Fra Carnevale, Presentazione della Vergine al Tempio, (dettaglo), 1467, Olio e tempera su tavola, 146 x 97 cm, Museum of Fine Arts, Boston

   
 

Fra Carnevale | Presentazione della Vergine al Tempio

 
 

La Presentazione della Vergine al Tempio è un'opera, olio e tempera su tavola, (146,4x96,5 cm), di Fra Carnevale, dipinta verso il 1467 e conservata al Museum of Fine Arts di Boston. È una delle due Tavole Barberini già appartenenti alla Collezione Barberini di Roma.[1]

Il dipinto mostra apparentemente una scena di vita quotidiana dominata dalla mole di un maestoso edificio rinascimentale nel quale si avverte d’acchito la lezione di Leon Battista Alberti. La disposizione rigorosa dell’impianto prospettico porta subito l'attenzione dell'osservatore sulla galleria di eleganti colonne con capitelli ionici che - sormontate da archi a tutto sesto - compongono la navata centrale dell’edificio. Esse reggono una trabeazione con belle modanature, sulla quale poggia un ordine superiore di finestre rettangolari che corrono lungo tutta la navata e lasciano scorgere altre aperture che danno verso l’esterno, sul lato sinistro dell’edificio. Una copertura lignea, fatta di travi tra loro incernierate, completa in alto lo scorcio della navata. Un tramezzo che non tocca l’altezza delle colonne, con archi, colonnine addossate, nicchie e fregi decorativi lascia scorgere, al di là di esso, una parte dell’abside.

 
 
Abbandonando per un attimo la suggestione prospettica delle colonne interne, lo sguardo si concentra - tra una molteplicità di figure che popolano la pavimentazione antistante - sulla facciata rinascimentale dell’edificio. La tavola lascia intravvedere l'apertura delle due navate laterali: quella di sinistra, nascosta nella penombra, sormontata da un’ampia cornice e da un bassorilievo con la raffigurazione di due dame (forse Maria ed Elisabetta nella scena della Visitazione) che si abbracciano sotto lo sguardo delle loro ancelle; quella di destra, che si vede appena, è pur essa sormontata da un bassorilievo (con un soggetto che non si lascia indovinare).

È sull’ingresso centrale che si addensa la luce del dipinto e che l’artista vuole condurre al centro dell'attenzione perché l'osservatore possa condividere con lui il piacere delle armonie dell’estetica rinascimentale, con il raffinato recupero della classicità della Roma antica. Vuole che si ammiri l’atrio, con le sue due colonne di marmo policromo poggianti su alti plinti con figure profane (rispettivamente una fanciulla danzante ed un satiro che provvede a far musica) che reggono mensole ornate da bucrani; poi l’arco del portale retto da pilastri incorniciati da lesene, e ornato da medaglioni; poi ancora il pittore desidera che si noti bene, al di sopra dell’arco, la ricca trabeazione ornata da una ghirlanda di cornucopie e di fronde che si raccorda con quella che corre su tutta la facciata dell’edificio.

Verso la sommità del quadro si trovano un altro fregio, altre ampie mensole che sormontano i due bucrani e che reggono, incorniciate da una misteriosa area di luce, le statue (forse anch’essi dei bassorilievi) dell'Angelo annunziante e della Vergine annunziata.

Ma ancora non si è al coronamento dell’edificio, poiché esso sembra (come un'eco del Palazzo Ducale di Urbino) voler proseguire illimitatamente verso l’alto, con pareti murarie lasciate in penombra.

Di quale edificio si tratta? Proprio le statue dell’Annunciazione – a dispetto dei motivi profani del satiro e della fanciulla che danza – suggeriscono che si tratti di un luogo di culto. Se si aguzza la vista e si esplorano le nicchie del tramezzo, si scopre che una di esse è una cappella, con tanto di altare sormontato da un polittico gotico nel quale si riescono ad intuire figure di santi (segno di una vena artistica dell’autore che si lascia suggestionare dal gusto fiammingo per la rappresentazione lenticolare dei dettagli). Al termine della navata, nel catino dell’abside ancora si scorge pure un brano dell’altare maggiore con un altro polittico e, accanto, figurine che danno l’idea di essere ministri del culto.

Il fatto di trovarsi in una chiesa contrasta con le figure che ne popolano l’interno e che non paiono affatto muoversi in atteggiamento devoto. Sulla sinistra è possibile scorgere un giovane biondo, il cui abito corrisponde ovviamente alla moda della metà del XV secolo: un farsetto a pieghe in velluto rosso indossato sopra una calzamaglia nera; se ne sta pigramente appoggiato, in attesa non si sa di chi o di che cosa, al pilastro dell’arco di ingresso. Più avanti, oltrepassata la superba brocca di argento che troneggia al centro della nella navata, sul lato opposto, seminascoste dal plinto con la figura del satiro, si trovano due figure di anziani con barba, intabarrate in manti con cappuccio di coloro ocra. Ancora, vicino ad una colonna sulla sinistra, si scorgono due giovani con cappelli di foggia diversa che è possibile descrivere – con la dovuta cautela – come intenti a scambiarsi un gentile segno di amicizia. Altri giovani conversano in mezzo alla navata, altri sembrano aver fretta di tornare verso l’arco di ingresso; mentre un’altra figura maschile, con a fianco un cane, sta ormai lasciando l’edificio da una porte laterale.

Nessuna figura femminile sta dunque all’interno e tutti i personaggi che vi si sono scorti non stanno in atteggiamento devoto, ma sembrano piuttosto badare agli affari propri. L’osservazione che sorge naturale a questo punto è che l’elegante edificio rinascimentale non sia propriamente una chiesa nel senso stretto del termine, ma “il tempio” di cui si parla nelle antiche scritture. Va ricordato infatti come esso possa essere stato adibito anche ad attività profane, al punto che Gesù Cristo - secondo le sacre scritture - dovette intervenire per scacciarvi i mercanti.

 

Fra Carnevale, Presentazione della Vergine al Tempio, Museum of Fine Arts, Boston

 

Fra Carnevale, Nascita della Vergine (dettaglio), The Metropolitan Museum of Art

Le incongruenze - o meglio, gli anacronismi iconografici che è stato possibile scorgere nell'opera di Fra carnevale (la scena dell’Annunciazione, i polittici con i santi della cristianità) - tuttavia non sorprendono, in quanto l'arte pittorica è stata caratterizzata da sempre da una libertà espressiva dei dipinti sacri. Ove, ad esempio, la presenza di un crocifisso nella scena della Natività non rappresenta una incoerenza temporale, ma è semmai il segno di un disegno soprannaturale che deve compiersi (liber scriptus proferetur, in quo totum continetur).

Conviene dunque, per comprendere a fondo il soggetto del quadro, osservare cosa sta succedendo all’esterno del tempio, nella piazza pavimentata a specchiature rettangolari posta sotto i tre gradini marmorei che portano al tempio. Si nota anzitutto la presenza di tre mendicanti assisi sul pavimento, nudi, dai corpi smagriti: uno, più giovane, se ne sta mesto e sonnecchiante; l’altro canuto e con una folta barba, è intento ad ordinare le sue misere cose, mentre il terzo, seminascosto dal primo, pare voler riguadagnare a fatica la posizione eretta.

La scena tuttavia non muove a compassione, poiché i corpi, per quanto smagriti, non sono miserevolmente emaciati, né hanno segno mutilazione o di storpiatura alcuna. Nulla infatti, nell’idea dell’autore, deve turbare la armonia del luogo.

Come a suggellare il primato dell’eleganza, dinnanzi ai tre mendichi si trova accovacciato un superbo levriero, il cane preferito nelle corti rinascimentali: si tratta di una citazione, quasi testuale, dell’affresco di Piero della Francesca nel tempio malatestiano di Rimini. Solo una delle tre figure che stanno dinnanzi alla porta laterale sinistra sembra forse badare ai mendicanti, mentre le altre due si fronteggiano, ieratiche e misteriose, avvolte nei loro mantelli.

Per ultimo - in questa analisi - va lasciato il gruppo principale di personaggi, in primo piano rispetto alle specchiature policrome della piazza. Posto sulla destra del quadro, il gruppo, occupa il proscenio del tempio e lascia intuire che su di esso sta il senso vero della scena. Si vede intanto una giovinetta con i bei capelli biondi finemente acconciati: è posta di schiena, la testa girata di tre quarti, con una lunga sopravveste color turchino, con scollatura ovale, legata in alto sulla vita da una cinta marrone, con grandi maniche ricadenti. Presso di lei, posta di profilo, una dama di alto rango, con una sopravveste verde muffa ad ampio strascico, lascia scorgere un corpetto turchino una veste color ruggine. Procedendo a tentoni, è possibile congetturare che possa essere la mamma della fanciulla, in aspetto ancor giovanile.

Più maestose, e non solo per effetto della prospettiva, stanno da presso quattro dame intabarrate sin sopra il capo nei loro ampi mantelli, tutti di diverso colore: due sono rivolte verso la fanciulla e la dama d’accanto, una terza, con lo sguardo mesto, sembra voler starsene in disparte, mente la quarta volta completamente le spalle per poter forse interloquire con i due eleganti giovinetti che chiudono il gruppo: Questi ultimi sono vestiti con berretti alla moda, con stole e con una lunga guarnacca pieghettata.


Il soggetto

È da considerare che se questa tavola - assieme all’altra tavola Barberini con la scena della “Natività della Vergine” – stava in Santa Maria della Bella di Urbino, allora il suo soggetto deve essere religioso. Chi altri potrebbe allora essere infatti la fanciulla se non ancora la Vergine? Vengono così in mente tutti i momenti canonici della vita di Maria, come sono raccontati dai Vangeli apocrifi.

“La presentazione di Maria al tempio” è il titolo che tradizionalmente si è accettato per il quadro, andando per esclusione, scartando altri soggetti proposti (come ad esempio “Lo Sposalizio della Vergine”) che sembrano meno probabili.

Molte cose però non quadrano: i Vangeli parlano della presentazione avvenuta all’età di tre anni, mentre la giovinetta è una adolescente ormai in età di maritarsi; ci si aspetterebbe inoltre di poter riconoscere nel quadro il Sommo Sacerdote, protagonista assoluto della scena, che invece non si vede per nulla. Fra Carnevale sembra aver voluto affidare un'immagine del tutto estranea alle consuetudini iconografiche del tempo; un'immagine che può essere letta come scena sia profana, sia religiosa, quasi a sottolineare da parte sua – lui, uomo di chiesa - che il recupero di una concezione umanistica del mondo, assieme alla rinascita della eleganza estetica della classicità romana, può arrivare a trascendere la consueta e financo abusata funzione pedagogica dell’arte sacra.


Fra Carnevale, Presentazione della Vergine al Tempio, (dettaglo), 1467, olio e tempera su tavola, 146 x 97 cm, Museum of Fine Arts, Boston


 
 
Bibliografia

Matteo Ceriana, Keith Christiansen, Emanuela Daffra, Andrea De Marchi, Fra Carnevale. Un artista rinascimentale da Filippo Lippi a Piero della Francesca, catalogo della mostra curata dalla Pinacoteca di Brera, Edizioni Olivares, 2004, ISBN 88-85982-85-9

Matteo Ceriana, Keith Christiansen, Emanuela Daffra, Andrea De Marchi , Fra Carnevale. Un artista rinascimentale da Filippo Lippi a Piero della Francesca, Edizioni Olivares , Milano, 2004, ISBN 88-85982-85-0. Catalogo mostra Pinacoteca Brera di Milano 13 ottobre 2004 -9 gennaio 2005.
In occasione della mostra curata dalla Pinacoteca di Brera e dal Metropolitan Museum of Art (Milano, 12 Ottobre 2004 - 9 Gennaio 2005; New York, 1 Febbraio 2005 – 1 Maggio 2005), Edizioni Olivares ha pubblicato il catalogo, che costituisce un vero e proprio volume di approfondimento sull’artista urbinate. La mostra e il catalogo hanno voluto avvicinare il grande pubblico a Fra Carnevale, artista di grande talento, frate domenicano e architetto; dopo la formazione a Firenze, dove lavorò nella bottega di Filippo Lippi e dove conobbe Domenico Veneziano e il giovane Piero della Francesca, Fra Carnevale si trasferì alla corte urbinate, portando così il Rinascimento da Firenze a Urbino.

Collections | Museum of Fine Arts, Boston | Fra Carnevale, Presentazione della Vergine al Tempio | Immagine della tavola con possibilità di zoom

Nascita della Vergine, New York, The Metropolitan Museum of Art | www.metmuseum.org

Annunciazione, Washington, D.C., The National Gallery of Art, Samuel H. Cress Collection | www.kressfoundation.org





[1] Bartolomeo di Giovanni Corradini nacque a Urbino tra il 1420 e il 1425. Dopo essere entrato nell’ordine dei domenicani nel 1449 prese il nome Fra’ Carnevale.
Il suo apprendistato è avvenuto nella città natale sotto la guida di un pittore tardo gotico, il ferrarese Antonio Alberti. Tra il 1445 ed il 1446, Fra’ Carnevale lavorò a Firenze presso la bottega di Filippo Lippi, dove subì le suggestioni prospettico-spaziali derivanti da Brunelleschi, Donatello e Leon Battista Alberti. Dopo l’incontro con Domenico Veneziano, maturò un’attenzione naturalistica di stampo fiammingo verso i particolari, una predilezione per gli ampi scorci scenografici e per i colori chiari e tersi.
Tornato ad Urbino, il suo percorso artistico si sovrappose a quello religioso. Contribuì alla realizzazione del nucleo più antico del palazzo ducale, corrispondente all’appartamento della Jole. A lui fa cenno il Vasari, nelle sue “ Vite”, quando, parlando di Bramante, afferma che il padre lo indirizzò all'arte della pittura “nella quale studiò egli molto le cose di fra' Bartolomeo, altrimenti fra' Carnovale da Urbino, che fece la tavola di Santa Maria della Bella in Urbino”.
Se Fra’ Carnevale fu architetto, è probabile che ciò vada inteso non in senso pieno, ma solo come autore di disegni di edifici e di rilievi decorativi. In tal senso vanno interpretate le notizie che lo danno nel 1449 e nel 1451 impegnato nella costruzione del portale di San Domenico, e poi, nel 1455, coinvolto nella realizzazione del Duomo.
Nel 1466 ricevette, come testimonia Vasari, la commessa per la realizzazione di una tavola destinata alla chiesa di Santa Maria della Bella, sempre ad Urbino.
Nella parte finale della sua vita l’impegno religioso prevalse su quello artistico. Morì nel 1486, lasciando disposizioni testamentali a favore del suo convento e dell’insegnamento alla predicazione. [Fra' Carnevale e gli artisti del Palazzo di Federico | www.uniurb.it]



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Il Rinascimento a Urbino. Fra' Carnevale e gli artisti del Palazzo di Federico

   

GALLERIA NAZIONALE DELLE MARCHE - PALAZZO DUCALE
Piazzale Duca Federico 3

dal 20 luglio 2005 all'otto gennaio 2006

   

Urbino è il Rinascimento: e il Palazzo Ducale ne è il fulcro fisico e simbolico. L’immagine del cortile d’onore, dei torricini, delle pitture e sculture che ornano le sale della reggia feltresca sono divenuti emblematici di un momento irripetibile nella storia in cui cultura, arte, scienza si fusero per dare vita a un fenomeno di straordinaria forza intellettuale e visiva. L’avventura della costruzione del monumento – “una città in forma di palazzo”, secondo le parole di Baldassar Castiglione – coinvolse, accanto a Federico di Montefeltro, architetti, artisti, artigiani provenienti da ogni dove.
Bartolomeo di Giovanni Corradini, detto Fra’ Carnevale, fu figura di grande rilevanza tra coloro che furono chiamati a realizzare i lavori del nucleo più antico del palazzo, corrispondente al cosidetto Appartamento della Jole.

Personaggio di non facile collocazione, egli è stato il protagonista delle mostre che recentemente si sono tenute a Milano (Pinacoteca di Brera) e New York (The Metropolitan Museum of Art). La messa a punto critica operata per esse ha messo in luce la personalità sfacettata dell’artista, cogliendone in particolare le tematiche della formazione e la linea dell’evoluzione culturale in rapporto alla produzione pittorica.
Ma è nella mostra urbinate che la figura di Fra’Carnevale è finalmente definita nel suo reale spessore culturale.

Questa nuova esposizione si ricollega quindi a quelle di Milano e New York – vi partecipa il medesimo gruppo di studiosi – ma intende da quelle distinguersi per affrontare tematiche più strettamente legate alla permanenza e all’attività urbinate dell’artista.
Il mondo figurativo di Fra’ Carnevale è messo in rapporto con gli spazi nei quali e per i quali fu pensato. In particolare è posto al centro dell’attenzione il corredo decorativo scultoreo dell’Appartamento della Jole, nelle cui sale la mostra trova la propria collocazione, in una rara congiuntura di corrispondenze temporali e tematiche tra le opere esposte e gli spazi che le ospitano.

Il percorso dell’esposizione prevede di affiancare alle opere urbinati della prima fase del palazzo una serie di sculture e dipinti affini e contemporanei, ad iniziare da un piccolo e inedito rilievo marmoreo proveniente da Sant’Agata Feltria, certamente realizzato da uno scultore dell’ala della Jole, per proseguire con altre opere degli artisti colà attivi (Maso di Bartolomeo, Michele di Giovanni da Fiesole, etc.; tra i pittori, con uno splendido polittico, Antonio Alberti da Ferrara, presso il quale Fra’Carnevale ebbe forse a muovere i primi passi).

Una sezione della mostra è dedicata agli artisti marchigiani contemporanei del frate pittore, come Giovanni Boccati – l’autore della “camera picta” del Duca - , Giovanni Angelo d’Antonio – il ritrovato protagonista della pittura quattrocentesca camerinese – Antonio da Fabriano, etc.

Seguono le opere centrali di Fra’ Carnevale: Seguono le opere centrali di Fra Carnevale: la decorazione dell'Alcova del duca Federico, attribuita da Federico Zeri nel 1960, il polittico forse un tempo a Loreto e la tavoletta della Collezione Gagnola di Varese. Sono poi visibili alcune opere degli esordi di Giovanni Santi, il padre di Raffaello, ed alcuni inediti prodotti – di assoluto interesse – di area urbinate, accanto ai supremi capolavori di Piero della Francesca, da sempre nella Galleria Nazionale delle Marche.
L’esposizione si conclude con una serie di codici miniati, già facenti parte della grandiosa biblioteca del “principe” d’Urbino.
[Comunicato stampa della mostra]

Elenco delle opere in mostra

Fra' Carnevale
(Bartolomeo di Giovanni Corradini, Urbino, doc. 1445-1484) Madonna col Bambino Tempera su tavola, cm 49,8 x 31,2 Bergamo, Accademia Carrara

Fra' Carnevale
(Bartolomeo di Giovanni Corradini, Urbino, doc. 1445-1484) Annunciazione Tempera e olio (?) su tavola, cm 87,6 x 62,8 Washington D.C., National Gallery of Art Samuel H. Kress Collection

Fra' Carnevale
(Bartolomeo di Giovanni Corradini, Urbino, doc. 1445-1484) Polittico ricomposto
a. Crocifisso tempera e olio su tavola, cm 102,5 x 66,8 Urbino, Galleria Nazionale
b. San Giovanni Battista tempera e olio su tavola, cm 79,7 x 44 Loreto, Museo della Basilica della
Santa Casa
c. San Pietro tempera e olio su tavola, cm 140,5x45,7 Milano, Pinacoteca di Brera
d. San Francesco tempera e olio su tavola, cm 129 x 50 Milano, Pinacoteca Ambrosiana

Piero Della Francesca
(Borgo San Sepolcro, 1406/1412-1492) Flagellazione Tempera su tavola, cm 58 x 81 Urbino, Galleria Nazionale

Fra' Carnevale
(Bartolomeo di Giovanni Corradini, Urbino, doc. 1445-1484) Figura eroica su uno sfondo architettonico (Èrcole o Mercurio ?) Olio su tavola, cm 45, 8 x 32,7 Gazzada (Varese), Museo di Villa Cagnola

Piero Della Francesca
(Borgo San Sepolcro, 1406/1412-1492) Madonna col Bambino e Angeli (Madonna di Senigallia) Tempera su tavola, cm 61 x 53 Urbino, Galleria Nazionale

Fra' Carnevale
(Bartolomeo di Giovanni Corradini, Urbino, doc. 1445-1484) Alcova di Federico da Montefeltro Struttura lignea dipinta e dorata, cm 340 x 340 x 340 Urbino, Galleria Nazionale

Luca Della Robbia
(Firenze 1399/1400-1482) Madonna col Bambino e Santi domenicani Terracotta invetriata in forma di lunetta, cm 111 x 230 Urbino, Galleria Nazionale delle Marche

Giovanni Piermatteo Boccati, Uomini d’Arme, Sala degli Uomini d’Arme, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche, affresco

 


Fra Carnevale, Crocifisso, 1445-1467,
Urbino, Galleria Nazionale delle Marche


Fra’ Carnevale, Decorazione dell’Alcova di Duca Federico (particolare)


Piero Della Francesca, Flagellazione


Piero Della Francesca, Madonna di Senigallia (dettaglio)

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