il quale presolo volentieri e ringraziatolo de l’atto, gnene pagò doppiamente con lo avergli obligo di continuo. La qual opera è oggi in camera di Madonna Francesca sua donna, sorella del Reverendissimo Salviati, la quale non tiene men conto delle belle pitture lasciateli dal magnifico suo consorte, che ella si faccia del conservare e tenere conto degli amici di lui. Fece un altro quadro quasi simile a quello della Carità già detta a Giovan Borgherini, dentrovi una Nostra Donna, dove è un San Giovanni putto che porge a Cristo una palla, figurata per il mondo, con una testa di Giuseppo molto bella. Venne volontà grandissima vedendo la bozza di quello Abraam a Paulo da Terra Rossa, amico grandissimo universalmente di tutti i pittori e persona molto gentile, che Andrea li facessi in un quadro piccolo, un ritratto di quello. Et egli non gli potendo negare per essere la persona ch’io dico, volentieri si pose a servirlo. E lo finí e lo fece tale, che nella sua piccolezza, non era punto inferiore alla grandezza di quello originale; per il che portatolo a casa Paulo e piaciutogli, li dimandò del prezzo per pagarlo, stimando che dovessi costarli quel che veramente e’ valeva, preparatosi a pagarglielo tutto quello che e’ diceva per essere ben servito. Chiese Andrea una miseria, che Paulo si vergognò e, strintosi nelle spalle, gli diede tutto quel che chiese. Il quale quadro fu da lui mandato a Napoli *** et in quel luogo è la piú onorata e bella pittura che vi sia. Erano per lo assedio fuggitisi alcuni capitani con le paghe, i quali fu rechiesto Andrea che dovessi dipignere; simile ancora certi cittadini fuggiti e fatti ribelli al palazzo del Podestà, i quali Andrea ordinò e disse di farli fare a un suo garzone, chiamato Bernardo del Buda, non volendo acquistare come Andrea del Castagno il cognome delli Impiccati. E cosí fatta una turata grande, v’entrava di notte et usciva similmente, che non fussi veduto, e li condusse di maniera, che quelli vivi e naturali parevano. I soldati furono dipinti alla piazza nella facciata dov’è la Mercatanzia Vecchia vicino alla condotta, oggi fatti bianchi perché non si veggino. Simile furon guasti quelli del palazzo del Podestà, i quali finí egli, e ne dette il nome a Bernardo che il dí a tutte l’ore saliva e scendeva, perché e’ fusse veduto.

Era Andrea molto familiare d’alcuni che governavano la Compagnia di San Bastiano, dietro a’ Servi, i quali desiderosi di avere una testa di San Sebastiano di man sua da ’l bellíco in su, fu lor fatta da Andrea con grandissima arte, sforzandosi la natura et egli quasi indovinando che quest’opere avessino a essere l’ultime pennellate ch’egli avessi a dare. Cosí finita del tutto dopo l’assedio se ne stava aspettando che le cose si allargassino, e vedendo per la presa di Giovan Batista della Palla il suo disegno di Francia esser rotto, ne stava di mala voglia. E mentre che Fiorenza si riempié di soldati del campo e le vettovaglie vennero molto vili, appetto alla strettura dello assedio, capitarono alcuni Lanzi appestati fra loro, che diedono spavento alla città di avere a essere piú tosto infezzione ne’ corpi quello anno che altro. Laonde, o fusse per questo sospetto o perché egli nello andare come era solito suo in Mercato Vecchio ogni mattina a comprare, come è per li piú il costume in Fiorenza, e’ si mescolassi, o fussi che disordinando per avere abbondanza di cose da magnare e’ si riempiesse, un giorno si ammalò gravemente, e senza avere allora molti rimedii, benché non bisognassi, peggiorando egli venne molto in estremo del male. Laonde, postosi in letto giudicatissimo e la donna sua impaurita, credendo che e’ fussi ammalato di peste, il piú ch’ella poteva li stava lontana. Per il che Andrea senza essere visto, miseramente dicono che si morí, che quasi nessuno se ne avide. E cosí con assai poche cerimonie, ne’ Servi, vicino a casa sua, gli fu dato sepoltura.

Furono i discepoli suoi infiniti, i quali chi poco e chi assai vi dimorarono per colpa non sua, ma della donna di esso, per le frequenti tribulazioni ch’ella nel comandargli dava loro, non riguardando nessuno. Fra i quali furono Iacopo da Puntormo, oggi eccellentissimo maestro; Andrea Sguazzella che in Francia ha lavorato un palazzo fuor di Parigi, cosa molto lodata, tenendo sempre la maniera sua; il Solosmeo; Pier Francesco di Iacopo di Sandro, il qual ha fatto in Santo Spirito tre tavole; similmente Francesco Salviati, il quale in Roma alla Misericordia, Compagnia de’ Fiorentini, et a Santa Maria de Anima de’ Tedeschi fece una cappella, e per Italia e per Fiorenza al Duca Cosimo fece una sala bellissima a fresco; et insieme li fu compagno Giorgio Vasari aretino ancor ch’egli vi stessi poco, l’opere del quale per esserne sparse per tutta Italia non accade qui raccontarle, essendo molto note. Simile Iacopo de ’l Conte fiorentino e Nannoccio, ch’è oggi in Francia col Cardinale di Tornon e lavora felicissimamente. Dolse la perdita di Andrea molto al Tribolo scultore amicissimo suo, il quale oggi ha fatto opere di scultura a Castello per il Duca Cosimo, molto onorate; et ancora similmente a Iacopo pittore, il quale mentre ch’egli lavorò, si valse di lui come appare nelle opere sue; e massime nella facciata del Cavalier Buondelmonti, in su la piazza di Santa Trinita. Restò dopo la sua morte erede de’ disegni e delle cose dell’arte Domenico Conti, il quale come desideroso di dargli quelli onori che meritava dopo la morte, operò con la cortesia di Raffaello da Monte Lupo, ch’egli facesse uno quadro assai ornato di marmo, che nella chiesa de’ Servi fu murato in un pilastro, con questo epitaffio fatto da il litteratissimo Pier Vittori allora giovane:

ANDREAE SARTIO
ADMIRABILIS INGENII PICTORI AC VETE-
RIBVS ILLIS OMNIVM IVDICIO
COMPARANDO.
DOMINICVS CONTES DISCIPVLVS PRO LA-
BORIBVS IN SE INSTITVENDO SVSCEPTIS
GRATO ANIMO POSVIT.
VIXIT ANNOS XLII. OBIIT ANNO MDXXX.

Advenne che alcuni cittadini operai, piú tosto ignoranti che nimici delle memorie onorate, operarono che quel luogo fussi vacuo, allegando essere statovi messo senza licenzia, cosí fu tolto via, né ancora è stato rimurato. Volendo forse la fortuna mostrarci che non solo gl’influssi de’ fati possono in vita, ma ancora nelle memorie dopo la morte, ancora che a dispetto suo siano per vivere e l’opere sue e questi miei scritti qualche tempo per tenerne memoria. Basta che s’egli fu d’animo basso nelle azzioni della vita, cercando contentarsi, piacendoli il comerzio delle donne, egli per questo non è che nell’arte non fussi e d’ingegno elevato e speditissimo e pratico in ogni lavoro; avendo con le opere sue, oltra l’ornamento ch’elle fanno a’ luoghi dove elle sono, fatto grandissimo giovamento a’ suoi artefici nella maniera, nel disegno e nel colorito, con manco errori ch’altro pittore fiorentino, per avere inteso benissimo l’ombre et i lumi e lo sfuggire le cose nelli scuri, dipinte con una dolcezza molto viva, oltra lo aver mostro il modo de ’l lavorare in fresco, con quella unione e senza ritoccar troppo a secco che fa parere fatto l’opera sua tutta in un medesmo giorno. Onde può a gli artefici toscani star per esemplo in ogni luogo, avendo con tal fatiche unitamente lavorato, concedendoli fra i piú celebrati ingegni, lode grandissima et onorata palma.

 

 

Andrea del Sarto, Autoritratto (1528 circa), Corridoio Vasariano, Firenze

 
 

 

 
Autoritratto


Andrea del Sarto, Self-portrait, oil on wood, 47 x 34 cm, Galleria degli Uffizi, Florence
Andrea del Sarto, Autoritratto, 1528-1529, affresco staccato, 51,5x37,5 cm, Firenze, Corridoio Vasariano

 

 

Viaggio dei Magi


Andrea del Sarto, Viaggio dei Magi, 1511, affreso, Chiostro dei Voti, basilica della Santissima Annunziata, Firenze

 

 

Punizione dei bestemmiatori


Andrea del Sarto, Punizione dei bestemmiatori, 1510 circa, affresco, 360x304 cm, Firenze, Chiostrino dei Voti della basilica della Santissima Annunziata


 

Battesimo del Battista, 1515-17, affresco, Chiostro dello Scalzo, Firenze


Andrea del Sarto, Battesimo del Battista, 1515-17, affresco, Chiostro dello Scalzo, Firenze


 

Tributo a Cesare, affresco nella Villa Medicea di Poggio a Caiano


Andrea del Sarto, Tributo a Cesare, affresco nella Villa Medicea di Poggio a Caiano


 

 

 
Alessandro Allori e Andrea del Sarto, affresco nella Villa Medicea di Poggio a Caiano

 
 
Opere di Andrea del Sarto

Prima fase

   
* Testa di Madonna, 1506-1510, olio su tavola, 38x29 cm, New York, Metropolitan Museum
* Icaro, 1508 circa, Firenze, Palazzo Davanzati
* Pietà e santi con predella, 1508, Roma, Galleria Borghese
* Madonna, 1508 circa, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Antica
* Maria Maddalena, 1509 circa, Firenze, Orsanmichele
* Visitazione, 1509 circa, Firenze, Museo di San Marco
* Liberazione di una indemoniata, 1509-1510 circa, affresco, 364x300 cm, Firenze, Chiostrino dei Voti della basilica della Santissima Annunziata
* San Filippo risana un lebbroso, 1509-1510 circa, affresco, 380x321 cm, Firenze, Chiostrino dei Voti della basilica della Santissima Annunziata
* Devozione dei fiorentini alle reliquie di san Filippo, 1510 circa, affresco, 386x380 cm, Firenze, Chiostrino dei Voti della basilica della Santissima Annunziata
* Punizione dei bestemmiatori, 1510 circa, affresco, 360x304 cm, Firenze, Chiostrino dei Voti della basilica della Santissima Annunziata
* Morte di san Filippo Benizi e resurrezione di un fanciullo, 1510 circa, affresco, 362x306 cm, Firenze, Chiostrino dei Voti della basilica della Santissima Annunziata
* Madonna col Bambino e i santi Giovannino, Caterina ed Elisabetta, 1510 circa, olio su tela, 102x80 cm, San Pietroburgo, Ermitage
* Battesimo di Cristo, 1510 circa, affresco, Firenze, Chiostro dello Scalzo
* Noli me tangere, 1510 circa, olio su tavola, 176x155, Firenze, Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto
* Viaggio dei Magi, 1511, affresco, 407×321 cm, Firenze, Chiostrino dei Voti della basilica della Santissima Annunziata
* Ritratto di giovane, 1511 circa, Alnwick Castle
* Cinque santi, 1511, Firenze, Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto
* Tobia e l'angelo con san Leonardo e un donatore, 1512, olio su tavola, 178x153 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum
* Matrimonio mistico di santa Caterina, 1512 circa, Dresda, Gemäldegalerie
* Annunciazione di San Gallo, 1512-1513, olio su tavola, 183x184 cm, Firenze, Galleria Palatina
* Madonna col Bambino, sant'Elisabetta e san Giovannino, 1513 circa, olio su tavola, 106x81,3 cm, Londra, National Gallery
* Ritratto di Lucrezia, 1513 circa, Madrid, Museo del Prado
* Ritratto della moglie dell'artista, 1513-1514, olio su tavola, 73x56 cm, Madrid, Museo del Prado
* Natività della Vergine, 1513-1514 circa, affresco, 410x340 cm, Firenze, Chiostrino dei Voti della basilica della Santissima Annunziata
* Dama col cestello di fusi, 1514-1515 circa, olio su tavola, 76x54 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi
* Carità, 1513 circa, affresco, Firenze, Chiostro dello Scalzo
* Predica di san Giovanni Battista, 1515, affresco, Firenze, Chiostro dello Scalzo
* Giustizia, 1515, affresco, Firenze, Chiostro dello Scalzo
* Madonna col Bambino e san Giovannino, 1515 circa, Roma, Galleria Borghese
* Battesimo delle folle, 1515-1517, affresco, Firenze, Chiostro dello Scalzo
* Madonna col Bambino e san Giovannino, 1515-1520 circa, olio su tavola, 90x70 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum
* Madonna col Bambino, 1515-1520 circa, olio su tavola, 85,6x62,5 cm, Ottawa, National Gallery of Canada
* Storie dell'infanzia di Giuseppe, 1515-1516 circa, olio su tavola, 98x135 cm, Firenze, Galleria Palatina
* Giuseppe interpreta i sogni del faraone, 1515-1516 circa, olio su tavola, 98x135 cm, Firenze, Galleria Palatina
* Madonna degli Angeli, 1516 circa, olio su tavola, 141x106 cm, Parigi, Louvre
* Sacra Famiglia con sant'Anna e san Giovannino, 1516 circa, olio su tavola, tondo, diam 106 cm, Parigi, Musée du Louvre
* Ritratto di Baccio Bandinelli (scuola), 1516 circa, olio su tela, 58,5x42,5 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi
* Madonna col Bambino con san Giovannino, Anna e due angeli, 1516 circa, olio su tavola, 141x108 cm, Parigi, Musée du Louvre
* San Giovanni Battista nel deserto, 1517 circa, Corsham Court
* Madonna delle Arpie, 1517, olio su tavola, 208x178 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi
* Disputa sulla Trinità, 1517 circa, olio su tavola, 232x193 cm, Firenze, Galleria Palatina
* Ritratto di giovane uomo, 1517 circa, olio su tela, 72x57 cm, Londra, National Gallery
* Madonna col Bambino e san Giovannino, 1517-1519, olio su tavola, 106x81 cm, Londra, Wallace Collection
* Cattura di san Giovanni Battista, 1517, affresco, Firenze, Chiostro dello Scalzo
* Madonna col Bambino e san Giovannino, 1518 circa, olio su tela, 154x101 cm, Roma, Galleria Borghese
* Carità, 1518, olio trasferito su tela, 185x137 cm, Parigi, Musée du Louvre

Seconda fase

* Tributo a Cesare (completato da Alessandro Allori), 1520 circa, affresco, 502x536 cm, Poggio a Caiano, Villa Medicea
* Sogno di Giuseppe, 1520 circa, olio su tavola, 98,3x135 cm, Firenze, Galleria Palatina
* Sogno del faraone, 1520 circa, olio su tavola, 98x135 cm, Firenze, Galleria Palatina
* Compianto sul Cristo morto, 1520 circa, olio su tavola, 99x120 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum
* Danza di Salomè, 1521 circa, affresco, Firenze, Chiostro dello Scalzo
* Madonna della Scala, 1522-1523, olio su tavola, 177x135 cm, Madrid, Museo del Prado
* Assunta Panciatichi, 1522-1523, olio su tavola, 362x209 cm, Firenze, Galleria Palatina
* San Giovannino, 1523, olio su tavola, 94x68 cm, Firenze, Galleria Palatina
* Pietà di Luco, 1523-1524, olio su tavola, 239x199 cm, Firenze, Galleria Palatina
* Decollazione del Battista, 1523, affresco, Firenze, Chiostro dello Scalzo
* Presentazione della testa del Battista, 1523, affresco, Firenze, Chiostro dello Scalzo
* Speranza, 1523, affresco, Firenze, Chiostro dello Scalzo
* Fede, 1523, affresco, Firenze, Chiostro dello Scalzo
* Annuncio a Zaccaria, 1523, affresco, Firenze, Chiostro dello Scalzo
* Sacra Famiglia Bracci, 1523 circa, olio su tavola, 129x105 cm, Firenze, Galleria Palatina
* Cristo morto, 1524 circa, Firenze, Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto
* Madonna del Sacco, 1525, affresco, 191x403 cm, Firenze, basilica della Santissima Annunziata
* Salvatore, 1525, olio su tavola, 47x27 cm, Firenze, basilica della Santissima Annunziata
* Leone X e un cardinale (copia da Raffaello), 1525, Napoli, Museo di Capodimonte
* Assunta Passerini, 1526-1529, olio su tavola, 236x205 cm, Firenze, Galleria Palatina
* Ultima cena, 1527, affresco, 525x871 cm, Firenze, Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto
* Sacrificio di Isacco, 1527 circa, olio su tavola, 178x138 cm, Cleveland, Museum of Art
* Sacrificio di Isacco, 1527-1528, olio su tavola, 213x159 cm, Dresda, Gemäldegalerie
* Sacrificio d'Isacco, 1527-1530 circa, Madrid, Museo del Prado
* Sacra Famiglia Barberini, 1528 circa, olio su tavola, 140x104 cm, Roma, Palazzo Barberini, Galleria Nazionale di Arte Antica
* Madonna col Bambino in gloria e sei santi, 1528 circa, olio su tavola, 209x176 cm, Firenze, Galleria Palatina
* Dama col Petrarchino, 1528 circa, olio su tavola, 87x69 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi
* Annunciazione Della Scala, 1528, olio su tavola, 96x189 cm, Firenze, Galleria Palatina
* Pala di Gambassi, 1528 circa, Firenze, Galleria Palatina
o Ritratto di Domenico da Gambassi detto Becuccio Bicchieraio, 1528 circa, Chicago, Institut of Art
o Ritratto della moglie di Domenico da Gambassi, 1528 circa, Chicago, Institut of Art
* Ritratto di Domenico da Gambassi detto Becuccio Bicchieraio, 1528-1530, olio su tavola, 86x67 cm, Edimburgo, National Gallery of Scotland
* Ritratto di dama, 1528 circa, Castello di Windsor, Royal Collection
* Dossale dei quattro santi (Pala di Vallombrosa), 1528 circa, olio su tavola, Firenze, Galleria degli Uffizi
o San Michele arcangelo e san Giovanni Gualberto, 184x86 cm
o Putti con cartiglio, 73x42 cm
o San Giovanni Battista e San Bernardo degli Uberti, 184x86 cm
o San Michele Arcangelo pesa le anime, 21x40 cm
o San Giovanni Gualberto e la prova del fuoco di Pietro Igneo, 21x40 cm
o Decapitazione di san Giovanni Battista, 21x40 cm
o Cattura di san Bernardo degli Uberti, 21x40 cm
* Autoritratto, 1528-1529, affresco staccato, 51,5x37,5 cm, Firenze, Corridoio Vasariano
* San Jacopo con due fanciulli, 1528-1529, olio su tela, 159x86 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi
* Madonna col Bambino, 1528-1530 circa, olio su tavola, 56x42,7 cm, Hampton Court, Royal Collection
* Sacra Famiglia Borgherini, 1529 circa, olio su tavola, 135x100 cm, New York, Metropolitan Museum
* Sacra Famiglia Medici, 1529, olio su tavola, 140x104 cm, Firenze, Galleria Palatina
* Pala di San Godenzo (Annunciazione con i santi Michele Arcangelo e Godenzo), 1529 circa, olio su tavola, 184x175 cm, Firenze, Galleria Palatina
* Sacra Famiglia con san Giovanni Battista, 1529 circa, olio su tavola, 129x100 cm, San Pietroburgo, Ermitage
* Assunzione della Vergine, 1529, olio su tavola, 239x209 cm, Firenze, Galleria Palatina
* Ritratto di donna in giallo, 1529-1530 circa, olio su tavola, 64x50 cm, Hampton Court, Royal Collection
* Carità, 1530 circa, olio su tavola, 119,5x92,5 cm, Washington, National Gallery of Art
* Sant'Agnese, 1530 circa, Pisa, Duomo
* Sante Caterina e Margherita, 1530 circa, Pisa, Duomo
* Santi Pietro e Giovanni Battista, 1530 circa, Pisa, Duomo
* Madonna in gloria con quattro santi, 1530, olio su tavola, 308x208 cm, Firenze, Galleria Palatina


Art in Tuscany | Giorgio Vasari | Lives of the Most Excellent Painters, Sculptors, and Architects | Andrea del Sarto

Arte in Toscana | Andrea del Sarto


[1] Casa Vasari a Firenze, Ritratti di artisti | 'Nella loro seconda edizione, apparsa a Firenze nel 1568, le „Vite“ del Vasari erano state non soltanto rielaborate e notevolmente ampliate ma, ognuna di esse veniva adesso preceduta da un’incisione recante il ritratto del relativo artista. Questi ritratti avrebbero costituito il modello per quelli dei medaglioni componenti il fregio superiore della Sala Grande e per i quali egli scelse tredici artisti, da lui particolarmente stimati, dei complessivi 159 raccolti nelle “Vite”: Giotto e Cimabue come precursori, Brunelleschi, Donatello e Masaccio come fondatori dell’arte rinascimentale, ai quali seguivano Leonardo da Vinci, Raffaello e quindi Michelangelo, ammirato da Vasari per tutta la vita. Inoltre vi sono i ritratti dei due allievi di Raffaello, Perin del Vaga e Giulio Romano, di Andrea del Sarto, uno dei suoi maestri e quello del Rosso Fiorentino la cui arte influenzò Vasari, nei primi lavori, in modo determinante, e infine il ritratto di Francesco Salviati insieme al quale Vasari aveva lavorato a Roma. Tramite questa serie di ritratti, attinti dalla tradizione degli „uomini illustri“, Vasari fornisce una chiara testimonianza della nuova coscienza sviluppata dagli artisti del XVI secolo.'
[Casa Vasari a Firenze, Kunsthistorisches Institut in Florenz (Max-Planck-Institut)]

Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri, Giorgio Vasari, 1550 | Fonte del testo
Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri. Nell'edizione per i tipi di Lorenzo Torrentino - Firenze 1550
A cura di Luciano Bellosi e Aldo Rossi
Presentazione di Giovanni Previtali
Giulio Einaudi Editore. Torino 1986
Collana: I Millenni
ISBN 88-065-9659-4
Wikisource contiene opere originali di o su Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori e Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1550)/Andrea del Sarto.


Podere Santa Pia, un’oasi di pace immersa nel verde delle colline della Maremma, è un’antica struttura completamente ristrutturata cercando di mantenere inalterate le stupende caratteristiche dell’immobile originario.
Sulle splendide e verdeggianti colline dell’alta Maremma, a 300 mt sul livello del mare, sorge il paese di Cinigiano. Qui si trova Podere Santa Pia, una casa vacanze accogliente, spaziosa e confortevole per gruppi da 2 a 13 persone.
Completamente immersa in un parco di piante secolari, la podere è situata in una splendida posizione panoramica con vista a 360 gradi sulle colline coltivate a grano e sulle vette dei Monte Amiata, in un ambiente incontaminato, collocato nel bellissimo, con una straordinaria vista sulle colline Maremmane, fino a Castiglione della Pescaia e Monte Argentario. Podere Santa Pia è una classica casa toscana, antica ma interamente ristrutturata. Le pietre della facciata sono state riportate ai loro colori naturali, all’interno sono stati riscoperti i vecchi mattoni fatti a mano in originale cotto toscano ed i soffitti hanno tutti i travi a vista.
La casa principale ha quattro camere da letto (3 camere da letto doppie, una camera matrimoniale), due bagni con doccia, una grande cucina con splendido camino antico in pietra e l'originale forno con grandezza per la pizza.

Appartamento di circa 90 mq con ingresso indipendente, composto da una camera matrimoniale ed una grande cucina, un bagno e con una terrazza solarium adiacente alle stanze e una bella terrazza con favolosa vista su campi e vigneti di Brunello e Montecucco.

La vicinanza a città d'arte quali Montalcino, Firenze, Siena, San Gimignano, Massa Marittima ed altre ancora tutte raggiungibile in poco tempo darà anche agli amanti della cultura una vacanza ricca di emozioni.

Case vacanza in Toscana | Podere Santa Pia

     
Podere Santa Pia
 
Podere Santa Pia, giardino
 
La Maremma e Monte Christo, vista dal terrazza Podere Santa Pia
         


Santa Trinita a Firenze
Piazza della Santissima Annunziata
a Firenze
Choistro dello Scalzo, Firenze
         
Siena, Duomo
Piazza della Santissima Annunziata
a Firenze
Firenze, Duomo
         
Giorgio Vasari (Arezzo, 30 luglio 1511 – Firenze, 27 giugno 1574) è stato un pittore, architetto e storico dell'arte italiano. Fu fortemente influenzato da Michelangelo e da Andrea del Sarto.

La sua formazione artistica fu composita, basata sul primo manierismo, su Michelangelo, su Raffaello e sulla cultura veneta. Come architetto fu la figura chiave delle iniziative promosse da Cosimo I de' Medici, contribuendo, grazie anche alla protezione di Sforza Almeni, a grandi cantieri a Firenze e in Toscana, tra cui spiccano la costruzione degli Uffizi, la ristrutturazione di Palazzo Vecchio e molto altro.
La fama maggiore del Vasari oggi è legata al trattato delle Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri, pubblicato nel 1550 e riedito con aggiunte nel 1568. L'opera, preceduta da un'introduzione di natura tecnica e storico-critica sulle tre arti maggiori (architettura, scultura e pittura) è una vera e propria pietra miliare della storiografia artistica, punto di partenza tutt'oggi imprescindibile per lo studio della vita e delle opere dei più di 160 artisti descritti.

La prima edizione, pubblicata a Firenze dall'editore ducale Lorenzo Torrentino nel 1550 e dedicata al granduca Cosimo I de' Medici, includeva un prezioso trattato sui metodi tecnici impiegati nelle varie arti. Fu in parte riscritto e arricchito nel 1568, con l'aggiunta di xilografie di ritratti degli artisti, taluni ipotetici. La prima edizione si presentava più corposa e più artistica della seconda edizione giuntina. Quest'ultima, con l'aggiunta di integrazioni e di correzioni, risulta più piatta, ma è anche quella che ha riscosso più successo e diffusione, con le sue 18 edizioni italiane ed 8 traduzioni straniere, a fronte di una sola edizione dell'opera originaria.
Un proemio introduce ognuna delle tre parti. Descrive vite ed opere degli artisti da Cimabue in poi, sostenendo che solo gli artisti fiorentini hanno fatto rinascere l'arte dal buio del Medioevo, talvolta esponendo idee per partito preso. Si può comunque dire che Vasari con quest'opera è stato l'iniziatore della critica artistica e molti artisti toscani devono la loro celebrità internazionale all'opera di valorizzazione e divulgazione da lui iniziata, molto prima che si cominciassero a studiare altre scuole, seppur altrettanto importanti (come la scuola romana del Duecento, la pittura dell'Italia settentrionale del Quattro e Cinquecento), ma tutt'oggi sconosciute al pubblico non specializzato.

Come primo storico dell'arte italiana iniziò il genere, tuttora in voga, dell'enciclopedia di biografie artistiche. Vasari coniò il termine "Rinascita", sebbene una consapevolezza del fenomeno artistico che stava avvenendo era già nell'aria sin dai tempi di Leon Battista Alberti.
 

La copertina de "Le Vite"