San Ludovico di Tolosa che incorona Roberto d'Angiò, 1317, tavola, dalla Basilica di San Lorenzo Maggiore di Napoli,
Museo di Capodimonte, Napoli.
   
 

Simone Martini | San Ludovico di Tolosa che incorona Roberto d'Angiò


 
 
Eseguita per la chiesa di San Lorenzo Maggiore, la tavola San Ludovico di Tolosa che incorona Roberto d'Angiò fu commissionata allo scopo di confermare la legittimità al trono di Napoli da parte di Roberto d'Angiò, dopo la rinuncia a suo favore fatta dal fratello Ludovico, eletto vescovo di Tolosa nel 1296 e canonizzato nel 1317. Vi è rappresentato san Ludovico mentre porge la corona regale al fratello, in uno sfolgorio di preziosi ornamenti aulici, nel fondo decorato con i gigli di Francia e nei ricami che brillano sui colori leggeri e delicati delle vesti. Il maestro senese, esaltato dalla conoscenza della pittura gotica, immaginò i due personaggi come in una ieratica visione evocata dai larghi ritmi delle linee fluenti ed eleganti, che incastonano campi cromatici preziosi sulla fulgente ornamentazione d'oro.


Simone Martini Alla corte di Roberto d'Angiò


 
 
Nel luglio 1317 Simone venne chiamato a Napoli da Roberto d'Angiò, che lo nominò cavaliere (assegnandogli una pensione annua) e gli commissionò una tavola celebrativa, San Ludovico di Tolosa che incorona il fratello Roberto d'Angiò, oggi conservato al Museo di Capodimonte a Napoli.

Questa opera è un'icona profana, la prima del genere in Italia, che segna un preciso tema politico del momento: proprio quell'anno Ludovico di Tolosa venne canonizzato; essendo egli stato fratello maggiore di Roberto, quindi destinato al trono di Napoli, Ludovico aveva abdicato in favore del fratello per dedicarsi a vita religiosa; ecco dunque che Roberto voleva con questo dipinto creare un manifesto politico che legittimasse il suo potere.

La pala ha anche un primato, cioè quello di essere il primo sicuro ritratto nella pittura italiana di un personaggio vivente (Roberto d'Angiò), mentre il primato assoluto spetta a una scultura, il Ritratto di Carlo I d'Angiò di Arnolfo di Cambio (1277).

Nella predella Simone dipinse cinque storie con ambientazioni in una prospettiva intuitiva di matrice giottesca, calcolata approssimativamente secondo il punto di vista di un osservatore che si ponga davanti in posizione centrale. Nei volti espressivi delle scene della predella, carichi di più intensità drammatica rispetto ad Assisi, troviamo un ulteriore avvicinamento al linguaggio giottesco.

 

 
Simone Martini, Ludovico da Tolosa e Storie, (dettaglio), Museo di Capodimonte, Napoli

Predella

Simone Martini, Ludovico da Tolosa e Storie, cm. 200 x 138 (predella cm 56 x 205), Museo di Capodimonte, Napoli

 
Dopo la realizzazione di questa pala Simone tornò ad Assisi per terminare gli affreschi della Cappella di san Martino, in particolare dei santi a figura intera nell'intradosso dell'arcone centrale. Fu così che sostituì alcuni dei santi precedentemente dipinti o abbozzati con santi celebrati dagli Angiò, quali lo stesso san Ludovico di Tolosa, ma anche San Luigi di Francia, Santa Elisabetta d'Ungheria. Qui realizzò anche un affresco nel transetto destro della stessa Basilica Inferiore di San Francesco d'Assisi, raffigurante San Francesco, san Ludovico di Tolosa, sant'Elisabetta d'Ungheria, la beata Agnese di Boemia? e sant'Enrico d'Ungheria, tutti santi celebrati dalla casata degli Angiò. Un altro affresco nello stesso transetto destro e raffigurante la Madonna col Bambino e santi, da alcuni attribuito a Simone Martini, è invece di un pittore minore della sua cerchia.  

Simone Martini, San Luigi di Francia e San Ludovico di Tolosa, Cappella di San Martino, Basilica Papale di San Francesco, Assisi
 
 

   
[1] Simone Sanese, conosciuto come Simone Martini, nato nel 1284 a Siena, è uno fra i maggiori maestri della Scuola Senese ed uno tra i più influenti pittori del Trecento italiano.
In molti critici suppongono che egli fosse allievo del pittore Duccio di Buoninsegna; la sua opera degli esordi risente, infatti, degli stilemi artistici dell'artista. Esordisce nel 1313 con un’importante commissione del governo senese: la Maestà per la sala del Mappamondo di Palazzo pubblico. L’opera, di squisito gusto cortese, è eseguita con tecnica pittorica raffinatissima, con largo impiego di materiali preziosi e della punzonatura. La sua personalità appare pienamente formata fin dalla prima opera documentata, l'affresco con la Maestà nel Palazzo pubblico di Siena, datato 1315 ma ritoccato, nella parte centrale, dallo stesso M. nel 1321 forse non solo per ragioni di restauro ma anche per un aggiornamento del gusto.
Nel 1314 inizia il ciclo di affreschi con le Storie di san Martino, nell’omonima cappella della basilica inferiore di San Francesco ad Assisi.

Nel 1317 viene chiamato a Napoli da Roberto d’Angiò, che lo nomina cavaliere e gli commissiona una tavola celebrativa, oggi a Capodimonte. All’artista, ormai pienamente affermato e con propria bottega, viene richiesto nel 1320 un polittico per la chiesa di Santa Caterina a Pisa e un altro, oggi smembrato, per San Domenico di Orvieto. Tornato a Siena, realizza probabilmente l’affresco con Guidoriccio da Fogliano, immagine araldica di un cavaliere da fiaba immerso in un paesaggio di scarna suggestione. Nella pala con il Beato Agostino Novello e quattro miracoli Simone torna al racconto colorito e semplice della pittura di devozione.

Nel 1333 esegue, con l’aiuto del cognato Lippo Memmi, il Trittico dell’Annunciazione oggi agli Uffizi. Intorno al 1340 si trasferisce ad Avignone, alla corte di papa Benedetto XII, dove esegue affreschi quasi completamente perduti per la chiesa di Notre- Dame des Doms, e il Polittico della Passione caratterizzato da un linguaggio fortemente drammatico. Martini è il primo artista a portare oltralpe gli stilemi artistici italiani. In tal senso la sua presenza in Francia è di fondamentale importanza per aver contribuito alla nascita di un gotico internazionale, che si diffonde grazie all'opera dei miniatori. Martini è anch'egli miniatore, se ne conserva infatti, il frontespizio di un manoscritto di Virgilio con note di Petrarca.

Il pittore muore ad Avignone nel 1344.

 

Giorgio Vasari, Simone Martini


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Ludovico di Tolosa

       

Ludovico di Tolosa, noto anche come Ludovico d'Angiò (Brignoles, 9 febbraio 1274 – Brignoles, 19 agosto 1297), fu un francescano francese che divenne vescovo di Tolosa. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica.

Secondo alcuni studiosi,[1] Ludovico non sarebbe nato in Provenza, ma nel castello del Parco di Nocera Inferiore, cosa possibile perché il padre Carlo II, detto lo Zoppo era, in quel tempo, sia principe di Salerno sia conte della Provenza.

Pronipote di Luigi IX di Francia e figlio di re Carlo II d'Angiò e di Maria d'Ungheria,dopo aver trascorso insieme ai fratelli gli anni di prigionia, quali ostaggi, richiesti per concedere la liberazione del padre Carlo II,[2]rinunciò all'eredità del Regno di Napoli in favore del fratello minore, Roberto d'Angiò, entrando nell'Ordine francescano.

Fu ordinato vescovo di Tolosa nel 1296 da papa Bonifacio VIII.

Nonostante la tubercolosi che lo affliggeva, si recò a Roma in occasione alla canonizzazione di Luigi IX ma, anche a causa della fatica patita per il lungo viaggio, le sue condizioni di salute subirono un aggravamento che lo condusse, 19 agosto 1297, alla morte. Sepolto dapprima nell'altare della sua cattedrale, fu successivamente traslato in quella di Valencia dove riposa tuttora.
Culto religioso [modifica]

Il 7 aprile 1317 venne proclamato santo da papa Giovanni XXII. La Chiesa cattolica ne celebra la memoria il 19 agosto.

San Ludovico d'Angiò è molto venerato a Marano di Napoli in una chiesa proprio a lui dedicata. Si dice che san Ludovico sia il protettori degli esauriti, perché molti anni dopo la sua morte il suo corpo fu riesumato e si vide che era intatto tranne il suo cervello, derubato e tuttora non trovato.

Oltre a Valencia ed a Marsiglia, nella chiesa di Saint-Ferreol-le-Augustin, san Ludovico è venerato a Serravalle Pistoiese, di cui è patrono per la sua intercessione nel miracolo della liberazione del castello durante un assedio nel XIV secolo. Ludovico e i fratelli fecero sosta a Serravalle, diretti alla rocca di Motrone (ormai scomparsa[3]), per imbarcarsi per Marsiglia in attesa di essere consegnati come ostaggi ai catalani in cambio della liberazione del padre Carlo II.

 

 

Piero della Francesca, San Ludovico di Tolosa, 1460, affresco staccato, Museo Civico, Sansepolcro

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